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 2005  agosto 20 Sabato calendario

Delitto di Brescia 20/08/2005 - 9

La tragedia torna negli incubi. Giornale di Brescia 20/08/2005. Almeno il caldo non si aggiunge all’inquietudine e i Campiani mandano sotto, a via Ugolini, bave di ossigeno. «Ho chiesto alla signora di fronte: anche lei non dorme. Mi ha riferito che anche l’altra signora non dorme». All’edicola e dal fruttivendolo, al bar e al ristorantino due strade sopra, parallelamente a via Ugolini, ormai occupato dalla stampa nazionale, all’ombra del cappellone satellitare della Sky, ci si rincuora nello scoprirsi insonni. Ci si racconta la salita della notte per resistere al giorno e sentirsi ugualmente fragili davanti alla violenza. «Non ho dormito. Come è possibile dormire, pensando che lì dentro è scomparso tutto?». Lì dentro è la casa numero 13 e numero 15, di Aldo e Luisa Donegani, di Guglielmo Gatti. Il sonno si trasforma in incubo, dicono soprattutto le donne, indicando le mutilazioni. Ricordando su tutto i sorrisi e gli sguardi di Aldo e Luisa Donegani separati dal corpo e separati dai loro incontri. Una signora racconta un incubo che diventa il simbolo dell’angoscia, il timbro di un tormento. «Eravamo davanti alla bara della povera Luisa Donegani. C’era molta gente nella sua casa. Vicino avevo i miei figli e alcuni dei miei cari già defunti da tempo. Luisa era graziosa, come in vita, rilassata. Era composta in tutto il suo corpo e la mia serenità nel pregarla era ancora maggiore, scoprendo che la testa era stata trovata. Vedete - dicevo ai miei figli - non è vero che il suo corpo e il corpo di Aldo Donegani sono stati fatti a pezzi. Sono morti, ma sono intatti. Sono morti e basta. A quel punto mi sono svegliata in un bagno di sudore, mi mancava il fiato, ero terrorizzata. Il mattino non era lontano. Mi sono alzata ed ho atteso che facesse chiaro». Ciò che si rimuove durante il giorno, le notizie accumulate dai giornali e dai telegiornali, dalle interviste e dagli incontri sequestrati dall’unica idea circolante, si trasformano in insonnia, in incubi, in risvegli agitati. Quanto è domabile nel giorno, si ribella di notte. C’è una disperazione, anzi la rinuncia alla resa della bestialità, che si fonda, principalmente, sull’allucinazione di teste perse nel bosco. lo sfregio allo sfregio in una spirale comparsa nei lager, sui filmati delle esecuzioni del terrore, quando la storia scende in basso, fino al girone dell’oscuramento pesto della coscienza. Non si dormiva nel lager e questa è una notte vicini con la mente e lontani fisicamente dalla baracca del lager. Dev’essere da qualche parte, dicono i bresciani di via Ugolini, dev’essere vicino al posto del ritrovamento dei resti dei Donegani, la baracca del lager in cui l’assassino ha espresso una brutalità che pure la cronaca dice di appartenere all’uomo e che ci rfiutiamo di credere gli appartenga. L’assassino è un nostro vicino, l’assassino che ha fatto a pezzi i corpi di due persone è stato cresciuto da un padre e da una madre, ha letto e scritto sulle pagine di carta e ha frequentato le aule di ognuno di noi. Cosa accade, ad un punto, perchè si scatenano i demoni? In queste ore, la morte normale in un letto di casa, si legge come un dono, quand’essa dovrà venire. E la voglia di silenzio avanzante nella comunità bresciana, al di là della curiosità sulle ultime modalità, sugli ultimi perchè, è la ribellione alle parole inutili. Accade che il silenzio dei fedeli alla vita duelli con il silenzio di chi ha tradito la vita, l’ha colpita alle spalle, l’ha fatta a pezzi. Solo che da adesso, come si è dimostrato ieri sera nelle preghiere del tempio del quartiere, nelle preghiere delle case, nelle preghiere a due santelle viste verso la Cellatica di questi Campiani, il valore del silenzio dei fedeli alla vita produce conforto e il silenzio dei traditori della vita si gonfia nella testa e rischia di esplodere in una metastasi di colpe, in una dichiarazione inginocchiata non lontana. Che si spera non lontana. Tonino Zana