Varie, 27 agosto 2005
BOMBASSEI
BOMBASSEI Alberto Vicenza 5 ottobre 1940. Imprenditore • «[...] proprietario della Brembo e numero due di Confindustria con delega alle relazioni sindacali [...] un’azienda di dischi frenanti per moto e auto, la Brembo [...] fondata nel 1961 a Curno, nel bergamasco, da Emilio Bombassei, papà di Alberto [...]» (Olga Piscitelli, ”L’Espresso” 1/9/2005). «Un viaggio tranquillo. Un po’ di campagna inglese, la Manica, il lungo attraversamento della Francia, il confine italiano e, finalmente, le prime nebbie lombarde, leggere, quasi familiari. All’improvviso uno sbandamento. Un colpo di sonno, un gatto... il destino. Il camion che esce di strada. Un incidente banale, solitario nella modesta tranquillità del traffico di allora - siamo nel 1964 - se non fosse che da quella fiancata riversa sull’erba, da quel carico sparso sui primi steli di grano nasce una storia di competizione, di tenacia, di inventiva italiana. Alla vista dei primi soccorsi il camion non trasportava nulla di così misterioso da trasformare una semplice officina bergamasca in un marchio riconosciuto nel mondo, partner della Ferrari, premiato dal ”Financial Times” come una delle eccellenze dell’industria italiana, capace di proporre a Jen Nouvel la progettazone del suo nuovo Centro ricerche. [...] è di freni che parla questa storia. I freni che schiaccia Michael Schumacher e che ormai segnano il suo stile di guida, i freni che Porsche, Maserati, Mercedes, Bmw e Audi hanno scelto per le loro vetture, e quelli che sulle due ruote accompagnano dal 1996 le vittorie di Valentino Rossi. E ancora i freni, in 30 milioni di esemplari per 2.500 veicoli che Brembo produce ogni anno [...] ”Si può capire perché all’Alfa scoppiò il panico alla notizia di quel camion rovesciato e degli irreparabili danni [...] Noi che eravamo già fornitori di Arese venimmo subito chiamati. ”Vedete un po’ cosa si può fare’ ci raccomandarono. E così nella nostra officina arrivarono, storti e un po’ ammaccati, i famosi freni a disco inglesi. Erano lavorati con molta cura, è vero, ma capimmo quasi subito che avremmo potuto produrli anche noi. ”Va bene’, ci dissero quelli dell’Alfa. Un’apertura di credito, un’iniezione di fiducia che rivoluzionò la nostra vita, compreso il ritmo di moltissime domeniche e di qualche Natale, tanto era alta la richiesta e piccoli i nostri mezzi di produzione”. [...] Comincia, a metà degli anni Sessanta, l’era dei pezzi di ricambio: ”Non ci aveva ancora pensato nessuno. Certo, erano poche le vetture italiane fornite di freni a disco, qualche Alfa, qualche Lancia. Ma si stava aprendo un nuovo mercato. E io, che mi sono sempre occupato della parte commerciale, cominciai a girare l’Italia con un elenco di modelli stampato su una paginetta. La risposta alla mia offerta spesso consisteva in una domanda del tipo: ”ma come sono ”sti freni a disco’. Qualcuno, pochissimi in realtà, ne ordinava uno o due, probabilmente per la simpatia che dovevo ispirare io, ragazzino alle prime armi”. Ben presto le paginette diventano due, poi cinque, poi dieci. ”E una volta saturata la rete distributiva italiana andammo in Spagna, in Germania, in francia. Risultato: oggi siamo il numero uno nel settore del ricambio in Europa, e probabilmente anche a livello mondiale”. [...] Nel 1969 i giapponesi avevano montato sulla famosa Honda 500 Four il primo freno a disco. [...] ”Ma questa volta il passo da compiere era enorme perché, trattandosi di moto, dovevamo disegnare, progettare e realizzare non solo il disco ma l’intero sistema frenante. Il che voleva dire affrontare un impegno dieci volte superiore [...]”. Nel 1972 dunque, dopo qualche notte insonne, escono i primi pezzi per Laverda, seguiti da quelli per Guzzi e poi Ducati. In pochissimo tempo il marchio Brembo diventa un fattore determinante [...] ”Quando nel maggio del 1999, a Hockeneim, la Ferrari ha conquistato la pole position per due centesimi di secondo, Schumacher appena arrivato al box ha abbracciato uno dei nostri tecnici. Aveva montato dei freni più leggeri, la macchina era più veloce e quel soffio di vantaggio era, matematicamente, merito nostro [...] Mi ricordo il giorno in cui dissi a Piero Ferrari: ”Non è che può chiedere a suo padre se ci mette un Brembino piccolo così sulla fiancata della macchina?’. Ci dirà di no, pensavo, e invece il vecchio Ferrari accettò di buon grado” [...]» (Laura Leonelli, ”Ventiquattro” 24/4/2002).