Giornale di Brescia 23/08/2005, pag.6 Pierpaolo Prati, 23 agosto 2005
Delitto di Brescia 23/08/2005 - 3
Gatti dal carcere: «Sono innocente, ho un alibi». Giornale di Brescia 23/08/2005. «Sono innocente, mi vogliono incastrare». Guglielmo Gatti, il «nipote del piano di sopra», in carcere dallo scorso mercoledì con l’accusa di aver ammazzato gli zii Aldo e Luisa Donegani, di averli sezionati con delle cesoie e di aver occultato i resti dei loro cadaveri nei dirupi della strada che conduce al passo del Vivione, reagisce «battagliero». Nonostante le prove lo mettano con le spalle al muro. L’uomo legge e rilegge l’ordinanza di custodia cautelare, ripete più volte la sua estraneità ai fatti che la Procura gli addebita senza tentennamenti. «HO UN ALIBI» A colloquio con il suo legale, il 41enne in isolamento da cinque giorni a Canton Mombello, fornisce circostanze e dettagli che costituirebbero il suo alibi. «Respinge con fermezza le accuse che gli sono mosse - dice l’avvocato dopo essersi lasciato alle spalle il carcere cittadino - e fornisce elementi che vanno verificati. Elementi che andrebbero valutati direttamente dalla Procura e che, così non dovesse essere, saranno oggetto delle investigazioni della difesa». «MAI DORMITO A BRENO» Nella fattispecie l’indiziato numero uno ha riferito al suo difensore i reali spostamenti negando due circostanze chiave: di aver pernottato nell’albergo a Breno la notte del 31 luglio (quella successiva alla scomparsa dei Donegani) e nemmeno di aver avuto sulla strada del passo del Vivione un incontro ravvicinato con il ragazzino che poi lo riconoscerà. GARAGE E DINTORNI La prova che più di tutte pesa sul suo conto - quelle macchie di sangue evidenziate dal Luminol nel suo garage - è anche quella che lo sorprende di più. «Sono risultati di perizie tecnico scientifiche - ha detto l’avvocato Broli - e andranno verificati anche dalla difesa e dai suoi consulenti. Senza attendere il verdetto delle perizie una cosa si chiede il mio assistito e me lo chiedo anch’io: com’è possibile che quelle macchie siano saltate fuori così tardi. Quel garage è stato aperto per venti giorni, c’è stata la polizia scientifica ed è stato visitato più volte dagli investigatori che si sono occupati del caso». Altre incongruenze vengono in mente al legale: a partire dalle testimonianze rese da una vicina di casa dei Donegani. «Domenica sera - ha spiegato Luca Broli - sono stato a fare un sopralluogo in via Ugolini: ho guardato la disposizione delle case e...». Il dubbio si materializza sul volto dell’avvocato, che sul punto non va oltre. Lascia puntini di sospensione che spiegano più di qualsiasi altra parola. «LAVOREREMO SUI TESTIMONI» Nel corso delle due ore del colloquio, il primo dal giorno della sua carcerazione, Gatti ha riferito al suo avvocato altri elementi che potrebbero alleggerire la sua posizione. A cominciare dalle testimonianze. «Il mio assistito riferisce di essere stato visto da alcune persone, testimoni sui quali dovremo lavorare». L’uomo non ha detto chi siano i suoi ipotetici «salvatori», ma per il suo legale «sono facilmente rintracciabili». CHI HA LE CHIAVI? Rintracciabili come le persone che sarebbero in possesso delle chiavi della palazzina di via Ugolini. «Gatti mi ha detto - ha proseguito Broli - che sono una pluralità. Non ha aggiunto altro, ma anche in questo non sarà difficile scoprire le loro identità». Ricerche e valutazioni che l’avvocato effettuerà nei prossimi sette giorni, gli ultimi utili per preparare l’istanza di scarcerazione del suo assistito e sottoporla alla valutazione del tribunale del riesame. I PARENTI Attorno alle 15 nello studio dell’avvocato Broli si presentano i parenti di Guglielmo Gatti: zii e cugini, in tutto cinque persone. «Lo conosco da vent’anni - dice il cugino Pietro - ma l’ho visto in tre sole occasioni: a tre funerali per la precisione. A lui stava bene così...». Per conoscerlo meglio è servita una tragedia. «Ho avuto più notizie di lui dai giornali in questi venti giorni - prosegue il cugino dell’accusato - che in tutto in resto della mia vita». Due ore dopo essere entrati nello studio i cinque escono «scortati» dallo stesso avvocato. La parola torna proprio a lui. «Mi sembrava doveroso incontrarli - spiega Broli - per poter parlare di questioni importanti sia per me che per loro. Abbiamo discusso del carattere e della personalità del mio assistito, non siamo entrati nel dettaglio dei fatti che gli sono addebitati». Accuse alle quali i parenti di Guglielmo Gatti non credono. «Sono convinti della sua estraneità», taglia corto l’avvocato Broli. A contare però, e l’avvocato lo sa bene, sono ben altre convinzioni. Pierpaolo Prati