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 2005  agosto 17 Mercoledì calendario

Caschetto, cresta, ricci: 30 anni di orrori. Corriere della Sera 17/08/2005. Il caschetto? «Stava bene solo alla Carrà»

Caschetto, cresta, ricci: 30 anni di orrori. Corriere della Sera 17/08/2005. Il caschetto? «Stava bene solo alla Carrà». Poi le «creste» bicolore anni ’80, il riccio selvaggio di Tina Turner e di Cristina Aguilera, le «extension» di Naomi. «Look studiati per un viso che rischiano l’effetto boomerang sugli altri» Ricordate negli anni ’80 quei terribili capelli gonfi, cotonati e bicolori? E il caschetto biondissimo della Carrà nei ’70? Prima ancora, nei ’50 e ’60, tutti copiavano Audrey Hepburn e i suoi capelli corti con la frangetta a ciocche, ma purtroppo non avevano proprio lo stesso physique du role. Poi è stata la volta dei carrè asimmetrici di Twiggy «il grissino» e dei ricci scolpiti della Mina di «Milleluci»(1974), «belle pettinature, su di loro, orrende su tutte le altre». E quando qualche anno dopo le icone si chiamavano Madonna e Cindy Lauper, e dalle nostre parti furoreggiavano le chiome selvagge di Loredana Bertè e Renato Zero o quelle soffici e cotonatissime di Anna Oxa e degli «angeli» Farah Fawcett e Jaclyn Smith, «il peggio è stato raggiunto». E’ il quotidiano inglese Independent a stilare la classifica delle teste più brutte che hanno fatto la storia. Classifica che, italianizzata, suona così. ORRORI – Non è detto che un’acconciatura di successo resa immortale da una star poi vada bene per tutte, o tutti. Anzi, «il più delle volte si creano degli orrori indicibili», ridacchia Roberto D’Antonio, coiffeur delle dive nostrane. E insieme con altri due maestri di pettine e forbici, Rolando Elisei, artigiano delle chiome di cantanti e personaggi tv, e l’inglese Jorich Marsili della catena di saloni di bellezza Tony & Guy, si diverte a fare le pulci alle capigliature degli ultimi quarant’anni. I caschetti anni ’60 e ’70. «In Italia sono stati un disastro – riflette D’Antonio ”, i nostri capelli sono più porosi e meno controllabili di quelli delle nordeuropee». Così il «pudding bowl cut» di Caterina Caselli o di Raffaella Carrà (ideati apposta per loro dai parrucchieri milanesi Vergottini) «era proprio brutto», conferma Rolando. Cioè, «era perfetto per loro due, ma osceno per tutte le altre», concorda D’Antonio. «Favoloso» per Marsili anche il taglio di Twiggy, «ma solo su di lei». Bocciatura senza pietà invece per il «mullet» (corto sopra, lungo dietro e spesso bicolore) che negli anni ’70 (ma anche negli ’80) veniva sfoggiato da molti. Un esempio? Il Mel Gibson di Arma Letale, oppure Rod Stewart e Michael Bolton e più tardi anche il tennista André Agassi. Marsili ricorda che era molto diffuso tra i tedeschi: «Beckenbauer per esempio, e più tardi Rudi Völler che ce l’ha ancora: è un taglio orribile da vedere e senza una logica, lungo o corto?». In Italia nel ’74 fu Mina a sdoganare nello show «Milleluci» il riccio fitto fitto, una specie di afro, ma biondissimo. «Lei era una grande creatrice di immagine », ricorda D’Antonio, ma quei capelli così gialli e cotonati non erano proprio il massimo, neanche per lei. «Iva Zanicchi, Orietta Berti, Milva, Mina: allora si cotonavano tutte», ricorda Rolando che le pettinava, «e tutte le imitavano rovinandosi i capelli». Cotonati e permanentati: il boom è negli ’80. E i tre coiffeur sono spietati. Il capello tinto e selvaggio di Madonna «Like a Virgin»? «Una tragedia», sorride D’Antonio. «Brutta permanente e colori orribili », risponde Marsili che alla lista degli orrori aggiunge anche il look bicolore di Cindy Lauper. Rolando boccia anche «la criniera da leonessa di Tina Turner». Però, riflette l’inglese Marsili, «riguardandole con gli occhi da professionista, quelle pettinature hanno dato molto alla moda di oggi, penso alle creste di Beckham». Ma erano look troppo selvaggi, dice Rolando: «I capelli sembravano ragnatele». Qualcuna ostentava un finto trascurato, «come Madonna, o la Bertè, ma loro hanno inventato uno stile, così come Marcella Bella e Antonella Ruggero dei Matia Bazar». I RISCHI DELLA MODA – Dagli ’85 ai ’90, spiega Rolando, non c’è stata una vera moda per i capelli. Infatti Jorich Marsili dei ’90 vorrebbe dimenticare «il grunge: ispirati da Kurt Cobain dei Nirvana si vedevano in giro capelli lunghi repellenti, non lavati e unti di olio puro!». D’Antonio rimanda al Duemila i tagli cortissimi, «troppo rischiosi, se non hai la faccia di Sharon Stone». Del Duemila, gli artigiani del capello salvano quasi tutto, «la qualità dei parrucchieri è molto migliorata». Di oggi Rolando critica i radicali cambi di colore: «Sbagliati in assoluto, per le celebrità soprattutto perché non si riconoscono più». Male hanno fatto perciò Elenoire Casalegno e Martina Stella (ma lei è già tornata sui suoi passi) a passare dal platino al castano, «meglio bionde, sono più particolari». Sui ’90, D’Antonio è il più severo: bocciate senza appello le extention, «disastri di chiome bicolori sovrapposte e maltagliate, non tutti sono Naomi Campbell». Purtroppo, conclude, «la globalizzazione è arrivata anche per noi». Claudia Voltattorni