La Repubblica 28/08/2005, pag.43 Michele Serra, 28 agosto 2005
L’uomo raccoglitore. La Repubblica 28/08/2005. L’appassionato che si accosta al venerabile regno dei funghi con spirito scientifico, munito di regolamentari libroni e libretti, è in netta minoranza
L’uomo raccoglitore. La Repubblica 28/08/2005. L’appassionato che si accosta al venerabile regno dei funghi con spirito scientifico, munito di regolamentari libroni e libretti, è in netta minoranza. Sì, ha letto le dotte introduzioni alla micologia nelle quali si spiega che solo la classificazione botanica delle diverse specie consente di orientarsi, evitando gli avvelenamenti. Ma in breve, nei boschi e nelle cucine, nelle chiacchiere e nelle ricette, il suo risicato abicì sprofonda nel mare oscuro delle credenze, dei proverbi, delle tradizioni locali, ancora diffusissimi e spesso utilizzati come precaria bussola dagli incauti raccoglitori. Il mondo dei funghi appartiene alla botanica, ma il mondo dei fungaioli è ancora pervaso di cultura contadina, dunque di cultura magica. E il vero "relativismo", spieghiamolo una volta per tutte al nostro amico Marcello Pera, si dispiega in tutta la sua perniciosa potenza proprio nella credulità a-scientifica e irrazionale. Se non esiste più, almeno si spera, la convinzione che i funghi tossici anneriscano il cucchiaio d’ argento immerso nel tegame, oppure la strampalata idea che i funghi intaccati dalle lumache siano comunque buoni, è però ancora forte l’ inerzia di antichissime usanze che contraddicono e a volte capovolgono le indicazioni della scienza. In molte regioni dell’ Est europeo si consumano interi barili di boletacci tossici (compreso il Satanas) messi a macerare sotto sale, considerati una squisitezza. Nelle Alpi Marittime ho visto raccogliere con entusiasmo un lattario del larice definito non commestibile (provocherebbe diarrea) da molti testi sacri, nelle Madonie si preferiscono i coriacei pleurotus ai porcini, la Lombardia va matta per il chiodino stracotto e irrimediabilmente amaro, in Polonia, una quarantina di anni fa, mezzo villaggio andò all’ altro mondo per una scorpacciata collettiva del famigerato Cortinario Orellanus, che inchioda le reni dopo un’ incubazione di dieci giorni. C’ è sempre qualcuno disposto a giurare che la nonna cucinava proprio quelli, ma evidentemente le nonne polacche non sono state in grado di trasmettere con la dovuta precisione i propri saperi e sapori. Molto diffusa è anche la convinzione che stracuocere i funghi li mondi comunque dei veleni, ottenendo, nella migliore delle ipotesi, infami papponi di cappelle disfatte, indigeste come la cellulosa. E se la fame, generazioni fa, giustificava questo genere di forzature, oggi non si capisce proprio perché ostinarsi, in tanti luoghi del mondo, a ingurgitare funghi di serie C per la dubbia ragione che li si è raccolti con le proprie mani. La regola, che ogni buon dilettante impara da subito, è questa: i funghi velenosi sono poche specie (cinque o forse sei, in Italia, quelli potenzialmente mortali, una decina quelli che danno solo una robusta gastroenterite), e per prima cosa bisogna imparare a riconoscere quelli. è facile, sono quattro amanite, un cortinario e un entoloma, più una manciata di agarici, russole pepate, lepiote di piccola taglia. All’ altro capo del problema, sono piuttosto pochi anche i funghi buoni, trenta o quaranta al massimo. In mezzo, c’ è la marea delle specie che non sono tossiche ma nemmeno eduli, insomma non fanno male ma non si capisce la soddisfazione di mangiarli. Quelli, che sono la grande massa dei funghi, si impara a conoscerli negli anni. Riempirne cestini interi è, tra l’ altro, un significativo oltraggio all’ ambiente. I funghi, tutt’ altro che fondamentali come alimento umano, sono decisivi per l’ equilibrio e la salute del bosco, un prezioso scambiatore di sostanze biochimiche. Sono bellissimi e utili in loco, osservati e poi lasciati tranquilli a fare il loro mestiere. In pentola o sott’ olio meritano di finire solo poche specie, e solo gli esemplari sani. Gli altri andrebbero rispettati, e non colti né rotti a bastonate (come molto spesso accade) anche se la nonna li cucinava così bene. Le nonne non sono infallibili, e soprattutto non è infallibile la memoria, che arriva a indorare perfino certe micragnose cene contadine, povere di proteine e di calorie. Meglio la spesa al supermercato che certe ingorde e irragionevoli razzie nei boschi. L’ uomo raccoglitore è stato rimpiazzato dall’ uomo coltivatore e poi, via via, da altre tappe dell’ evoluzione. Perché regredire a quello stato così arcaico, e precario? Michele Serra