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 2005  agosto 25 Giovedì calendario

FISICHELLA

FISICHELLA Rino (Salvatore) Codogno (Lodi) 25 agosto 1951. Vescovo. Già cappellano di Montecitorio, rettore dell’Università Lateranense e capo dell’Accademia per la Vita, dal 30 giugno 2010 a capo del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (nuovo dicastero creato per rinnovare lo slancio della fede in quei Paesi dove si registra «una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di ”eclissi del senso di Dio”») • «[...] è l’uomo cui Oriana Fallaci ha lasciato alla sua morte i suoi libri e lo zaino che aveva usato in Vietnam: scambi di doni senza conversione, ma con molta consolazione ”reciproca”, come ama ricordare il prelato, che negli ultimi due anni di vita della Fallaci è stato ”l’interlocutore” – la parola è scelta accuratamente al posto di amico o confessore – preferito di Oriana. Che senza avere fama di progressista né di aperturista, contando anzi su una stretta amicizia con il pontefice e una frigida reputazione di teologo, sia poi diventato proprio lui, questo Monsignore paziente e possente, lo strumento del confronto a viso aperto con i laici è forse solo un segno di una delle tante intuizioni di Oriana, o delle tante ironie dell’Italia, o delle incommensurabili sfaccettature della fede [...] grazie alla Rai e a Michele Santoro – un giornalista che con uno scarto di intelligenza ha immediatamente connesso la sua cifra a quella di questo ”interlocutore” di razza – il volto dagli occhi prominenti e fissi di monsignor Fisichella è diventato per molti milioni di italiani il volto della Chiesa. Più di Bagnasco, di Bertone, e forse dello stesso pontefice. Non nel senso di uno scavalcamento di ruoli – ché poi i ruoli nella complessa piramide vaticana chi li capisce davvero? - ma nel senso di essere colui che ha dato una faccia, delle parole, e, soprattutto, delle emozioni, ad alcune delle più terribili accuse rivolte alla Chiesa. Ha difeso questa sua Chiesa, ha ascoltato paziente, e, soprattutto, si è lasciato attraversare, con ombre lunghe materializzate sul volto, dalla vergogna e dalla pietà ascoltando una donna abusata, per quindici dei migliori anni della sua vita, da un uomo che si riparava dietro un mantello clericale. Che ad ascoltare quella donna fosse lì il consultore della Congregazione per la dottrina della fede; il membro della Congregazione delle cause dei santi, nonché rettore della Pontificia università lateranense, e cappellano di Montecitorio aveva certo del surreale. Come abbia fatto un tale rappresentante dell’establishment ecclesiastico a rimanere così impelagato nel confronto con i laici, è forse una sorta di imprevedibile risultato più che di un progetto. Forza della televisione, che ha fame di idee; obbligo della responsabilità che ha sempre bisogno di uomini incrollabili. Certo è che monsignore ha lentamente scavato nella attenzione dei laici. stato lui, la domenica delle Palme 2007, al picco della tensione sui Dico, ad accettare un altro invito di una rete ”laica”, Raitre, per sostenere ragioni difficili da sostenere. In quella trasmissione, in cui pure invitò i cattolici a non votare leggi contro le loro idee, pure riconobbe i diritti ”civili” per i gay. Proponendo un così inedito mix di rigidità e consapevolezza. Come del resto fece anni fa, nel duemila, quando Giovanni Paolo II celebrò il Giubileo facendo mea culpa sulla Inquisizione, e al teologo Fisichella toccò spiegare il cambiamento: ”Noi, uomini di Chiesa, vogliamo essere capaci di chiedere perdono non per la Chiesa, ma per quello che gli uomini di Chiesa hanno fatto quando non sono stati capaci di testimoniare il Vangelo fino in fondo”, disse allora. Che è poi quello che ha detto di nuovo oggi, chiedendo di fatto scusa per i preti pedofili. Da questi incontri non esce indenne - a molte cose non riesce a rispondere per un laico. Ma ha ugualmente aperto una pagina nuova nel rapporto fra Chiesa e informazione (se non fra fede e laicità) accettando, lui, così alto in grado in quella santa piramide, di venire a sentire: un gesto di umiltà – l’ascolto - sempre più raro. Il Vaticano poteva mandare un prete di campagna, o un trinariciuto fedele: è arrivato un uomo frigido ma sincero, che con la sua semplice accettazione ha fatto omaggio alle ragioni del giornalismo. Anche di quelle che non si condividono e si considerano nemiche. Una lezione per i molti politici, di qualunque affiliazione, che questo stile hanno dimenticato o forse mai imparato» (Lucia Annunziata, ”La Stampa” 2/6/2007).