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 2005  agosto 26 Venerdì calendario

«Ma la sharia sta regredendo Un processo che non si fermerà». Il Sole 24 Ore 26/08/2005. Lesa. - «La sharia sta regredendo in tutto il mondo islamico, è un processo in atto da anni, lento ma inesorabile che coinvolgerà anche l’Irak»

«Ma la sharia sta regredendo Un processo che non si fermerà». Il Sole 24 Ore 26/08/2005. Lesa. - «La sharia sta regredendo in tutto il mondo islamico, è un processo in atto da anni, lento ma inesorabile che coinvolgerà anche l’Irak». L’islamista Sergio Noja Noseda traccia una linea di continuità tra passato, presente e futuro mostrando quella mente versatile che gli ha fatto conquistare una rara stima nel mondo arabo. La sua collezione di cubi di ogni dimensione, colore o fattura non riflette certo una forma mentis inscatolabile... La Costituzione irachena si è arenata in terra sunnita. Arabo-sunnita precisiamo, perché i curdi sono sunniti e a loro la Costituzione va bene così com’è. Il documento è una novità in forma e contenuti: per la prima volta l’Irak sarà uno Stato federale che garantisce l’identità islamica del Paese, ma tutela i diritti di tutte le religioni. Il federalismo minerebbe l’unità del Paese? In una federazione, a differenza della confederazione, i singoli Stati hanno una loro identità, ma riferiscono sempre al governo centrale. Il problema non è nei princìpi ma nella perdita di potere. Valendo il concetto "un uomo, un voto" i sunniti-arabofoni sono in minoranza, una situazione nuova rispetto al passato. A gennaio non hanno votato e lo svantaggio s’è aggravato, ma sono stati inclusi nella Costituente e nel Parlamento, segno di una volontà di cooperazione. Il federalismo è legato alla spartizione delle risorse. I profitti saranno divisi tra la popolazione, il testo è chiaro. Il problema è un altro: indipendentemente dalla fattura petrolifera, c’è l’indotto occupazionale, sui posti di ingegneri e tecnici dai quali temono di essere esclusi. Su questo punto si tratterà di mediare... Veniamo alla sharia. indicata come «una delle fonti» del diritto, ma molti temono che diventi l’«unica». La sharia sta implodendo con un movimento centripeto verso l’Arabia Saudita. Man mano che ci allontaniamo dal rigore wahabita, ci rendiamo conto che un processo di democratizzazione del mondo arabo-islamico è in atto. Dal Marocco all’Egitto troviamo legislazioni fondate sul Parlamento, non sul diritto islamico, arrivando agli esempi laici di Turchia e Siria. La sharia sarà una delle fonti del diritto che cercherà di non urtare la sensibilità popolare in un meccanismo che abbiamo anche noi, pensiamo all’omosessualità e al ruolo giocato da consuetudine e pregiudizi. E il temuto effetto fotocopia con l’Iran? L’Iran non ha una legislazione totalmente sharaitica e ha più tratti democratici di molti paesi dell’area, il voto lì è davvero democratico, checché se ne dica da noi. Detto questo, sono due Paesi con storia, gruppi etnici e religiosi differenti. E gli iracheni si considerano la noblesse tra gli sciiti, loro sono arabi, gli iraniani no e in più questi ultimi sono convertiti, tutti elementi di un humus culturale che ha un peso. Non ci sono problemi quindi? L’Irak è un Paese con un radicato diritto tribale che detta regole nella vita sociale e politica a livello locale. Lo scollamento piuttosto è tra il vertice e il popolo, tra sharia e cultura popolare. Il presidente tunisino Burghiba invitò il popolo a non digiunare durante il Ramadan come prescritto dalla sharia in caso di guerra e considerando la Tunisia in guerra contro il sottosviluppo bevve un bicchiere d’acqua dal balcone presidenziale. Il popolo applaudì, tornò a casa e continuò a digiunare. Velo, infibulazione non sono nel Corano, il Corano dice d’indossare l’intimo, non il velo. Allora la democrazia è un bene esportabile? Lo scorso marzo ho fatto parte della Commissione che ha discusso a Messina con giuristi arabo-musulmani la prima Carta araba dei diritti umani. Una volta ratificata da almeno sette Paesi, entrerà in vigore in tutta la Lega Araba. Il processo è in atto, tocca anche l’Irak. La guerra in Irak, il ritiro da Gaza hanno intaccato un certo equilibrio nell’area, ora noi come Occidente dobbiamo lasciarli fare. L’esperienza mi insegna che problemi che a noi sembravano senza soluzione si sono sistemati. Eppure la violenza, che si credeva scemasse dopo il voto di gennaio, è aumentata e non dà segni di cedimento.  la "sconfitta" dell’Islam pugnante. Si comporta così chi è impotente o ha capito d’essere stato sconfitto: la hitlerjugend o i francesi della "Charlemagne" attorno alla Cancelleria a Berlino. Gli attacchi suicidi hanno il chiaro sapore di battaglia persa, non sono kamikaze come i giapponesi dell’impero del Sole o martiri come i primi cristiani. Montanelli li chiamava stragisti, io sottoscrivo. Monica Ellena