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 2005  agosto 27 Sabato calendario

Magnati dell’editoria nel grande Brasile. Il Sole 24 Ore 27/08/2005. Tre giorni di lutto nazionale

Magnati dell’editoria nel grande Brasile. Il Sole 24 Ore 27/08/2005. Tre giorni di lutto nazionale. Lula, il Presidente operaio, un tempo sindacalista, uomo di sinistra li proclamò per lui, l’ex rivale, Roberto Marinho, il magnate dei media, conservatore e visionario, presenza perenne del Brasile contemporaneo, per 98 anni di vita. Morì il 6 agosto del 2003. E Lula partecipò addirittura al funerale, a Rio de Janeiro, in una giornata fredda e fastidiosa, la fine di un’epoca: «Un uomo - commentò - che ha speso la sua vita credendo nel Brasile». E dire che il Presidente se lo ritrovò spesso al di là della barricata. Pure ora che rischia l’impeachment per una serie di scandali nel suo partito, la Rede Globo, quarta Tv del mondo per audience, fulcro dell’impero degli eredi del grande Roberto, non gli risparmia nulla. Inchieste imbarazzanti. Questa famiglia il giornalismo (ma anche il senso degli affari e le due cose di rado vanno a braccetto) ce l’ha nel sangue. Giornalista di successo era il padre di Roberto, Irineu Marinho, cofondatore di «O Noite», uno dei più importanti quotidiani di Rio de Janeiro nei primi decenni del secolo scorso. Nel 1924 imbarcò tutta la famiglia in un transatlantico. Destinazione Europa: doveva curare una malattia polmonare. Al suo ritorno in Brasile, però, scoprì di essere stato escluso dal suo giornale. Ne fondò un altro, «O Globo», chiamando in soccorso le grandi firme del tempo. Il successo fu immediato. Peccato che Irineu morì qualche settimana più tardi a soli 49 anni. Roberto, il primogenito, ne aveva appena venti. Di giornalismo non sapeva nulla. Era un fanatico dello sport: boxe, equitazione, pesca subacquea. Ma decise di sostituire il padre, con quel misto di pragmatismo e aggressività che non lo abbandonò mai. Lasciò la direzione nelle mani di Euclydes Mattos, amico di Irineu, e si mise a fare il semplice praticante. Lo sostituirà solo nel 1931. Nel 1944, con la trasmissione di una partita di calcio destinata ai soldati brasiliani, che stavano combattendo assieme alle truppe alleate in Italia, dette il via a Radio Globo. Negli anni Sessanta, invece, iniziò la parabola della tv Globo, che progressivamente si estese a tutto il Paese, in pratica un continente. Un successo dovuto anche ai dollari del gruppo americano di Time-Life, un contratto altamente criticato in Brasile, rotto nel 1970. «In quel momento mio padre aveva bisogno di soldi - ha raccontato Roberto Irineu, suo primogenito, adesso alla guida della costellazione Globo -. Decise di ipotecare il 100% del suo patrimonio, pure casa, quadri, barca, auto, puntando tutto sulla sua impresa». Così, in seguito, da continuare la corsa: l’espansione nella stampa periodica, la Tv via cavo, i canali satellitari, la produzione cinematografica e televisiva (nel 1995 vengono inaugurati gli studios di Projac, quasi una città alle porte di Rio, dove vengono girate telenovele vendute in tutto il mondo). Non sono mancati neppure gli errori (l’avventura in Telemontecarlo, iniziata nell’86, rivelatasi poi fallimentare), né i contraccolpi dei tracolli economici del Brasile, vedi l’ultima crisi, quella del 1999, e la svalutazione del real, una vera batosta per il gruppo dei Marinho, che si era indebitato in dollari per finanziare l’espansione. Ma, nonostante tutto questo, ancora oggi la famiglia dà lavoro a più di 27mila persone; Rede Globo e Globopar (l’holding che controlla altre attività della famiglia, ma non tutte) hanno prodotto insieme due miliardi di dollari di ricavi netti nel 2004. E lo share della tv generalista dei Marinho è salito l’anno scorso al 56 per cento.  solo una media, perché la quota dei telespettatori di Globo fra i 170 milioni di brasiliani è ancora più alta in alcuni momenti chiave: quelli delle telenovele serali (prodotti nazionalpopolari che non rinunciano a strizzare l’occhio alle tematiche più discusse nella società, vedi il caso della clonazione umana in "O clone", uno dei maggiori successi degli ultimi anni) prima e dopo il Jornal Nacional delle 20,15, "il" telegiornale in Brasile, uno strumento di influenza politica e dell’opinione pubblica incredibile in un Paese dove la tv troneggia ad alto volume in tutte le abitazioni, nei bar, fin sui marciapiedi. Non per niente un regista inglese, Simon Hartog, girò nel 1983 un documentario («Brazil, Beyond Citizen Kane»), dove il patriarca veniva paragonato al personaggio di Orson Welles, legando a doppio filo la fortuna del magnate sudamericano alle sue amicizie con i potenti di turno. Già nel 1930, contro la volontà di Mattos, direttore del suo giornale, Roberto Marinho appoggiò Getulio Vargas, che, perse le elezioni, conquistò il potere con un colpo di mano dei militari. Vargas, ammiratore di Mussolini, personaggio ambiguo sospeso tra aspirazioni sociali e derive fasciste, dette vita a una vera e propria dittatura a partire dal 1937 (l’Estado novo): allora, però, Marinho non lo seguì più, iniziando a criticarlo. Le sue due prime concessioni televisive le ottenne da due presidenti che dominarono la scena politica tra gli anni Cinquanta e Sessanta, dopo il tramonto di Vargas: la prima da Juscelino Kubitschek (per alcuni il Kennedy brasiliano, per altri solo uno scialacquatore delle finanze pubbliche per il faraonico progetto della nuova capitale, Brasilia), la seconda da Joao Goulart. Nel 1964, quando i militari presero il potere (e non lo lasceranno più per vent’anni), Roberto non ebbe dubbi: appoggiò il dittatore Humberto Castelo Branco. «Fu la soluzione giusta per difendere le istituzioni democratiche dal radicalismo ideologico», commentò più tardi. Una presa di posizione altamente contestata sebbene in seguito i suoi media ospitarono fior di intellettuali schierati contro la dittatura, Jorge Amado in testa. Con il ritorno alla democrazia l’influenza dei Marinho (nel frattempo i tre figli, Roberto Irineu, Joao Roberto e José Roberto, avevano affiancato il padre nella gestione dell’impero) non si ridusse: nel 1989 per la vittoria di Fernando Collor de Mello su Lula, il temuto esponente della sinistra, al suo primo tentativo di diventare presidente, fu determinante l’ultimo dibattito prima del voto trasmesso sulla Rede Globo in maniera a dir poco tendenziosa, perfino nel montaggio delle immagini. Questo non impedì la tv dei Marinho di attaccare a suon di scoop e scomode inchieste Collor de Mello, quando venne travolto da uno scandalo nel 1992 e costretto (da Rede Globo?) alle dimissioni. I media del gruppo, comunque, non appoggiarono il sindacalista aspirante presidente neppure alle consultazioni successive. Cambiarono atteggiamento solo pochi mesi prima delle elezioni del 2002, quando ormai era chiaro che Lula avrebbe vinto. In seguito, anche dopo la morte del grande vecchio, il Governo ha avuto il sostegno dei Marinho, almeno fino a pochi mesi fa, quando è scoppiato uno scandalo che ha travolto il partito di Lula (Pt, Partito dei lavoratori). venuto fuori un brutto giro di fondi neri e di "bustarelle" concesse a parlamentari di formazioni politiche alleate per assicurarsene la fedeltà nel Congresso. Cosa fa la corazzata Globo? Dirette su dirette, inchieste aggressive: insomma, non risparmia nulla a Lula. Nei mezzi di comunicazione rivali a quelli dei Marinho sono apparse indiscrezioni su un credito di due miliardi di reais (800 milioni di dollari) che una banca pubblica, la Bndes, avrebbe concesso a Globopar, fortemente indebitata, proprio qualche mese fa. Come dire: i Marinho avrebbero sostenuto Lula solo finché ne hanno avuto bisogno. Sia la Bndes che l’holding di famiglia, però, negano con forza l’esistenza di questo finanziamento. Roberto, si è detto, è morto il 6 agosto 2003, accompagnato il giorno dopo al cimitero dai tre figli, dagli 11 nipoti e dai 5 bisnipoti. L’anno precedente Globopar aveva dichiarato il default su un debito di 1,2 miliardi di dollari, conseguenza dei pesanti investimenti degli anni Novanta nelle tv via cavo e satellitari. A gestire l’emergenza sono stati i figli del patriarca, il primogenito Roberto Irineu, diventato presidente della casa madre, la Organizaçoes Globo, mentre i due fratelli hanno assunto la carica di vicepresidenti. La ripresa economica del Brasile sta favorendo il risanamento. Proprio alla fine di luglio Roberto Irineu ha annunciato di aver completato la ristrutturazione del debito in default: gli investitori hanno di nuovo fiducia. I tre fratelli, diversi nell’indole (il più aperto è il primogenito, il più timido Joao Roberto), sono comunque molto uniti. Qualche settimana fa Roberto Irineu è stato avvistato su un veliero in Croazia, in compagnia della figlia Maria Antonia e dei nipoti. Ma niente di più. Nessuna foto "rubata", nessuna concessione al cafonal-chic, che proprio non elle corde dei Marinho. I luccichii li riservano solo alle loro telenovele. «Tutti e tre i fratelli assomigliano molto al padre. Non vogliono apparire, tanto meno accanto ai potenti. Non desiderano una vita pubblica all’insegna del glamour: non ne hanno bisogno», confida al Sole-24 Ore Romaric Sulger Buel, intellettuale francese, animatore culturale notissimo a Rio, uno dei pochi ammessi alla cerchia dei Marinho. Proprio a lui Lily de Carvalho (in gioventù Miss Francia), terza ed ultima moglie del patriarca, ha dettato un libro di ricordi dei suoi 14 anni di vita in comune con il Deus (come lo chiamavano i suoi dipendenti), «Roberto & Lily», uscito alla fine del 2004. «Criticato e criticabile per alcune scelte, Roberto era comunque una persona fuori dal comune - aggiunge Buel -. Basti pensare a quanto ha fatto per la cultura in Brasile mediante la sua Fondazione o per l’alfabetizzazione del suo Paese, grazie ai canali educativi da lui creati». Con Lily si conobbero nel lontano 1941, nel Copacabana Palace, il maestoso albergo belle époque di Rio, oggi assediato dalla paccottiglia del turismo contemporaneo. Si ritrovarono solo nel 1989, per non lasciarsi mai più. Lui le confessò che quel giorno di quasi cinquant’anni prima si era innamorato di lei. Si ricordava ancora come era vestita. Una vera telenovela. Degna di Rede Globo. Leonardo Martinelli