Giornale di Brescia 26/08/2005, pag.6 Pierpaolo Prati, 26 agosto 2005
Delitto di Brescia 26/08/2005 - 2
L’alibi del nipote: «Ero in Internet, non in Valcamonica». Giornale di Brescia 26/08/2005. «Avvocato, non molli!». La porta di Canton Mombello si è appena chiusa alle spalle di Luca Broli. Nella mente del difensore di Guglielmo Gatti resta impressa l’esortazione a continuare la caccia ad indizi validi per la difesa rimbalza di continuo. Una preghiera che si traduce in un obiettivo: trovare conferme all’alibi dell’uomo accusato di aver ucciso (magari avvelenandoli o soffocandoli) i coniugi Donegani, di aver fatto a pezzi i loro corpi e di averli gettati in fondo ad un dirupo ai piedi della strada del Passo del Vivione. A poca distanza dal punto nel quale il nipote sarebbe stato avvistato dal ragazzino di 14 anni divenuto, qualche giorno dopo il riconoscimento, il «superteste» di tutta questa vicenda. E proprio a smontare questa testimonianza pare indirizzata l’opera della difesa. Dal carcere, infatti, Guglielmo Gatti continua a ripetere di non essere mai stato su quella strada. Nelle ricostruzioni fatte davanti al suo legale dice di avere elementi che lo escluderebbero. Il primo di questi è lo scontrino del prelievo fatto al bancomat alle 16,58 di quel lunedì primo agosto, meno di due ore dopo essere stato avvistato sulla strada del Vivione. Gli altri? Ce ne sarebbero e la difesa li sta verificando e... suggerendo. L’invito è quello di verificare il computer di Gatti. «Da qui potrebbero emergere indicazioni su un lasso di tempo delicato per l’inchiesta». Il pc potrebbe contenere chiavi circa gli spostamenti dell’uomo e quindi fornire spiegazioni. Ora è nelle mani degli inquirenti che dovrebbero «interrogarlo» per valutare il suo contenuto, le eventuali tracce lasciate nella sua memoria e la loro genuinità. Ieri intanto l’avvocato e il suo assistito hanno analizzato la parte del fascicolo che mancava. «Gatti - ha precisato Broli - gli elementi contestati sino al 19 agosto. Di quelli che sarebbero stati raccolti successivamente non ho notizia formale e quindi, per me, è come non esistessero. Quando me le produrranno, ne prenderò atto e le valuterò insieme al mio assistito». In attesa di quel momento i colloqui vanno avanti. «Quello di oggi è stato un colloquio utile, costruttivo: il mio assistito ha ristretto il campo, mi ha fornito indicazioni che prima non avevo e che mi permettono di proseguire sulla stessa strada con assoluta fermezza e decisione». L’accusato numero uno continua a non... accusare nessun altro. Quanto meno non fa nomi. «Si riferisce ad ambiti - precisa Broli - a scenari, alle piste che mi aveva già indicato». La sfida a distanza tra accusa e difesa, insomma, prosegue colpo su colpo. La prima produce elementi nuovi con frequenza quasi giornaliera, la seconda smentisce puntualmente e rilancia. «Ho appreso delle nuove tracce di sangue nell’automobile dai giornali: ho riferito la cosa al mio assistito - dice l’avvocato - lui ha replicato sdegnato». Allo sdegno si alterna la sorpresa. « il sentimento che ha provato - ha spiegato Broli - quando ha saputo che elementi facilmente riscontrabili (evidentemente a suo favore, ndr) non sono fino ad ora emersi. La cosa però non lo demoralizza. Continua ad essere deciso, continua a volere andare sino in fondo». Vuole compiere tutti i passi necessari. Il prossimo sarà la formulazione dell’istanza di scarcerazione che deve essere presentata entro il 30 agosto al tribunale del riesame. Un’incombenza che ha un valore strategico di non poco conto: è la mossa che obbligherebbe l’accusa a depositare le sue carte e a farle conoscere anche al legale di Gatti. Che a quel punto potrebbe valutare la reale consistenza del castello accusatorio e decidere la strategia difensiva da adottare nelle prossime fasi dell’inchiesta. La mossa potrebbe essere realtà già oggi. L’avvocato Broli incontrerà il suo assistito per la quinta volta in cinque giorni («dobbiamo valutare ancora qualcosa») e poi potrebbe depositare la richiesta di riesame. Non riuscisse a far tutto in tempo, potrebbe decidere di far slittare l’appuntamento a domani. Difficile vada oltre. Per presentarsi all’appuntamento con ulteriori indizi, anche gli inquirenti continuano a lavorare. Come non bastasse quello che hanno. Come non fossero sufficienti la testimonianza del ragazzino che ha visto il 41enne al Passo del Vivione, le macchie di sangue nel suo garage, lo scontrino della spesa trovata nel dirupo dell’orrore, la testimonianza della vicina di casa e le tracce «biologiche» della zia trovate nel suo bagagliaio. Per «appesantire» ulteriormente il faldone degli indizi lavoreranno anche oggi su ogni fronte. La speranza della Procura è che i medici legali, il Ris e gli uomini che stanno rastrellando la Valcamonica chiudano un caso che, per ora, chiuso non è. Anche se lo sembra. Pierpaolo Prati