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 2005  agosto 25 Giovedì calendario

Ci sono molti modi di dirlo. Un passeggero che voli ogni giorno mediamente ci metterebbe 36.000 anni prima di avere un incidente aereo

Ci sono molti modi di dirlo. Un passeggero che voli ogni giorno mediamente ci metterebbe 36.000 anni prima di avere un incidente aereo. Oppure: un bambino ha più probabilità di vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi che di essere vittima di un incidente aereo nel corso della sua vita. E ancora: si hanno il doppio di probabilità di beccare il Jackpot al Superenalotto che di schiantarsi in aereo. Tutto questo per dire che volare è sicuro. Molto più che andare in auto, ed è noto. Ad esempio, in tutta la storia dell’aviazione civile americana dal 1913 ad oggi ci sono stati circa 14 mila morti per incidenti aerei, cioè un terzo dei morti sulle strade americane in un solo anno. E la tendenza riconosciuta è verso una costante diminuzione degli incidenti aerei. Negli ultimi cinque anni essi sono infatti diminuiti, a livello mondiale, del 50% circa rispetto ai cinque anni precedenti (e in questi ultimi anni vanno inseriti anche gli incidenti da terrorismo). Ovviamente tutto questo suona strano quando, in poco più di un mese, succedono quattro o cinque incidenti. Per questo vale infatti la pena esaminare più attentamente le statistiche. Queste ci dicono che il rischio di morire prendendo un volo aereo è di 1 probabilità su 13 milioni. Il problema è che questa statistica riguarda i voli aerei interni nei paesi sviluppati, nel Primo Mondo. Se si passa ai voli internazionali, sempre tra paesi del primo mondo, la percentuale di rischio, sempre bassissima, raddoppia, 1 probabilità su 6 milioni. Se poi si esaminano i voli tra paesi sviluppati e paesi del Terzo Mondo oppure i voli interni dei paesi sottosviluppati, il dato sulle probabilità di essere coinvolti in un incidente aereo mortale cambia radicalmente e diventa 12 volte più alto rispetto a quello dei voli internazionali tra paesi sviluppati e 20 volte più alto rispetto ai voli interni negli stessi paesi: 1 probabilità su 500 mila. Anche a livello di sicurezza il divario tra aree ricche del mondo ed aree povere è notevolissimo e, si presume, in crescita. E non è un caso che la quasi totalità delle compagnie aeree inserite nelle varie «black list» create dalle autorità di controllo appartengano all’area del sottosviluppo. In un articolo pubblicato nel novembre del 2000, lo studioso di sicurezza aerea Arnold Barnett, del Mit, osservava come il decennio appena conclusosi era da considerarsi «l’Età dell’oro» per la sicurezza aerea. Addirittura, scriveva Barnett «oltre certi livelli un rischio diventa così piccolo da diventare inutile preoccuparsene. Quando mangiamo un cornetto non consideriamo la possibilità che sia avvelenato e quando entriamo in un supermercato non ci preoccupiamo del fatto che il soffitto possa crollarci in testa. Il problema della sicurezza aerea è stato davvero risolto così che il solo parlarne possa sembrare un sintomo di disordini della personalità?». Barnett rispondeva di no e indicava alcune aree critiche per il prossimo futuro: la possibilità di attentati, dirottamenti e boicottaggi (in questo è stato buon profeta, l’11 settembre era lontano meno di un anno), ma soprattutto la possibilità di incidenti in pista e di collisioni tra aerei in volo, come conseguenza dell’aumento esponenziale del traffico aereo. In realtà lo stesso Barnett ammoniva che storicamente i rischi ipotizzati sono stati risolti dai progressi della tecnologia. E l’aumento di incidenti che sembra poter caratterizzare questo 2005 (anche se bisogna attendere il bilancio finale dell’anno) non è dovuto alle tipologie di incidenti ipotizzati da Barnett. Si tratta invece quasi esclusivamente di vettori con base in Paesi non del Primo Mondo, dove a meno rigorosi controlli e interventi di manutenzione si accompagnano infrastrutture a terra meno sviluppate e qualità ed età del parco aeromobili più obsolete. Ma non è detto che il problema non possa riguardare in un prossimo futuro anche le linee aeree della nostra parte del mondo. Le grandi compagnie aeree sono in una situazione finanziaria delicatissima. Ad esempio, due terzi del mercato americano appartiene a compagnie in amministrazione controllata o sull’orlo della bancarotta. E se è vero che non si può assolutamente fare un’equazione difficoltà finanziarie-tagli alla sicurezza (i tagli sono di solito fatti sul personale e sui servizi accessori, come la qualità dei pasti), ci sono alcuni segnali inquietanti. Come quello denunciato un paio di anni fa dagli addetti alla manutenzione della United Airlines. La pratica dell’outsoucing nel campo della manutenzione avrebbe portato a riparazioni affrettate e superficiali, a verbali di riparazione firmati dalle segretarie, a pressioni sui meccanici per «dimenticare» ispezioni che potevano mettere in luce guai seri. E al licenziamento di Mark Sassman, il meccanico che aveva denunciato tutto questo.