Varie, 25 agosto 2005
FARINA
FARINA Renato Desio (Milano) 10 novembre 1954. Giornalista. Politico. Nel 2008 eletto alla Camera col Pdl • « tutta la vita che vive all’ombra di Vittorio Feltri [...] Eppure Renato Farina è un bravo giornalista, è un prezzemolino in televisione, è famosissimo in ambienti cattolici, amico di persone importanti come Giulio Andreotti dopo esserlo stato di Craxi e di don Giussani. Aveva una certa consuetudine perfino con papa Wojtyla e usa passare la sera di Natale con Silvio Berlusconi. Ma non ha mai fatto il grande salto. [...] ”Le scelte importanti della mia vita sono sempre state affettive. D’altra parte non mi vuole nessuno. Fingono tutti di volermi. Verresti? Faresti? Ma non si concretizza mai nulla [...] io voglio bene a Berlusconi. C’è un rapporto di amicizia. C’è una certa confidenza. [...] Tutti i Natali ci vediamo per farci gli auguri. E io gli porto un microregalo. [...] Berlusconi è veramente eccezionale. La sua forza è che ti fa sentire pari a lui. Non è né arrogante né finto umile [...] Io non sparo dove vuole Berlusconi [...] Sono nato a Desio. Il paese di Gianni Locatelli, ex presidente della Rai. Sulle cui ginocchia sono cresciuto. Gianni era ritenuto il genio assoluto di Desio. C’è anche una leggenda: lui come genio del paese era stato scelto per partecipare a Campanile Sera una trasmissione in cui si scontravano vari paesi d’Italia. Ci portò alla sconfitta. Quando gli chiesero chi aveva detto ”Non di solo pane vive l’uomo’ lui rispose Dante invece che Gesù. Dopodiché non si fece vedere a Desio per giorni [...] Andavo all’oratorio dove si era anticomunisti anche senza bisogno di dirselo. Ricordo che cantavamo le versioni strampalate di Bandiera Rossa. Tipo ”Bandiera rossa la trionferà nei cessi pubblici della città’ [...] Mi alzavo alle cinque per studiare. Il pomeriggio salto in lungo e basket. Poi scrivevo canzoni d’amore [...] Avevo un grandissimo amico, Gianfranco, molto colto, grandi ideali, di sinistra, Avanguardia Operaia. Io, per simpatia, aprii gli occhi sul Vietnam, sulle lotte operaie, sui comunisti. Un trauma. Anni di lacerazione. Di qua la certezza cristiana che non si deve usare mai la violenza, di là l’insegnamento di leader meravigliosi, Che Guevara, Camilo Torres, Fidel Castro. Imparai le poesie di Ho Chi Minh. Credo di essere l’unico in Italia a saperle a memoria [...] Un giorno uno dei nostri tirò fuori delle spranghe di gomma. Disse: ”Sono le migliori perché non lasciano segni’. Capii che tutto si reggeva sulla menzogna. Il mio amico di sinistra, Gianfranco, era entrato in Comunione e Liberazione. Andai con lui. Poi lui diventò il capo del Pci di Desio. Io rimasi in Cl, era diventata la mia vita [...] Ho cominciato in un giornaletto, Solidarietà, che dava voce alla gente di Seveso ai tempi della diossina. Da lì nacque il Sabato. Chi lo finanziava? Berlusconi nei primi anni. Me lo ha ricordato anche in Sardegna. In origine voleva fare un grande settimanale con titolo ”Il Paese”. Ma Montanelli ed altri del ”Giornale” dissero che era un’impresa fasulla. Allora Berlusconi consentì che partissimo noi, anche se con pochissime risorse. Fu un’esperienza straordinaria che durò 15 anni [...] Detesto Belpietro e Gigi Moncalvo quando dicono che ho le mani sudate e unte. Che ne sanno loro? Gli ho mai dato la manina? Si confondono con i loro capi [...] Moncalvo ha scritto che sembro un abate sudaticcio. Ma poi mi spiegò che glielo impose Bossi perché avevo preso in giro il nome dei suoi figli. Quindi lo perdono [...] Io non ho mai fatto finta di essere un giornalista asettico. Io mi identificavo con la Pivetti. Ma è durata solo tre mesi. Ci furono colleghi che cercarono di abbattermi [...] Io scrivo moltissimo. Feltri dice che sono bulimico. Sono un cottimista brianzolo. L’unica mia pregiudiziale ideologia è la disoccupazione [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Corriere della Sera Magazine” 18/8/2005).