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 2005  agosto 20 Sabato calendario

Delitto di Brescia 20/08/2005 - 4

Quella notte Gatti dormì a Breno. Giornale di Brescia 20/08/2005. Guglielmo Gatti in un albergo di Breno, nella notte tra sabato 30 e domenica 31 luglio. Una presenza che, qualora confermata, complicherebbe - e non poco - la posizione dell’indagato. Proprio nel 41enne di Brescia, infatti, sarebbe stato riconosciuto quel misterioso cliente presentatosi, da solo, alle tre di notte all’hotel «Giardino». L’uomo avrebbe chiesto ospitalità, affittando una camera che già oggi i Ris dovrebbero passare alla lente d’ingrandimento. Ovviamente sul fatto tanto gli inquirenti quanto i gestori della struttura ricettiva tengono le bocche ben cucite. E la «pista camuna» continua a riservare svolte. Il bosco degli orrori viene infatti rivoltato come un guanto. Perché al macabro appello mancano ancora le teste dei coniugi Donegani e il busto di Luisa De Leo. E questo è un vero giallo, di quelli che ti lascia con il fiato sospeso. Ma poi quella valletta potrebbe nascondere altro... l’arma del delitto, strumenti (oltre alle due cesoie già finite nelle mani degli inquirenti) che in qualche modo possono aver avuto un ruolo in quell’occultamento da film dell’horror, tracce di sangue, segni di quel terribile sezionamento da macellaio, orme dell’assassino, indizi ritenuti schiaccianti. Insomma, elementi che consentano di chiudere il cerchio, di rimpolpare il castello accusatorio. E di stabilire se quel lembo di montagna conteso tra la Valcamonica e la Val di Scalve, o meglio quel canalone sia da ritenersi non solo il «cimitero della follia» ma qualcosa di più. Magari il quadrilatero del duplice omicidio e del successivo, agghiacciante depezzamento dei corpi. Otto, nove ore di ricerche - prima dell’arrivo della pioggia - ieri hanno «fruttato» degli elementi. Campioni e tracce sono stati raccolti dai carabinieri del Ris di Parma - coordinati dallo stesso comandante, dal colonnello Luciano Garofano - che hanno passato alla lente d’ingrandimento non solo il burrone degli orrori ma pure lo sterrato in cui sono state recuperate - mercoledì mattina - le borsette di plastica con la spesa dei coniugi Donegani e il bosco dove sono «spuntate» le due cesoie. Nel burrone sono stati raccolti quattro sacchetti di reperti. Pare si tratti di zolle di terra, lattine, bottigliette di plastica, ciuffi d’erba... tutti oggetti da passare al microscopio alla ricerca di tracce di sangue e impronte digitali. Evidentemente una bella fetta della partita investigativa si gioca nella valle di Paisco, perché l’assassino là potrebbe aver seminato tracce, indizi sulla scia di quella allucinante mattanza. E proprio fra quei boschi di betulle, larici e rododendri - fra i 1.400 e i 1.600 metri di quota - potrebbe essere stato consumato l’efferato omicidio. Forse a più riprese, in tempi diversi fra quel sabato 30 luglio e la successiva domenica... in quelle ore in cui l’assassino è salito quanto meno lassù, sul costone già in territorio di Schilpario per sbarazzarsi dei corpi martoriati dei Donegani. Ma torniamo alle ricerche. Gli investigatori - con la preziosa collaborazione degli uomini del Soccorso alpino, della Protezione civile e del Corpo forestale dello Stato - hanno quindi setacciato quelle pendici, nel raggio di un chilometro e più, partendo proprio dai luoghi in cui, nelle scorse ore, sono stati trovati gli otto sacchi neri con i resti umani e le famigerate cesoie. In realtà gli occhi delle squadre di ricerca - entrate in azione alle 6.30, forti di 50 operatori e unità cinofile - si sono allungati anche in altre zone piuttosto impervie sempre lungo la valletta del Sellero e in prossimità della strada che dal fondo valle, da Forno d’Allione, sale al passo del Vivione, «sfondando» in territorio orobico. Non dimenticando il torrente Allione. Ma altri resti umani non sono «spuntati». E a questo punto s’avvolge nel mistero l’assenza delle due teste e del busto di Luisa De Leo. Sostanzialmente due sono le ipotesi credibili che ruotano attorno al mancato ritrovamento, partendo dal presupposto che quel canalone è stato scandagliato da cima a fondo, dalla striscia d’asfalto fino ai piedi, per una profondità di oltre 300 metri. Prima pista: quei resti umani sono stati trascinati lontano da animali selvatici. Seconda: l’assassino li ha scaraventati altrove. Ma dove? Sempre tra quei monti? E soprattutto per-ché? Forse per rendere ancor più complessa l’identificazione, qualora fossero stati trovati quei resti. Pista che troverebbe una mezza conferma nel fatto che anche i vestiti e ogni prezioso (anelli, catenine, orologi...) che i coniugi Donegani indossavano al momento della sparizione sembrano svaniti nel nulla. Scaraventati chissà dove.