Giornale di Brescia 09/08/2005, pag.6 Tonino Zana, 9 agosto 2005
Delitto di Brescia 09/08/2005 - 3
Un quartiere sotto l’assedio mediatico. Giornale di Brescia 09/08/2005. In assenza del corpo, esiste la morte? Ci si mette a filosofare un po’ per stare dalla parte del sogno, per cancellare l’incubo, un po’ per dare corda alla narrazione del signor Franco, il quale sosteneva, ieri mattina, che Aldo e Luisa gli avevano confidato di aver voglia di sparire a Parigi, per una settimana, senza dire niente a nessuno. Lo diciamo tutti, una volta nella vita, come quando immaginiamo chi verrà al nostro funerale. E poi, a Parigi, Aldo Donegani ci aveva lavorato come disegnatore di macchine utensili e desiderava tornarci. Ogni tanto, guardi in fondo a via Ugolini, verso il terreno piatto prima dei Campiani, dove adesso - alle 2 del pomeriggio - i cani fiutano la zona alla ricerca della coppia e t’immagini che lei, la Luisa corre verso tutti, alza la mano e incomincia a salutare Ferruccio, in cima alla via, la maestra, a metà, girando in fondo e suonando, infine, nella via parallela, al campanello del super amico Agostino, con loro a San Benedetto del Tronto per tre quarti di luglio, con loro il venerdì, a mezzanotte, di ritorno da una festa all’aperto, prima che venisse il sabato della sparizione. Via Ugolini, popolare e bonaria, è sconvolta dalla nevrosi mediatica. La tensione è talmente elevata che basterebbe inventarsi una scarpa trovata al laghetto Fontanù, prosciugato sabato e visitato, ancora, ieri mattina, dal procuratore Tarquini; e noi giornalisti, tutti, piomberemmo al Fontanù come topi impazziti. Se qualcuno s’inventasse all’una e mezza, prima di andare in onda, che loro sono stati trovati al lago d’Idro, la nazione verrebbe a conoscere la fandonia che loro sono stati trovati al lago d’Idro, in diretta televisiva. Via Ugolini è diventata la metafora, la miniatura di una comunità nazionale saltata, credulona o sospettosa, buona o cattiva, innocentista o colpevolista ad ore alterne. Come le targhe. Nelle ore pari il tale è colpevole, nelle ore dispari è innocente. Ma di chi, di che cosa? Sia chiaro, parliamo di via Ugolini dopo che noi l’abbiamo invasa ed è accaduto ciò che non sappiamo esattamente sia accaduto. Addio Kafka. Questa parte di Brescia, oggi, potrebbe essere il rione de «Il Fu Mattia Pascal», il romanzo di Pirandello in cui il protagonista accetta di essere morto per dichiarazione degli altri. Intanto giriamo come impazziti intorno ad un’autoalimentazione di notizie usate e spesso finte, dimenticando il senso tragico dell’attesa, sopraffatti più dal giallo dell’estate che dalla pietà per le persone. Lui, il signor Guglielmo, il nipote del piano di sopra, è inguaiato da una curiosità morbosa e da un portamento e un comportamento letterario. Mai comparso tanto frequentemente come ora, rompendo nel momento meno opportuno il suo modo di stare al mondo, privatissimo, quasi isolato. E poi, dicono, così taciturno, cosi misterioso, nel senso di non vivere una vita di evidenti relazioni. Così impassibile alla pressione degli inquirenti e dei mass media. Proprio ieri mattina, alle 10,30, allo zelante fotografo che gli ingrandiva il terzo palpito di palpebra, mentre usciva, guidando la sua auto, gli chiedeva un aiutino: «Non potrebbe, per favore, chiudermi il cancelletto?». E lo zelante, interdetto, "pio pip pio", gli chiudeva il cancelletto. Andava a far la spesa e al ritorno, ancora con una camicia bianca identica per giorni, una camicia bianca di impassibilità, pregava i giornalisti: «Lasciatemi fare almeno la spesa in pace». Ma così sommessamente, così intonato da schiantare ogni inquirente. Replay subito dopo, all’apparire di una flotta umana di autorità e telecamere al seguito del procuratore della Repubblica, al suo campanello. Il signor Guglielmo, 41 anni, fuori corso, riappariva alla finestra, imperturbabilmente: «Vengo subito», più labiale che tonale. La domanda, invece, da cui non si alza una risposta soddisfacente è su quel mucchio di ore da sabato a mezzogiorno a lunedi alle 11, in cui nessuno risponde al silenzio torrido di Luisa e Aldo. Mentre registriamo ancora una testimonianza, in cui si sostiene di un invito a pranzo, a voce alta (proprio quel sabato) dal piano sotto al piano sopra: «Guglielmo, vieni giù a mangiare con noi?». Ne sarebbe sortito un «no feroce». La stessa testimonianza assicura su una luce accesa nella notte fonda tra sabato e domenica al piano sotto e un’altra assicura che Luisa e Aldo coltivavano un amore speciale per il lago d’Iseo, del tipo: «Un giorno vendiamo tutto e andiamo ad abitare sul lago d’Iseo». Che assomiglia tanto a quella storia di Parigi. Ma c’è una bella personcina che Luisa non avrebbe mai lasciato senza la notizia del ritorno, la ragazza vicinissima di casa, a cui voleva un bene più grande di ogni tentazione di addio. Tonino Zana