Corriere della Sera 28/08/2005, pag.6 Aldo Cazzullo, 28 agosto 2005
Il futuro del Toro e Giovannone il forestiero. Corriere della Sera 28 agosto 2005. Torino. Disse il torinese Elémire Zolla, ritiratosi a Montepulciano a leggere il Mahabharata in sanscrito, che «in nessuna città al mondo c’ è una predisposizione negativa come a Torino verso i forestieri»
Il futuro del Toro e Giovannone il forestiero. Corriere della Sera 28 agosto 2005. Torino. Disse il torinese Elémire Zolla, ritiratosi a Montepulciano a leggere il Mahabharata in sanscrito, che «in nessuna città al mondo c’ è una predisposizione negativa come a Torino verso i forestieri». «Che mme frega, tanto c’ ho la Kasko» disse dalla finestra della stanza 234 il ciociaro Luca Giovannone, asserragliato nell’ hotel «Il Campanile» di Moncalieri, di fronte allo scempio della sua Mercedes 300C nera per mano di 400 ultras del Toro che urlavano: «Giovannone, Lotito, a Torino fate schifo!». L’ ospitalità subalpina non è rimasta senza conseguenze: da ieri mattina al cellulare risponde una delle sue infermiere; nel pomeriggio le agenzie di stampa annunciano che Giovannone, in preda a un inizio di infarto, è ricoverato in una località imprecisata del litorale laziale. Sarebbe una storia anche buffa, se non fosse la metafora della pazzia del calcio italiano e del declino della città che ha fatto l’ Italia. Perdute quasi tutte le cose che aveva generato - l’ elenco si deve a Umberto Eco: la dinastia regnante, il cinema, la moda, la televisione, il partito liberale, il partito comunista... -, perduti l’ Avvocato e Bobbio, quasi perduta Mirafiori già prima fabbrica d’ Europa, Torino ha reagito con rabbia alla prospettiva di smarrire anche il suo «vecchio cuore granata», invocato da decenni dalla curva Maratona. La Juve è squadra meticcia, la preferita dagli immigrati dal Sud, amata e odiata ovunque; ma la borghesia cittadina tifa Toro. Come i personaggi - Giuliano Amato e Simona Ventura, Craxi e Chiambretti, Nicola Mancino e Giancarlo Caselli - legati al mito della squadra bella di fama e di sventura: lo schianto di Superga, il ct bicampione del mondo Pozzo che sale sulla collina a riconoscere i suoi ragazzi; e poi la morte precoce di Meroni, travolto dall’ auto di un tifoso, Attilio «Tilli» Romero, poi nominato presidente dal patron Cimminelli, indicato simpaticamente sui siti Internet dei tifosi come «il suino». Tutti in festa per il ritorno del Toro in serie A, il 26 giugno scorso, nonostante la sconfitta nell’ ultima partita con il Perugia. Ma la storia doveva ancora cominciare. Tre giorni dopo, la guardia di finanza fa visita a Cimminelli: la fideiussione con cui ha garantito il suo megadebito con il fisco è fasulla. Un regalino di un collega presidente. Vani gli appelli alle banche: il Toro affonda. Niente serie A. Però una nuova società potrebbe restare in B, se trovasse un imprenditore disposto a versare la miseria di 180 mila euro. Il sindaco Ds Sergio Chiamparino porta lo sponsor: l’ acquedotto municipale, che con le bollette degli juventini finanzierà i granata. Ma è un politico rivale del sindaco, il consigliere di Forza Italia Pierluigi Marengo, a mettere le mani sulla società insieme con Sergio Rodda (area Margherita), nell’ attesa che si faccia avanti il ricco salvatore. Chiamparino ne trova uno ideale: Urbano Cairo, alessandrino, figlio di tifosi granata, già assistente di Berlusconi, ora editore in proprio. Cairo che compra il Toro è come Briatore che traduce l’ Iliade, la Estrada che recita Shakespeare, Jovanotti che canta la Traviata: un uomo nuovo che scala una leggenda secolare al passo svelto e lieve dei nostri tempi. Comunque, è solvibile: quindi va benissimo. Sindaco e ultras sono entusiasti. Ma hanno fatto i conti senza Giovannone da Ceccano (Frosinone): sedicente psicologo, titolare della società «Vite serene», importatore di infermieri e badanti dall’ Est europeo, vincitore di appalti in Piemonte forse anche grazie ai legami con An, che nella giunta Ghigo controllava la sanità. Non solo Giovannone versa i 180 mila euro; ottiene da Marengo e Rodda una scrittura privata che gli attribuisce il 51%. Il sindaco convince i colleghi politici a cedere il Toro a Cairo, ma scopre troppo tardi di dover trattare anche con l’ imprenditore ciociaro. Torino non è città particolarmente accogliente. Due secoli fa fischiò i soldati francesi che avevano versato sangue a Magenta e Solferino, nel secolo scorso accolse con freddezza gli immigrati dal Sud. A Giovannone va pure peggio. costretto a sottoscrivere, sotto lo sguardo vigile del capo degli ultras, un impegno a vendere, conservando una piccola quota. Ma quando guarda al Tg3 Cairo acclamato dai tifosi e si vede offrire solo l’ 1%, ci ripensa: «Il Toro è mio e me lo tengo. Sono un uomo di strada, non mi accontento delle briciole. Posso contare su amicizie importanti: Lotito, il padrone della Lazio, e un ministro della Repubblica». Lotito nega di conoscerlo. Dal municipio chiamano Storace e pure Veltroni, per chiedere aiuto. Gli ultras si scatenano. Battaglia in centro. Devastato lo Juventus Store; tre molotov nella notte contro la sede dell’ odiata rivale; Giraudo e Moggi sotto scorta. Giovannone, scomparso, viene individuato nell’ hotel di Moncalieri. Mentre infuriano le cariche - undici poliziotti feriti - un aereo militare riporta in città il prefetto Sottile, in vacanza sulle Dolomiti. Giovannone è tratto in salvo. I poliziotti tifosi del Toro fraternizzano con gli ultras, un agente confida: «Se non lo portavano via lo menavo io». Nel frattempo i calciatori si allenano in canottiera: il patron non ha ancora procurato le maglie. L’ assessore Peveraro dichiara: «Giovannone mi ha passato al telefonino un tizio che diceva di essere Lotito, ma a me è parso un imitatore». Scrive Tuttosport che la Ventura vuole assolutamente rifare la scena oggi a «Quelli che il calcio». A eccezione di un ristretto gruppo di granata antiberlusconiani, capeggiati da Gianni Minà, la città tifa per Cairo, che in una bella intervista di Massimo Gramellini sulla Stampa non solo dimostra di conoscere il giocatore-simbolo Paolino Pulici (Cimminelli diceva «Pulicio») ma annuncia di voler «valorizzare la razza torinese». Saverio Vertone inquadra la vicenda nel contesto continentale e ricorda sul Foglio che Torino è una città dell’ Europa del sud, proprio come Frosinone. Gli ultras, non trovando più Giovannone, aggrediscono a calci e sputi l’ inviato del Tg3. Paolino Pulici è primo firmatario di una petizione di sportivi e intellettuali che invitano il ciociaro a tornare a casa. Lui reagisce: «Amo i tifosi, anche quelli che mi volevano morto. Un giorno tutti grideranno: viva il Toro, viva Giovannone». Quindi scrive una lunga lettera a Caselli, denunciando minacce e suggerendogli una raffica di arresti. Caselli risponde con cinque righe che si concludono così: «Ho già inoltrato la sua missiva al procuratore capo Maddalena». Giovannone legge tra le righe che se c’ è qualcuno da arrestare è lui, e si sente poco bene. Gli restano 48 ore: se entro la mezzanotte di martedì non verserà almeno 5 milioni di euro, il Toro andrà a Cairo; altrimenti non potrà più sfuggirgli. Nell’ attesa si apprende che la Mercedes linciata non era sua - Giovannone gira in Ferrari - ma di Michele Padovano, suo direttore generale, ex centravanti della Juventus. Aldo Cazzullo