Il Sole 24 Ore 21/08/2005, pag.7 Andrea Malan, 21 agosto 2005
Abramovic, il silenzio dell’oligarca. Il Sole 24 Ore 21/08/2005. Non si può dire che Roman Abramovic sia un amante della mondanità
Abramovic, il silenzio dell’oligarca. Il Sole 24 Ore 21/08/2005. Non si può dire che Roman Abramovic sia un amante della mondanità. vero, quest’anno il suo yacht «Pelorus» era ormeggiato in Costa Smeralda a fianco di quello di Flavio Briatore. Ma tra le dotazioni di bordo c’è anche un sistema elettronico per "accecare" i paparazzi indesiderati. vero, Abramovic è regolarmente in tribuna alle partite del suo Chelsea. Ma sfugge all’assalto dei media e tende a rispondere a monosillabi alle (rare) interviste. Un personaggio sfuggente, insomma, anche se del miliardario da rotocalco ha molti requisiti: il panfilo da oltre cento metri, la moglie ex modella, la squadra di calcio. E, cosa che non guasta, la giovane età. A 38 anni Abramovic è (secondo la rivista Forbes) il più ricco fra gli oligarchi russi, con un patrimonio stimato tra i 13,3 e i 14,7 miliardi di dollari (quello di Silvio Berlusconi si aggira - sempre secondo Forbes - attorno ai 12 miliardi). Il patrimonio e la carriera di Abramovic fanno impallidire tutti i nouveaux riches di casa nostra con i quali, peraltro, il russo di origine ebraica condivide l’opacità dell’impero e un po’ di mistero su come abbia fatto veramente i soldi. Poco si sa, del resto, anche sulle sue origini. Nato nel 1966 a Saratov, sul Volga, Abramovic resta orfano all’età di tre anni e cresce in un istituto. Come racconta il sito Internet della regione della Chukotka, di cui è governatore, Abramovic ottiene il diploma di scuola superiore nel 1983, a Mosca. Dopo il servizio militare si laurea all’Istituto dei trasporti, sempre nella capitale. Nei primi anni della perestroika diventa imprenditore e fonda la cooperativa Uyut e l’azienda Abk, che produce beni di consumo. Dirige poi l’azienda pubblica Petroltrans e nel 1996 entra nel consiglio d’amministrazione della Sibneft, la maggiore società petrolifera siberiana. A quest’epoca è il protetto di Boris Berezovsky, uno degli oligarchi più potenti sotto Eltsin. Nel 1999 Abramovic entra in politica - dalla porta di servizio: si candida infatti alle elezioni in Chukotka, una delle regioni più periferiche dell’impero russo. L’estremo lembo orientale della Siberia è un territorio inospitale e abitato da circa 50mila persone (l’intera popolazione maschile non riempirebbe lo stadio del Chelsea); ma balza - grazie ai soldi di Abramovic - ai primi posti del reddito pro-capite in Russia. I maligni accusano Abramovic di aver concesso a Sibneft, come governatore, una serie spropositata di agevolazioni fiscali; l’azienda ribatte di aver più che compensato con investimenti e partecipazione a progetti sociali. Quando Berezovsky è costretto all’esilio e fugge dalla Russia nel 2000 (vive anch’egli in Inghilterra), Abramovic "cura" il collocamento della sua quota in Sibneft. E finisce per "ereditare" la partecipazione del 72 per cento. O per sottrarla, come accusa Berezovsky. Tramite una rete di finanziarie in paradisi fiscali accumula poi anche quote nella RusAl (alluminio) e tenta una scalata alla compagnia aerea Aeroflot. l’apice della sua carriera in patria. Ma il giovane Roman ha un fiuto non comune. E capisce subito che, con il passaggio dei poteri da Eltsin a Putin, il vento è cambiato. Adotta una strategia di basso profilo sia dal punto di vista economico che politico. Per evitare gli strali di Putin contro «lo strapotere degli oligarchi» cede progressivamente le partecipazioni più "sensibili" - da quelle in Aeroflot e RusAl alla quota nella televisione pubblica Ort "ereditata" da Berezovsky. Si astiene inoltre da quelle critiche "inopportune" al Governo centrale che hanno contribuito alla caduta dell’altro oligarca Mikhail Khodorkhovsky. La strategia del profilo basso ha pagato: mentre Khodorkhovsky, condannato tre mesi fa a nove anni di carcere per vari reati, condivide la cella con altri dieci prigionieri, Abramovic può continuare a condividere la tribuna di Stamford Bridge con altri 42mila tifosi del Chelsea. E non c’è da stupirsi che Sibneft abbia "sistemato" in modo rapido e indolore le accuse di evasione fiscale che sono costate care alla Yukos di Khodorkhovsky. Il dribbling di Abramovic per smarcarsi da quest’ultimo è stato degno di Damien Duff, l’irlandese del Chelsea: un paio d’anni fa la sua Sibneft era in predicato di fondersi con la Yukos; un’operazione dalla logica industriale messa però rapidamente da parte non appena Khodorkhovsky finì nel mirino del Cremlino. Le strade di Abramovic e Berezovsky si sono invece nuovamente incrociate nei mesi scorsi: l’ex mentore di Abramovic gli ha fatto causa in Russia e nelle isole Vergini britanniche, accusandolo di aver diluito illegalmente la quota in Sibneft di Sibir Energy, una sua azienda. Perfino il giudice delle isole Vergini ha accusato Abramovic di scarsa trasparenza e gli ha ingiunto di rivelare le partecipazioni di valore superiore al milione (buffa accusa, in uno dei più noti paradisi fiscali). La battaglia legale tra i due (ex) oligarchi non si è ancora conclusa, ma rischia di avere una coda sui campi di calcio della Premier League: una società ritenuta vicina a Berezhovsky, infatti - la Media Sports Investment -, potrebbe rilevare il West Ham, squadra londinese un tempo competitiva (vinse una Coppa delle Coppe) e ora appena tornata nel massimo campionato. Il prossimo passo della "ritirata strategica" di Abramovic potrebbe essere quello di cedere la quota di maggioranza della Sibneft - che era destinata a Yukos nell’ambito della fusione poi saltata. I negoziati con il colosso statale Gazprom sono stati di recente confermati da una fonte autorevole come lo stesso Putin - e Gazprom ha già avviato i contatti con le banche occidentali che finanzieranno l’acquisto del 72% di Sibneft in mano ad Abramovic. Quest’ultimo con l’uscita da Sibneft smetterà i panni da "oligarca" e sarà quindi al riparo eventuali altre campagne di Putin contro i finanzieri d’assalto dei tempi di Eltsin. A dicembre, poi, scade il mandato di governatore della Chukotka. Abramovic, che ha già diradato le visite alla sua provincia, prepara una dignitosa uscita di scena che lo metterebbe ulteriormente al riparo; anche se la sua carriera rischierebbe di restare definitivamente senza benzina. A questo, comunque, il patron del Chelsea ha già cominciato ad abituarsi: sono passate poche settimane da quando è rimasto a piedi perché un marinaio ha sbagliato a fare il pieno al «Pelorus». Obiettivo Champions League. Dal calcio all’atletica le passioni di Abramovic. Coppa campioni. In due anni ha cambiato il panorama del calcio inglese, spezzando il duopolio Manchester United-Arsenal e riportando il titolo a Stamford Bridge dopo un’attesa di cinquant’anni. Ma la Premier League comincia a stare stretta ad Abramovic, che ha come obiettivo principale la conquista della Champions League - sfuggita la scorsa stagione dopo la bruciante eliminazione a opera del Liverpool. Contro il Brasile. In attesa dell’incoronazione - prima o poi arriverà, se gli investimenti continuano a questo ritmo - il miliardario pregusta già il clou di fine 2005: l’amichevole del 16 novembre contro il Brasile campione del mondo. Alla nazionale carioca andranno 1,7 milioni di euro, una tariffa - si dice a Londra - doppia del normale, che Abramovic avrebbe pagato senza batter ciglio pur di assicurarsi la presenza di tutte, ma proprio tutte, le stelle in maglia verde-oro. Gli esordi. L’estate di due anni fa sembra molto lontana: l’arrivo di Roman Abramovic - nel luglio del 2003 - fruttò al Chelsea il soprannome di "Chelski" e sollevò un’ondata di polemiche: il supertifoso ed ex ministro dello Sport Tony Banks chiese al Governo di verificare se l’acquirente fosse fit and proper, ovvero adeguato, ma anche dotato dei requisiti di onorabilità necessari a gestire la squadra. Shopping di campioni. Gli altri tifosi si abituarono rapidamente all’idea, convinti dagli acquisti (in rapida successione) di campioni come Veron, Mutu o Duff. In occasione del debutto casalingo in campionato, il 23 agosto 2003 contro il Leicester, risuonò nello stadio gremito una versione riadattata di "Kalinka" la squadra vinse 2-1, ma senza convincere - e dopo un’annata di alti e bassi chiuse la stagione al secondo posto. Il traguardo mancato costò la panchina al coach italiano Ranieri, sostituito da José Mourinho, fresco vincitore della Champions League. Il quale ha fatto il suo dovere portando la squadra al titolo. La rivoluzione inglese. Due anni e oltre 400 milioni di euro dopo, Abramovic ha dunque convinto anche i più scettici; e qualcuno comincia a interrogarsi sui danni che nel lungo periodo la sua ingombrante presenza potrebbe avere sul calcio inglese: «FinchéAbramovic è vivo e in buona salute, il football ha un grosso problema» ha titolato due mesi fa il «Daily Telegraph» dopo la vittoria dei Blues in campionato e dopo un maldestro tentativo di strappare il direttore sportivo al Tottenham quadruplicandogli lo stipendio. L’atletica. Il calcio non è l’unica passione di Abramovic: Roman è un gran tifoso dell’hockey su ghiaccio, e si è parlato in passato di un suo possibile interesse per la Formula Uno. Non solo: secondo voci riportate dalla stampa spagnola (non confermate), Abramovic avrebbe messo gli occhi su Elena Isinbayeva, la saltatrice con l’asta campionessa (e primatista) mondiale. La Isinbayeva avrebbe in realtà dovuto fare da testimonial per la Sibneft; ma se come pare quest’ultima verrà ceduta, il ruolo dell’atleta rimarrebbe - come dire - un po’ per aria. Abramovic avrà un budget ancora più grande da dedicare allo sport. Per la gioia dei tifosi del Chelsea, che oggi sfida l’Arsenal nel primo degli scontri diretti di questo campionato. Andrea Malan