Giornale di Brescia 18/08/2005, pag.7 Tonino Zana, 18 agosto 2005
Delitto di Brescia 18/08/2005 - 7
«Impossibile ridurre così delle persone». Giornale di Brescia 18/08/2005. Ferruccio Franceschini da 4 giorni è al mare. Avrà saputo dai telegiornali dell’albergo, la morte che è toccata ai due amici. «Non ce la faceva - dice una vicina -, non riusciva ad accettare che fossero scomparsi ed ha pensato di cambiare aria». Agostino Ghidetti, l’amico intimo di Luisa e Aldo, ha gli occhi lustri. Ci ospita nel suo orto, offre l’acqua del mattino: «Mi hanno chiamato gli albergatori del "Beaurivage" di San Benedetto del Tronto. Aldo e Luisa andavano lì da quasi 20 anni. Non riescono a capire chi abbia potuto odiarli fino al punto di ucciderli. Di ucciderli a tagliarli a pezzi». Pensate a via Ugolini, a questa nostra via bresciana, dove tutto fila liscio come l’olio, una via di paese che si trova a registrare per una ventina di giorni una scomparsa inquietante e quando uno spiraglio di speranza appare all’orizzonte a causa di una confidenza utopistica di Aldo e Luisa ad un vicino di casa, in cui dicevano più o meno «ci piacerebbe sparire, un giorno per vedere la faccia che fanno», il primo giorno dopo la festa, del riposo laicamente sacro di Ferragosto, in cui nulla dovrebbe accadere ancora per una settimana, ecco piombare, al centro del cuore, come un caccia in picchiata, una notiziaccia del genere, con tanto di Landru paracadutato o una specie di mostro di Londra infiltrato in una terra buona. Pesa enormemente la notiziaccia di una morte in un bosco trasformato in macello, di corpi uccisi, spogliati, tagliati. I pensieri sulla tecnica della tragedia aiutano a sopportare la sofferenza, distanziano le emozioni, le congelano in ipotesi. Adesso, il momento della pietà è spostato nei giorni che verranno, ora c’è la responsabilità pesante di scavare alla ricerca del movente e insieme del modo dell’assassinio. Il tentativo maggiore è di acquetarsi, puntando sulla pazzia di una persona, altrimenti ognuno, si dice in via Ugolini, potrebbe nascondere nel ventre, un posto da cui scaturiscono efferatezze animali. Difficile credere ad un raptus di follia, dice un vicino. Un raptus è un rapimento di un istante, di pochi secondi. Aldo e Luisa Donegani hanno subito violenze accanite per un tempo che affoga ogni possibile raptus. A meno di pensare a una mente malata, che cerca di placare un odio illeggibile nella lunghezza del patimento altrui. L’odio fine a se stesso, l’odio ricavato da una mente psicolabile, può essere il principio del movente? Un gruppo di via Ugolini pensa a una somma di moventi, a più persone coinvolte nell’omicidio. L’odio, i danari, magari il sesso. La fantasia lavora di fino per domare l’attacco al display della mente, che annuncia un file con su scritto «il sangue di due amici sparso su una montagna lontana». «Per me - spiega un vicino di casa - qualcuno ha mandato dei killer». Ma appena deve presentare il perchè, il vicino di casa scuote la testa e spiega che in questi tempi non c’è bisogno nemmeno di un perchè. Non basta. Basta appena ad allontanare una scena emozionalmente intollerabile. Anche in tempo di guerra, ragionano la maestra Domenica Tisi e sua figlia, la prof. Federica, un corpo è inviolabile: «Eravamo addolorati alla notizia del ritrovamento. Ma nello stesso tempo sollevati. Almeno, ci siamo detti subito, potremo onorarli con le preghiere, porteremo dei fiori al camposanto. Poi abbiamo sentito dell’oltraggio dei corpi. Non riusciamo a crederci». Anche se la pietà della gente di via Ugolini sorpassa la malignità dell’assassino, questa strada sarà per qualche tempo un sepolcro preannunciato, ricavato a quel primo piano fermato dai sigilli degli inquirenti, dal puntamento delle telecamere, dalle vibrazioni dell’attesa. C’è un’operazione doppia e simultanea da compiere: non scordare la fine martoriata dei Donegani e tornare a vivere normalmente, sapendo che non sono i muri e i nomi delle strade ad avere colpa di morti terrificanti, sono le persone che ci passano vicino. Tonino Zana