Giornale di Brescia 19/08/2005, pag.10 Tonino Zana, 19 agosto 2005
Delitto
La tragedia diventa «il giallo della spiaggia». Giornale di Brescia 19/08/2005. «Guarda che qui, in spiaggia, tutti stanno leggendo la storiaccia». Alle 11 di ieri, il nostro fotografo in ferie, ci raccontava che una spiaggia dell’Elba era diventata il prolungamento di via Ugolini. In verità, sbagliava. Via Ugolini, alla stessa ora, era tutta un silenzio, uno stare raccolti in casa, agghiacciati da due morti del genere. Via Ugolini era un deserto esterno con oasi interne di pietà. La spiaggia, invece, era la conversazione intorno all’efferatezza del crimine, alla personalità dell’indagato, alla meccanica dell’assassinio, al tragitto del calvario dei Donegani. All’attesa per la seconda puntata. Sulla spiaggia dell’Elba, ieri non si conosceva la delicatezza dei bresciani di via Ugolini e si leggevano titoli del tipo, "il massacro di Brescia", "il mostro di Brescia", quasi fosse stata una città, una città e una provincia a macchiarsi del sangue delle due povere persone bresciane. Certo, non è così, ma la sveltezza del "gridato" va arginata, altrimenti il rischio è che Leno diventi il paese della cascina Ermengarda, via Ugolini la via dei coniugi fatti a pezzi e non, su tutto, la via delle cento lavoratrici e dei cento lavoratori cresciuti a pane e fatica per costruirsi un dignitoso spazio vitale. «Mai letto tanto, in spiaggia. Quei cinque o sei, là in fondo, sono un gruppo e discutono su come sia riuscita, una persona sola, a mettere in campo energie nervose e fisiche per un massacro di tipo tribale». Sarà meglio confermare a noi stessi, per evitare potenziali fesserie riguardo a fantomatici rapporti tra città e delitti, che non esiste una geografia del crimine, una mappa dell’amore e dell’odio, dei malfattori e dei benefattori. Oggi l’omologazione al peggio prevale sulla gara al meglio. decadenza generale, ma sarà importante affiancare alle mostruosità umane le santità umane. Mentre qualcuno uccide in quel modo, cento volontari del quartiere in cui si trova via Ugolini salvano vite umane, spengono il fuoco, portano in salvo delle persone. Mentre qualcuno faceva a pezzi due povere aninme, cento uomini della Forestale, della Protezione Civile, passavano centimetro per centimetro i boschi impervi della valle, un uomo dragava il lago d’Iseo, nelle chiese pregavano i bambini e i nonni, spalmando il dolore, dose per dose, consegnando porzioni eque nelle dimore bresciane. Potremmo dire che ci siamo ridotti ad essere migliori nel recuperare i morti piuttosto che a prevenire gli odii. Ma c’è in giro qualcuno, che in buona coscienza, possa pure sommessamente avanzare che si poteva predire e quindi prevenire una morte di tale caratura maligna, di tale strategia sanguinaria? I disastri accadono ovunque, non è indispensabile appellarsi alla globalizzazione per convincerci che i disegni diabolici spuntano dappertutto, a Novi Ligure, a Palermo, a Cogne, a Mosca e a New York. Non c’è occidente e oriente che si possano chiamare fuori, nord o sud. C’è un diffuso calo di amore e un montare di odio e di indifferenza al valore della vita. Perciò la morte violenta fa meno scandalo, passa nei congegni della memoria e si deposita. La morte è più liquida, "potabile", meno solida di un tempo. temuta di meno, la morte dell’altro, e si cresce d’angoscia, la propria morte. Sulle spiagge, il delitto dell’estate si riferisce alla dinamica della tragedia: al movente, all’arma del delitto, alle modalità, ai gesti della soppressione, a quanti tremori e a quanto cinismo. A proposto, perchè non è comparso un collasso, un umanissimo collasso? C’è un antidoto, una droga al mancato collasso dell’assassino? Perchè non è comparso un collasso che fermasse la mano dell’assassino oltre il silenzio dell’ultimo palpito? Ai nostri giorni si sta scoprendo uno stacco troppo veloce dai morti, i Donegani vengono seppelliti troppo presto, anche quando i loro stessi corpi debbono incominciare a parlare, a indicare l’omicida, a mostrare le impronte, a dettare la morale che nessuna la fa franca e il delitto perfetto è una paranoia condannata all’ergastolo. La pietà, tramite i suoi sostenitori, chieda più colonne in pagina, perimetri tutte le domande dell’enigma. Ma l’enigma non soffochi la pietà e i Donegani rimangano "vivi" nelle parole lunghe del commiato. E oltre. Tonino Zana