Giornale di Brescia 18/08/2005, pag.6 Marco Bonari, 18 agosto 2005
Delitto di Brescia 18/08/2005 - 2
Uccisi e fatti a pezzi la scarpata restituisce l’orrore. Giornale di Brescia 18/08/2005. Orrore. Uccisi, fatti a pezzi, infilati in sacchetti di plastica e scaraventati in un dirupo, a cento chilometri scarsi da Brescia. I resti di Aldo Donegani e Luisa De Leo - i due coniugi di Sant’Anna scomparsi da casa il 30 luglio scorso - «spuntano» tra le pietraie e i boschi di larici del passo del Vivione, in quel lembo di terra - a 1.600 metri - tra la Valcamonica e l’orobica Val di Scalve. Il canalone degli orrori è lassù. E il giallo - di quelli con la gi maiuscola - dei Donegani si «risolve» attorno a quei sacchi neri dell’immondizia che hanno del macabro, dell’agghiacciante. A quei cadaveri barbaramente mutilati, a quei resti umani disseminati in un raggio di 150 metri, in quel triangolo di montagna all’ombra della striscia d’asfalto che, ormai in terra bergamasca, scende a Schilpario. Il cerchio si chiude nella soleggiata mattinata. Perché quel che rimane dei due corpi - all’appello mancano ancora le due teste e il busto della donna - è già sotto gli occhi degli investigatori bresciani, a fronte di quella zona impervia passata alla lente d’ingrandimento, rivoltata come un guanto. E pure la presunta arma del delitto - un paio di cesoie, grosse forbici solitamente utilizzate per il giardinaggio - viene restituita dal bosco, un chilometro più sotto, lungo i tornanti della provinciale 294 che s’infila, come un cuneo, lungo la valle di Paisco per poi attraversare la valletta del torrente Sellero. E c’è pure - scaraventata tra i rododendri - la borsa della spesa, quegli alimenti acquistati dai coniugi Donegani quel famigerato sabato mattina in città, in un supermercato non lontano dalla villetta di via Ugolini. Ma andiamo con ordine. Gli occhi sono puntati tutti su quella montagna, già da qualche giorno. Le ricerche scattano a buon ora: in pista gli uomini del Soccorso alpino, la Forestale, la Protezione civile con le unità cinofile. Sei le squadre che già alle 8 sono in azione nella parte alta della valle, sulla «testa» degli abitati di Paisco e Loveno, sul versante bergamasco. Il bosco, i suoi canaloni e le pareti rocciose sono divise in settori: è assolutamente necessario passarle palmo a palmo, senza tralasciare nulla. Perché la Procura di Brescia - in testa il procuratore capo Giancarlo Tarquini e il pm Paola Reggiani - vogliono vederci chiaro e capire quindi se la pista camuna è quella giusta. Alle 9, minuto più, minuto meno, la svolta. Nella zona «d2» c’è qualcosa di strano, di tremendamente «significativo». Si respira un forte olezzo e involucri neri - da lontano parrebbero grosse pietre adagiate sulla lingua del dirupo - saltano ben presto all’occhio. Lembi di plastica sventolano su alcuni rami, sotto la strada che sta per sparire dietro il passo del Vivione. Gli uomini del Soccorso alpino - coordinati da Valerio Zani - si calano e s’imbattono in un primo sacco da cui sembra spuntare un piede. Ma i sacchetti - per capirci si tratta di quelli comunemente utilizzati per i rifiuti - non si contano nemmeno tutti lungo un fronte di almeno 150 metri. Sono sette, otto. Contengono resti umani. Non c’è alcun dubbio. In realtà altri involucri neri vengono trovati vuoti, strappati... il loro orribile contenuto è finito più a valle. Catapultato laggiù dopo il volo dalla strada; già, perché gli inquirenti ipotizzano che i cadaveri dei coniugi Donegani siano stati gettati, una volta denudati e straziati, nel dirupo direttamente dalla provinciale. Ma poi in una grotta a monte del serpentone d’asfalto vengono addocchiati altri sacchetti di plastica... potrebbero essere «estranei» a quel feroce delitto. I carabinieri del Reparto operativo e della Scientifica sono già in strada... e c’è pure il Ris di Parma. Ma non finisce qui. Perché più a valle, lungo la striscia d’asfalto nei pressi del ponticello sul Sellero, «spuntano» un paio di cesoie, una con il manico blu, l’altra verde. Sono gli uomini del gruppo Soccorso Sebino - coordinati da Remo Bonetti - a recuperare le due lame tra il rigoglioso sottobosco: entrambe nuove, una apparentemente inutilizzata, l’altra invece con tracce scure. Forse sangue. l’arma del delitto? E mentre lassù il Soccorso alpino rastrella e recupera, a gran fatica, quei resti umani (è lo stesso procuratore Tarquini, attorno alle 13, ad autorizzare la rimozione dopo una ricognizione con l’elicottero della Forestale), non lontano la Protezione civile ritrova anche la borsa della spesa. Tutto fa pensare agli acquisti dei Donegani di sabato mattina a Brescia: lo scontrino fiscale parlerebbe chiaro, così come alcune confezioni di verdura con il bollino recante la data del 30 luglio. Per il macabro inventario è solo questione di ore, sotto gli occhi impietriti degli investigatori che si trovano di fronte ad un duplice omicidio in grande stile. Sull’appartenenza di quei resti umani alla coppia bresciana non sembra esserci alcun dubbio. Certo, mancano ancora le due teste, finite chissà dove, magari trascinate lontano dagli animali. Alle 14.40 i carri funebri con quel che rimane dei due corpi in avanzato stato di decomposizione (la morte potrebbe risalire a venti giorni fa) si lasciano alle spalle, frettolosamente, il borgo di Loveno. Destinazione? L’Istituto di medicina legale di Brescia. Dove l’autopsia dovrà fornire molte risposte: a quando il decesso? Come è stata ammazzata la coppia? Forse una pistolettata? E quale il ruolo delle cesoie in questa sequenza di sangue e orrore che fa accapponare la pelle? Marco Bonari