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 2005  agosto 15 Lunedì calendario

Capodimonte nel segno della luce. Il Sole 24 Ore 15/08/2005. Perdurando la rimozione degli arazzi dai corridoi degli Uffizi (i cui muri risultano così inevitabilmente glabri e smorti), e concessa l’extraterritorialità alle chilometriche infilate del Vaticano, Capodimonte va considerato attualmente il più sontuoso e appagante museo italiano

Capodimonte nel segno della luce. Il Sole 24 Ore 15/08/2005. Perdurando la rimozione degli arazzi dai corridoi degli Uffizi (i cui muri risultano così inevitabilmente glabri e smorti), e concessa l’extraterritorialità alle chilometriche infilate del Vaticano, Capodimonte va considerato attualmente il più sontuoso e appagante museo italiano. La reggia immersa nella meraviglia del giardino mediterraneo a picco sul Golfo offre ai visitatori più di cento sale, un itinerario di splendori da Simone Martini a Andy Warhol e una serie di comfort ormai indispensabili ma sempre graditi. Insomma, una visita a Capodimonte, specie se c’è lo stuzzichino di una mostra o se si dedica il giusto tempo alle delizie neoclassiche della parte monumentale e storica dell’edificio, richiede una cospicua mezza giornata, o anche più. Il filo conduttore nella visita a Capodimonte è la luce. Abbagliante, accecante, totale nel vialetto d’ingresso fino al parterre del parco, quasi da non riuscire a sostenere la vista della facciata del gran palazzo settecentesco; ma subito dopo schermata dagli alberi che svettano su un azzurro sconfinato, nelle riposanti e intatte macchie di frescura; e poi marezzata e alterna sotto gli archi del cortile, dove la sensazione fisica è polarizzata in binomi netti, ombra-luce, freddo-caldo, nero-bianco, pieno-vuoto. Luce ancora, e stavolta acidula, eccessiva, nell’inevitabile trafila del lungo check-in che viene imposto al visitatore dei grandi musei (biglietteria, prenotazioni, consegna audioguide, bookshop un po’ stonato, ’tornelli" da strappo dei biglietti). Poi si para davanti al visitatore la scalinata marmorea, all’estremità destra del palazzo: una rampa infinita, che pare quella degli allenamenti di Rocky prima maniera. Chi ha usato l’ascensore, afferma di essersi perso; in mancanza di esperienza diretta, continuo a consigliare le scale, magari verificando l’efficienza fisica con un cardiofrequenzimetro. utilissimo per parametrare gli sbalzi di emozione che Capodimonte, un museo complicato come un ingranaggio di precisione, sa offrire. Per dire: è difficilissimo per il visitatore "scegliere" se partire con le sale della collezione Farnese oppure se seguire l’itinerario della pittura napoletana, alternativa offerta dalle indicazioni di percorso. Alla fine, tutto si ricollega, ma per dipanarsi con successo e avere la certezza di non aver "saltato" niente di essenziale è necessaria una discreta agilità mentale, oltre a una "sana e robusta costituzione". Insisto: la luce è la componente fondamentale della visita: ecco, subito dopo il pianerottolo, l’atmosfera sommessa da acquario della vasta sala che accoglie e protegge con giusta cautela i favolosi arazzi della battaglia di Pavia, spettacolare capolavoro del Cinquecento fiammingo. Accanto, nella sala dedicata alla favolosa raccolta tizianesca dei Farnese, ecco la luce piovere in grembo a Danae, che accoglie la divina pioggia d’oro in una posa esplicita. Monsignor Della Casa, autore del celebre "Galateo" ed esperto conoscitore delle grazie femminili, ebbe la fortuna di osservare Tiziano mentre dipingeva l’opera, in una memorabile ottobrata romana trascorsa nel verde dei giardini Vaticani. Presentandola al destinatario finale, il cardinale Alessandro Farnese, la definisce in modo esplicito: «Una nuda che vi farìa venire il diavolo addosso". Luce, dunque, tra un piano e l’altro del grande museo; sfolgorio d’oro di corte nel "San Ludovico" di Simone Martini; luminosità atmosferica strana e ambigua nel "Miracolo della neve" di Masolino da Panicale, con la fondazione di Santa Maria Maggiore legata a una nevicata a Ferragosto; luce che torna attenuata e cauta per rivelare lentamente i preziosi cartoni di Michelangelo e di Raffaello in una saletta-scrigno; raggio meraviglioso e mistico che si spande intorno a Cristo e inonda la natura nella "Trasfigurazione" di Giovanni Bellini; lucore catturato dalle lastre di cristallo di rocca incisi nel cofanetto Farnese, gemma fra le gemme fra le vetrine del "museo nel museo" che conserva il tesoro rinascimentale; ombre profonde, invece, e panni di bianco struggente, nei capolavori di Caravaggio e dei grandissimi maestri del Seicento napoletano; orgia di colori e di effetti nelle nature morte sei-settecentesche, che formano forse una delle più importanti collezioni al mondo in questo specifico genere; patina di trasparenze e opacità alternate nelle delizie in ceramica della corte borbonica, le porcellane splendenti fra gli specchi del salottino cinese e i biscuit incantevoli di Filippo Tagliolini; neon acido nell’interpretazione del Vesuvio-pop di Andy Warhol. Forse per questo, la stagione ideale per visitare Capodimonte è l’inverno: quando si esce, è già buio nel giardino. Si cerca l’uscita nei vialetti di ghiaia che scrocchia, tra fiochi lampioni: la luce brilla tutta di dentro, nel ricordo, arcobaleno splendente di emozioni. Stefano Zuffi