Giornale di Brescia 21/08/2005, pag.11 Marco Bonari, 21 agosto 2005
Delitto di Brescia 21/08/2005 - 2
L’allucinante viaggio da via Ugolini al Vivione. Giornale di Brescia 21/08/2005. Sulla ricostruzione del duplice delitto e soprattutto delle successive fasi criminali (per capirci dal fare a pezzi i cadaveri al gettarli nel bosco, a cento chilometri scarsi da Brescia) gli investigatori non si sbilanciano. Evidentemente per non compromettere il prosieguo dell’inchiesta e perché qualche tassello ancora manca. Ma l’assassino ha disseminato tracce, ha lasciato la sua firma, in Valcamonica, parola di investigatori. E poi c’è tutta una serie di ipotesi che, col trascorrere delle ore, potrebbe trovare conferme (o smentite). SABATO 30 LUGLIO Il cronometro di questa storiaccia scatta sabato 30 luglio, perché è quello l’ultimo giorno in cui sono stati visti i Donegani. Aldo e Luisa vengono inghiottiti dal silenzio attorno all’ora di pranzo; in mattinata c’è infatti chi li incontra in via Ugolini e chi a far compere tra la macelleria, la panetteria e il supermercatino di Sant’Anna. Poi, apparentemente, più nulla, non un segno di vita. Facile quindi credere che la morte risalga quanto meno al pomeriggio, proprio nella loro villetta. L’assassino ha quindi già colpito (ma come? è questo uno dei più grandi misteri) e si accinge ad ingranare la quinta nel suo piano criminale. Ma c’è premeditazione? I cadaveri vengono trascinati nel garage, sempre che nella stessa autorimessa non sia stato consumato l’omicidio vero e proprio. Nel box avviene la mattanza, perché il sangue parla chiaro. Macabra operazione chirurgica - dietro si cela apparentemente una mano fredda, ferma, quasi «esperta» - che richiede senz’altro del tempo. E non poco. Ma tra quell’agghiacciante lavoro e il decesso potrebbero essere trascorse anche poche ore, come confermerebbe non tanto l’autopsia quanto gli accertamenti dei carabinieri del Ris. Quel che è certo è che il carnefice ha utilizzato quelle due cesoie per depezzare i corpi. E solo quelle due lame, null’altro. Già, perché anche secondo i Ris quelle grosse «forbici» sono state sufficiente a compiere quello scempio. DUE VIAGGI IN VALLE Ma poi Guglielmo Gatti si lascia alle spalle la villetta e pure i cadaveri dei due zii. Sale in Valcamonica: gli inquirenti sospettano per effettuare un sopralluogo, per individuare un posto sicuro in cui gettare i resti dei Donegani, nel tentativo di farli sparire per sempre. Il fatto che alle 3 di notte, di quel sabato, Guglielmo Gatti sia a Breno, la dice lunga. Non sembra esserci alcun dubbio sul suo pernottamento all’hotel «Giardino», a poco più di venti chilometri da quello che poi si scoprirà essere il bosco dell’orrore. Il rientro in città risale a domenica. Perché la stessa sera pare che una vicina di casa adocchi Guglielmo Gatti nella villetta di via Ugolini, o meglio nel suo garage... la luce rimane accesa per ore. Il secondo viaggio in Valle? Il lunedì, in quelle cinque o sei ore in cui Guglielmo Gatti non ha un alibi. Ed è il giorno in cui, con certezza per l’accusa, l’uomo sale nella Valle di Paisco. Non lontano dal dirupo che quindici giorni dopo restituirà i resti umani dei suoi anziani zii, viene notato da un ragazzino e da suo padre. Viene riconosciuto, così come la sua Fiat Punto - di colore blu, a quattro porte - che, scendendo celermente dal Vivione, rischia di cozzare contro l’auto della famigliola. Ma poi sembra spuntare anche un altro testimone... circostanza questa su cui gli inquirenti mantengono le bocche ben cucite. La presenza in Valcamonica in quelle ore del sospettato numero uno viene certificata anche dai tabulati telefonici. O meglio dal sistema di ricezione dei cellulari. IL RITORNO IN CITT Il ritorno a Brescia, in via Ugolini, di Guglielmo Gatti risale alle 17, o meglio pochi minuti dopo. Quando incrocia Luciano De Leo, nipote di Luisa, arrivato dalla Marche in mattinata. L’uomo - un appuntato dei carabinieri - da ore sta cercando gli zii. E forse proprio l’arrivo di Luciano De Leo o meglio la notizia - appresa dal Gatti poche ore prima - che avrebbe dovuto trascorrere una vacanza con i coniugi Donegani, manda in tilt il piano dell’assassino. Il quale, in fretta e furia, fa sparire i corpi martoriati commettendo una serie di errori, lasciando dietro di sé una scia di tracce che poi, secondo gli investigatori, si sono rivelate fondamentali. Ma questa è solo un’ipotesi, nulla di più, su cui comunque i carabinieri del Reparto operativo e della Compagnia di Brescia stanno lavorando. Ipotesi che tuttavia non incidono sull’impianto accusatorio. TRACCE CANCELLATE Nella cronologia del duplice omicidio occorre poi individuare il momento dell’occultamento delle tracce. Perché l’assassino ha lavato per bene il pavimento del garage (ne sono convinti i Ris), ma non è bastato. Lavaggi pare ripetuti nel tempo, evidentemente nella speranza di riuscire a cancellare, per sempre, qualsiasi macchia di sangue. Ma poi l’omicida ha fatto sparire anche i vestiti e i preziosi che i Donegani indossavano quel giorno. E chissà dove sono finiti. Ma a quando risale questa operazione di occultamento? Sembra abbastanza chiaro che la mano criminale abbia denudato i corpi subito dopo la morte, o comunque prima di afferrare quelle cesoie. Gli indumenti avrebbero reso più difficoltosa la macabra operazione e qualora gettati con i resti umani avrebbero potuto facilitarne l’identificazione, oltre al fatto che vestiti o loro brandelli intrisi di sangue avrebbero potuto disseminare ulteriori tracce compromettenti nel garage o in casa. Sono svaniti nel nulla, e la speranza di ritrovarli sembra affievolirsi sempre più. Marco Bonari