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 2005  agosto 25 Giovedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 29 AGOSTO 2005

«Io non son mica sicuro che i Donegani li ha ammazzati Gatti». [1]

Ma come? Dicono tutti che il caso è chiuso. [1]
«Lo so: il sangue nel garage e sull’auto, la vicina che ha sentito un rumore come di cadaveri trascinati, i testimoni che l’avrebbero incrociato sulla strada che porta in Val Paisco, le cesoie e lo scontrino del sedano comprato all’Esselunga, la tizia dell’albergo che l’avrebbe riconosciuto, tutto è contro di lui. [1] Sa che le dico? Se è andata così, ha ragione lo scrittore Carlo Lucarelli, non è nemmeno un giallo». [2]

Sarebbe a dire? [2]
«C’è un colpevole individuato fin dai primi giorni che lascia una serie di indizi e commette una serie di errori come fanno nella realtà quasi tutti gli assassini che non lo sono ma lo diventano, perché hai voglia a pensarci bene e a conoscere a memoria tutti i telefilm di C. S. I., poi c’è il fattore umano che ti frega, il nervosismo, l’eccitazione, il ribrezzo, l’agitazione. Sbagliano i professionisti nei romanzi, figuriamoci i dilettanti nella realtà. Comunque, riassumiamo i fatti: il 30 luglio Aldo Donegani e Luisa Di Leo, marito e moglie, lui pensionato di 77 anni, lei casalinga di 61, spariscono all’improvviso dalla loro villetta in via Ugolini, un quartiere residenziale di Brescia. Nessuna traccia, nessun indizio, niente sangue. Tutto in ordine». [2]

Scomparsi nel nulla. [2]
«Due settimane dopo vengono ritrovati in una scarpata nella Val Camonica, fatti a pezzi e chiusi in una decina di sacchetti della spazzatura, mancano solo le teste e il busto della donna, probabilmente gettati da qualche altra parte. Vicino ai resti una busta della spesa che risulterà effettuata proprio il 30 luglio. In zona trovano anche due cesoie con le lame sporche di sangue. Di lì a breve Guglielmo Gatti, il nipote che viveva sopra gli zii, finisce in galera». [2]

Un tipo piuttosto strano. [3]
«Quarantuno anni, molto intelligente, sempre il primo della classe come hanno ricordato molti tra i suoi insegnanti e Franco Gussalli Beretta, quello della fabbrica d’armi, che gli fu compagno di classe, sezione B al liceo scientifico Luzzago di Brescia, gestito dai francescani. Uno bravissimo in matematica che a Ingegneria prendeva tutti 30 e 30 e lode ma che aveva dovuto interrompere gli studi prima per fare il militare, poi per accudire i genitori vecchi e malati. [3] Morto pochi mesi fa il padre, aveva ripreso a studiare e si spacciava per ricercatore nucleare, consulente del Politecnico di Milano. [4] Un solitario, non un amico, non una donna, cinque telefonate in otto mesi, secondo i tabulati analizzati: una all’impresa di pompe funebri che doveva organizzare i funerali del padre, quattro ad operai della zona convocati per dei lavoretti in casa». [5]

Uno che non ha uno straccio d’alibi. [1]
«Adesso dice che ce l’ha, ma si tiene sul vago. Di certo, nel pomeriggio di sabato 30 luglio, giorno dell’assassinio degli zii, ha fatto un prelievo con il bancomat nella cassa di un ipermercato Auchan, poi nulla: zero tracce. [1] Mettiamo che li abbia veramente uccisi lui. La prima domanda è: come?». [6]

A martellate, m’è parso di capire. [6]
«Si parla di due pesanti ”mazzette”, i martelli di legno da muratore. [6] Le vittime comunque dovevano essere inerti quando sono state uccise: una visita medica in carcere ha evidenziato che Gatti non ha alcuna ferita sul corpo, neppure un graffio, dunque se il colpevole è lui non c’è stata colluttazione». [7]

Dicono che gli ha dato dei tranquillanti. [6]
«In casa gliene hanno trovati molti. [6] Ma come glieli ha dati? Tra gli scontrini della spesa, che Gatti conservava meticolosamente sulla scrivania del soggiorno, i carabinieri ne hanno trovato uno datato 30 luglio (il registratore di cassa segna le 11,49), emesso da un’Esselunga. La lista (importo di circa 70 euro) comprende frutta, verdura, generi alimentari, una bottiglia di acqua ossigenata. Spesa abbondante per un single, nota un investigatore. La merce trovata nel dirupo, corrisponde, per peso (le confezioni del sedano portano il codice a barre) e marca (un disinfettante) ai capi segnalati nella distinta del supermercato. L’idea è che Gatti abbia iniettato un sonnifero insapore e inodore nella frutta, offrendola poi agli zii per narcotizzarli» [8]

Dopodiché li ha portati in garage. [8]
«Qui la situazione si fa complicata. Può essere che li abbia ammazzati in casa, ma allora com’è che non ci sono tracce di sangue? Gli investigatori ricordano che in una recente serie televisiva loro dedicata, ”Ris, delitti imperfetti”, si spiegava bene come la candeggina e l’acqua ossigenata siano l’ideale per cancellare le macchie di sangue. E Gatti, hanno fatto sapere en passant, vedeva molta tv. [8] L’analisi col luminol, quel reagente che in presenza di sostanze ematiche si illumina di blu, ne ha però rilevate molte gocce in garage, a circa un metro e venti centimetri dal pavimento. ”Sembrava Natale”, ha detto qualcuno. La traiettoria dal basso indica che gli schizzi provengono dai corpi sezionati». [9].

Erano già morti? [10]
«Il cuore di Luisa pulsava ancora, forse il narcotico non aveva completato il suo effetto. Marito e moglie sono stati sezionati nel lavatoio del box, dove il liquido organico è ”colato” sul pavimento. Poiché gli ”schizzi” di sangue sulla parete sono attribuibili soltanto al corpo della donna, se ne deduce che quando il seviziatore è entrato in azione lei non era clinicamente deceduta. [10] Resta da provare che l’operazione sia stata compiuta da Gatti». [11]

Era l’unico che aveva le chiavi del garage. [11]
«Lui dice che non è vero, anche se non specifica chi altro ne sarebbe in possesso. [5] Gli inquirenti non possono dire che non è vero, dicono solo che a loro non risulta». [11]

C’è una vicina che l’ha visto. [12]
«Ha detto che ha sentito dei rumori che parevano corpi umani trascinati, poi ha guardato fuori e ha visto Gatti. Non che l’ha visto mentre trascinava i cadaveri». [12]

Hanno trovato tracce delle vittime sulla sua auto. [13]
«I tecnici di laboratorio dei Ris di Parma avrebbero trovato un alone strano che rimanderebbe a tracce di sangue. Ma non c’è ancora nulla di certo. Piuttosto, hanno smontato la macchina a caccia di pollini, semi, tracce vegetali. Deve sapere che gli alberi hanno una specie di ”impronta” ed è quella che cercano i carabinieri. Se Gatti è stato sotto il passo del Vivione, tra querce e felci, può aver trasportato nella sua auto qualche ”pezzetto” di quella montagna impervia. Ma non ho ancora letto niente al riguardo». [13]

La Punto è stata vista su quella strada con Gatti al volante. [10]
«I resti dei cadaveri sono stati trovati in un dirupo al km 13,5 della strada che collega Forno d’Allione al Passo del Vivione, una strada che doveva essere chiusa il 22 agosto. Gatti sarebbe stato visto da quelle parti il primo agosto. [10] Quel giorno aveva ricevuto la visita di un altro nipote della coppia assassinata, un carabiniere che aveva un appuntamento con Aldo e Luisa e si era subito insospettito. Si sa per certo che quel pomeriggio è uscito di casa, aveva pure lasciato un biglietto sulla porta con scritto ”Sono fuori, torno alle 17”. Lui dice che era andato al supermercato, gli inquirenti sospettano fosse andato ad accertarsi che dalla strada non si vedessero i sacchetti con i resti dei cadaveri: aveva compiuto l’operazione nel buio, e non poteva esserne sicuro. [12] Un ragazzo di quattordici anni che stava sulla Panda guidata dal padre giura che era lui l’imbranato alla guida della Fiat blu elettrico che alle 15.30 di quel lunedì per poco non li buttava fuori strada». [10]

 grazie a quella denuncia che hanno trovato i resti dei cadaveri. [14]
«La strada è strettissima, tortuosa, non lascia spazio a due macchine, per una ventina di chilometri ad ogni incontro uno degli automobilisti è costretto a cedere il passo. Ci si sfiora e gli occhi hanno tutto il tempo di incrociarsi a distanza ravvicinata. [15] Quel volto il ragazzo l’ha poi visto in tv: ”Guarda papà. lui quello che ci stava venendo addosso l’altro giorno”. Un riconoscimento che, finito nei verbali, ha portato gli inquirenti a focalizzare le ricerche lassù, in Valcamonica. [14] Gatti nega di essere andato da quelle parti. la sua parola contro quella del ragazzo. Per questo i carabinieri hanno inviato in Germania l’hard disk che controlla tre telecamere di una stazione di benzina Tamoil a Dezzo di Scalve, vicino al passo del Vivione: sperano che il presunto assassino quel giorno abbia fatto rifornimento in uno dei distributori sulle strade che portano al passo. Le telecamere potrebbero aver ripreso il suo volto o la sua auto». [16]

E che mi dice delle cesoie? [17]
«Le hanno ritrovate nella valle, dalla parte opposta rispetto al luogo dove erano stati gettati i sacchi. Ne hanno trovate molte, per cui potrebbero pure essere state lasciate lì da dei cacciatori. [17] Le due che sarebbero state usate per sminuzzare i corpi sono molto grosse, di marca tedesca. [18] Lunghe circa 80 centimetri, sono del tipo usato dai fabbri per tagliare lamiere. [14] Dicono che ci fosse sopra il sangue dei coniugi. Anche fosse, e non mi sembra ci sia ancora la certezza, bisogna provare che le ha usate Gatti». [7]

Hanno trovato il negozio che gliele ha vendute. [19]
«Anche questo non è certo: all’Obi bricolage e giardinaggio, in via della Mandolossa, quattro chilometri dalla villetta di via Ugolini, dicono che Gatti era un cliente abituale. Ma che non si ricordano quando e cosa comprò, forse le cesoie, forse alcune confezioni di sacchetti per la spazzatura grigi, mentre i sacchetti trovati erano blu e neri. L’unica cosa di cui sono sicuri è che vendono quel tipo di cesoie, che non sono molto comuni. Ci fosse una ricevuta della carta di credito comprovante un acquisto sarebbe tutto diverso. Ma, che mi risulti, non l’hanno ancora trovata». [20]

E la tizia dell’albergo. [21]
«Cristina Cominelli, padrona del Giardino di Breno, 70 chilometri da casa Gatti, gli avrebbe dato una camera, la 305, alle tre della notte tra il 30 e il 31 luglio. Dice che gli era sembrato una persona gentilissima, mite, ma anche provata; che aveva lasciato la camera il giorno dopo, pulita, ordinata. Purtroppo non c’è ricevuta. C’è da scommettere che quelli della Guardia di Finanza chiuderanno un occhio su questa piccola evasione fiscale, vista la collaborazione. Non si può infierire su questa poveretta che adesso trema all’idea di essersi trovata tutta sola nella hall con l’assassino. ”Se avesse avuto un raptus...”, continua a domandarsi. Intanto però siamo alle solite: la sua parola contro quella di Gatti. [21] vero che i testimoni sono tanti, ma è altrettanto vero che il suo volto è apparso ripetutamente in tv dal giorno in cui è stata denunciata la scomparsa deli zii. Almeno ci fosse un movente». [7]

I soldi, no? [22]
«Dicono che, morto il padre, e senza più la sua pensione, Gatti aveva problemi a tirare avanti. Lui ribatte che i genitori gli hanno lasciato 200.000 euro e qualche casa, un patrimonio che gli permette di vivere di rendita. Qualcuno butta lì che la zia gli rompeva le scatole perché la smettesse di studiare e si trovasse un lavoro. [23] Altri ricordano che Guglielmo riteneva di aver pagato troppo cara la mansarda. [24] Ma i familiari di lei dicono che ci fossero stati problemi l’avrebbero saputo. Si parla di un’eredità di 100.000 euro che avrebbe però dovuto spartire, in quota di minoranza, col nipote carabiniere. E poi, senza cadaveri, chissà quanto avrebbe dovuto aspettare per incassarla. Disperati, gli investigatori l’hanno buttata sull’aspetto psichiatrico e si sono messi a caccia tra gli specialisti della zona, pubblici e privati, sperando di trovarne uno che l’abbia avuto come paziente. [22] Certo che, se è stato lui, ha fatto di tutto per farsi acchiappare». [19]

Dice? [19]
«Non si ricorda nessun accusato di assassinio così distratto. Gatti non s’è mai preoccupato degli scontrini fiscali; né dell’albergatrice che l’ha ospitato dopo la sua ”notte di tregenda” sotto il Passo del Vivione; né degli automobilisti che l’hanno incontrato sulla stradina tutta tornanti e strettoie che porta al dirupo dove sono emersi i resti degli zii». [19]

Se è come dice lei, perché lo tengono in carcere? [11]
«L’ordine di custodia parla del pericolo di ”reiterazione del reato”. I giudici temono che Gatti possa colpire ancora. Ma chi? Non altri parenti, o amici della coppia. Piuttosto i testimoni in giro, le persone che l’hanno visto o sentito, si dice a Palazzo di giustizia. Come se Gatti, accusato dell’omicidio degli zii Aldo e Luisa Donegani, e di averne fatto a pezzi i loro corpi per gettarli in un dirupo, potesse anche aver accarezzato l’idea di continuare a uccidere per nascondere il suo delitto. Un’iperbolica catena di orrori, almeno nella ricostruzione del procuratore capo Giancarlo Tarquini». [11]

Ma se non è stato lui chi è stato? [2]
«E che ne so! Mettiamo che Gatti sia innocente: non si intravede un’alternativa credibile, non appare, gli investigatori si troverebbero in un vicolo cieco. Il delitto di Brescia ha tenuto le prime pagine per tanti giorni e se non si risolve subito sembra destinato a restare uno di quei misteri della cronaca che tornano sempre fuori, ad ogni anno. [2] Luca Broli, l’avvocato di Gatti, dice che ha indicato altre ipotesi che la Procura dovrebbe prendere seriamente in considerazione. Quali? Non ha detto di più, ma ha precisato che le nuove piste riguardano indirettamente anche il movente. Niente nomi, ambienti, circostanze, amicizie, frequentazioni degli zii, piuttosto la difesa ha suggerito il contesto in cui può essere maturato il terribile omicidio. Con un avvertimento: che nessuno osi avventurarsi in stravaganti e pruriginose ipotesi collegate alla vita spensierata ed esuberante della coppia che amava ballare, ricevere amici, intrattenere relazioni sociali. Tutto e nulla, insomma. [23] Ma in Italia ci sono tre gradi di giudizio, non vorrei che per la Procura la sentenza fosse già scritta». [7]