Il Sole 24 Ore 23/08/2005, pag.9 Michele Calcaterra, 23 agosto 2005
Biografia della famiglia Wertheimer, quella dello Chanel
Chanel, l’impero dell’alta classe. Il Sole 24 Ore 23/08/2005. Cavalli da corsa, aerei, gran cru classé di Bordeaux, editoria, ciprie e profumi. Un cocktail di successo per una dinastia di industriali francesi, i Wertheimer che, a dispetto della notorietà internazionale del loro principale gioiello di famiglia, l’inimitabile Chanel n.5, è pressoché sconosciuta dal grande pubblico a causa del suo stile riservato, al limite dell’understatement, di regole non scritte che si tramandano di generazione in generazione e che finora non sono mai state violate: nessuna società quotata in Borsa, mai un’intervista, mai un annuncio né di morte, né di nascita. Una privacy leggendaria, che anziché nuocere al prestigio dei marchi contribuisce a rafforzarne l’immagine e l’immaginario. Come quando, qualche anno fa a Tokio, in occasione della mega-serata di inaugurazione della più grande boutique Chanel nel mondo (240 milioni di dollari di investimento) i due Wertheimer di ultima generazione, i fratelli Alain e Gérard, hanno dato letteralmente "buca" a tutti: il primo si limiterà a mandare un biglietto di incoraggiamento, il secondo un mazzo di orchidee. Questo rifiuto quasi maniacale della mondanità, tranne qualche puntuale sortita per assistere alle corse dei cavalli di proprietà (la loro leggendaria e titolata scuderia è contraddistinta dalla casacca blu con maniche e berretto bianchi), ha fatto sì che anche le riviste "people" si siano ormai ritirate in buon ordine e non diano più loro la caccia. Anche se i Wertheimer continuano a frequentare i salotti buoni del jet-set internazionale, grazie a una rete di conoscenze che spazia in tutta Europa con importanti radici negli Stati Uniti e anche in America latina. Del resto la storia dei Wertheimer attraversa tre secoli e si intreccia con quella di altre importanti famiglie, ad esempio quella dei proprietari delle Galeries Lafayette, quella dei Lazard e di banchieri come Antoine Bernheim, attuale presidente delle Generali, che negli anni 50 è transitato in una delle aziende dei Wertheimer. La loro "favolosa storia" come ha recentemente titolato il settimanale «L’Express» nasce, come del resto è il caso di molte altre dinastie di industriali francesi in Alsazia, dal genio, e perché no, anche dalla fortuna, di uno di loro. Nel nostro caso di Ernest, da considerarsi il vero capostipite della dinastia, che dopo il conflitto franco-tedesco del 1870 decide, al contrario di alcuni membri della famiglia, di optare per la cittadinanza francese e di spostarsi a Parigi. Una scelta che qualche anno dopo lo premierà. Figura poliedrica, carico di uno charme fuori dal comune e di un indiscusso fiuto per i buoni affari e per le cose raffinate, Ernest parte dalle cravatte: prima come impiegato nella maison Dreyfus & Kaufmann, poi dal 1892 in proprio. Un salto di qualità importante, che dalla periferia della Ville Lumière lo porta ai grandi boulevard del centro città. qui, tra un affare e l’altro, che Ernest fa uno degli incontri-chiave che cambieranno definitivamente i ritmi e le prospettive della sua vita. Un vicino di casa, tale Emile Orosdi, gli offre di entrare nel business dei fard e delle ciprie: così nel luglio del 1898, Ernest inietta 250mila franchi nella società A. Bourjois, ne rileva il 50% e la ribattezza E. Wertheimer & Cie. La prima pietra di quello che mezzo secolo dopo diventerà un vero e proprio impero viene posata dunque sulla poudre, letteralmente sulla polvere. Ma che polvere: la Poudre de riz de Java, una cipria che in breve tempo diventa un successo commerciale senza precedenti, conquista i grandi magazzini alla moda e permette a Ernest, con il ricavato, di entrare in rapporti stretti con le Galeries Lafayette. Nel 1909 arriva naturalmente la Legione d’Onore, mentre qualche anno prima vedono la luce i due figli Paul e Pierre che si fanno le ossa in giro per il mondo, firmano licenze di vendita e di produzione per il loro prodotto-faro, che già nel 1912 è venduto in 2,5 milioni di esemplari. La famiglia è ormai più che agiata, mentre i successivi matrimoni (è di quegli anni ad esempio la parentela con la famiglia Lazard) permettono ai Wertheimer di entrare nella società che conta. Senza perdere di vista il business: ecco che alle proprietà di famiglia si aggiungono la scuderia di cavalli da corsa (molti di questi tuttora vincenti nei principali ippodromi del mondo), le proprietà viticole nel bordolese e le case di villeggiatura in Normandia. Scoppia la passione per gli aerei, tanto che i fratelli Wertheimer prendono una importante partecipazione nella società Secm che produce i famosi Amiot. Tutti ingredienti, questi che, a metà tra le due guerre mondiali consacrano i Wertheimer e permettono loro di fare il secondo incontro decisivo della loro vita: quello con una affascinante donna sui 40 anni, creatrice di moda, che frequenta il bel mondo di allora ed è soprannominata Coco. Niente meno che Coco Chanel. Una vita da leggenda, un senso commerciale fuori dal comune, un gusto che rivoluzionerà la moda dell’epoca e che influenza ancora gli stilisti di oggi. Un genio ribelle, non convenzionale, che nel 1920 incontra Ernest Beaux, un chimico di origine russe, che le propone di scegliere tra una ventina di fragranze differenti. Lei, Coco, non ha dubbi: sceglie la quinta. Sarà da allora Chanel n.5, una leggenda inimitabile tra i profumi di tutti i tempi, basata sul gelsomino di Grasse. Dicevamo dell’incontro. Si svolge a Dauville e porta nell’aprile del 1924 a Parigi alla costituzione della società Parfums Chanel, controllata al 70% dai Wertheimer, per il 10% da Coco e per il 20% da altri amici di famiglia. Il successo è immediato, sia in Europa, sia negli Stati Uniti (dove viene creata la Chanel Usa), tanto che la produzione non riesce a stare al passo con gli ordinativi. Ma il rapporto con Coco è burrascoso, vive di alti e di bassi. Più bassi che alti. Molti litigi, molti divorzi e qualche riconciliazione. Saranno, quelli successivi, 30 anni di guerra fredda. Durante il secondo conflitto mondiale, la maison Chanel rischia più volte di chiudere i battenti (ma alla fine si salva), accusata dai tedeschi di avere degli azionisti ebrei. I Wertheimer nel frattempo, per sfuggire alle leggi razziali, hanno lasciato la Francia, si sono spostati in America del Sud e negli Usa dove impiantano una unità di produzione di Chanel n.5. Coco naturalmente non ci sta e dal 1945 in avanti recluta uno stuolo di avvocati per fare causa ai Wertheimer, non senza prima avere invaso gli Usa con uno Chanel "super 5", concepito per gettare ombra e discredito sulla sua creatura originaria. Nel 1947 gli avvocati decidono che il tempo è propizio per siglare una "Yalta" dei profumi. Al termine di un incontro svoltosi a Parigi, che dura più di otto ore e di una scena di teatro, in cui Coco siede in una stanza accanto a quella della riunione facendo finta di essere in Svizzera, i Wertheimer e mademoiselle depongono le armi. Qualche anno dopo, nel 1954, Pierre che nel frattempo ha preso la cittadinanza messicana in modo da facilitare la sua successione, diventa il solo maitre de bord: liquida il fratello e tutti gli altri soci, diventando il padrone assoluto della maison Chanel. Compresa la haute couture, che si è fortemente sviluppata e il cui marchio, le due "C" maiuscole intrecciate è conosciuto in tutto il mondo. A entrare in scena è ora Jacques Wertheimer, soprannominato da Coco il "Petit". un patito d’arte, un esteta, ma che ha nel suo breve regno durato fino al 1974 delle grandi intuizioni commerciali. Punta sulla pubblicità di massa, rafforza la rete internazionale dei negozi e fa di New York il quartier generale di Chanel. Qualche anno prima, il 10 gennaio 1971, Coco Chanel muore all’Hotel Ritz, dove risiede ormai da anni mantenuta dai Wertheimer. Eccoci ormai al presente, alla quarta generazione. Le redini del gruppo sono in mano ad Alain (57 anni), il capofamiglia, e Gerdard (54 anni) Wertheimer e al fratellastro Charles-Grégoire Heilbronn (52 anni). Chanel si diversifica (ad esempio negli orologi, negli occhiali con Luxottica), si rafforza e assume uno stilista del calibro di Karl Lagerfeld. La fortuna dei Wertheimer viene valutata da «Forbes» in circa 4,8 miliardi di dollari. Ma è una cifra approssimativa. L’impero negli ultimi 20 anni si è notevolmente ingrandito e arricchito di marchi famosi come le coperte Guy Degrenne, gli orologi Bell & Ross, i fucili da caccia Holland & Holland e i costumi da bagno Eres. Non solo lusso, però. Alla fine degli anni 90 i Wertheimer sono diventati infatti tra i principali editori francesi di libri, avendo acquisito il 40% di La Martinière che a sua volta nel gennaio 2004 acquista le edizioni Seuil. Ernest, l’alsaziano, sarebbe sicuramente contento di come sono andate le cose finora. Nonostante qualche crisi passeggera i Wertheimer sono solidi e sufficientemente diversificati. Ma non possono fermarsi: la Poudre de riz de Java mostra qualche ruga di vecchiaia e la concorrenza nel settore del lusso si fa di anno in anno sempre più feroce. Bisogna inoltre preparare per tempo la successione di Karl Lagerfeld, un vero e proprio monumento nella storia Chanel. Si cerca dunque in famiglia un erede (sempre e solo uno solo). Il tutto sotto la sapiente regia della ottantenne Eliane Fischer, madre di Alain, Gérard e Charles-Grégoire, avvocato di grande prestigio che tiene da ormai 50 anni, da dietro le quinte, la regia del gruppo. Michele Calcaterra