Giulia Crivelli, Il Sole 24 Ore 24/8/2005, 24 agosto 2005
CINA. Il blocco del tessile cinese è un favore ai produttori, ma un dispetto ai commercianti: poiché le merci cinesi costano poco, ma in Occidente vengono vendute più o meno ai soliti prezzi, per chi ha negozi o catene di distribuzione il mancato guadagno è notevole
CINA. Il blocco del tessile cinese è un favore ai produttori, ma un dispetto ai commercianti: poiché le merci cinesi costano poco, ma in Occidente vengono vendute più o meno ai soliti prezzi, per chi ha negozi o catene di distribuzione il mancato guadagno è notevole. Sono già state raggiunte le quote stabilite relativamente a maglioni, pantaloni, camicie da donna, magliette, reggiseni e filati di lino. Manca poco per i vestiti, le lenzuola e le tovaglie. Nelle dogane europee sono fermi 80 milioni di articoli. I commercianti sostengono che tutta la merce bloccata è già stata pagata. Paul Loursen, presidente di Bestseller, il più grande gruppo tessile danese: «Quest’anno per Natale nessuno riceverà vestiti». Le quote contingentate dipendono da un accordo con la Cina siglato lo scorso 10 giugno dall’Unione europea, soprattutto per volontà di imprenditori e sindacati tessili italiani, spagnoli e francesi. In questo comparti si sono persi, per via della concorrenza cinese, 165 mila posti