Giornale di Brescia 07/08/2005, pag.7 Tonino Zana, 7 agosto 2005
Delitto di Brescia 07/08/2005 - 3
Nessuna ombra su una coppia di inseparabili. Giornale di Brescia 07/08/2005. Voci raccolte in via Ugolini, nei dintorni, ovunque sui due pensionati. La signora Luisa? Brava a cucinare, all’uncino, a sorridere. Luisa? Solare. Luisa, allegra, più giovane di 10 anni dell’età anagrafica, 61 anni. Luisa, generosa. Facile vederla con diverse fogge di cappelli. Vestiti con colori vivaci, abiti eleganti. Originaria di Terlitti, nel Barese, capace di trattare ormai il dialetto bresciano con disinvoltura. 6 fratelli, famiglia compatta. Suo fratello Gino, ieri mattina, era con Ferruccio, l’amico di casa Donegani: «L’ultima volta sono stati visti insieme da mia figlia Maria dal panettiere, alle 11 di sabato l’altro». Ferruccio ricorda il piacere di Luisa e Aldo di recarsi sul lago d’Iseo per sfamare le anatre con bocconi di pane. Agostino è l’altro amico intimo. Sempre insieme, 20 giorni al mare, a San Benedetto del Tronto. «Luisa sarebbe stata giù ancora qualche giorno. Aldo voleva tornare. Si chiamavano spesso con Guglielmo, il nipote che abita sopra di loro. Una volta chiamavano loro, una volta chiamava lui. Aldo e Luisa erano contenti perchè il nipote, in una delle ultime telefonate al mare, aveva riferito di aver trovato un posto di lavoro. Giovedì aspettavano Luisa all’oratorio per il turno di volontariato. Domenica mattina aveva prenotato, con alcuni amici di via Ugolini, un paio di banchi alla messa di don Mario, a Castrezzato. Don Mario Stoppani era stato parroco qui e adesso mancava. Non s’è vista all’oratorio, non s’è vista in via Ugolini, non s’è vista a Castrezzato. Luisa era stata sposata con un signore di una zona vicina. Poi la separazione, il divorzio, l’incontro con Aldo Donegani, vedovo della signora Anita e 20 anni fa il matrimonio civile. Con l’ex marito, rapporti normali. Luisa e Aldo? Una bella coppia. Lui con un carattere opposto a quello di lei. Impaziente e passionale. Fumantino, ma brava persona. Un classico. Lei casalinga, lui in pensione, ex disegnatore alla Franchi, quindi in Francia. Un uomo preparato con tre lingue in tasca, francese, inglese e tedesco. Con il gusto di parlarle, alla prima occasione. Una vita senza pretese, da pensionati sereni. «Guardi - spiega una gentile docente in pensione -, la loro passione era camminare, pedalare e danzare a qualche festa d’estate. Salutava tutti e tutti la salutavano volentieri, portando in giro la gioia di vivere». Senza figli, Luisa e Aldo e due nipoti. Guglielmo è il nipote sulla loro testa, al piano sopra di una casa costruita trent’anni fa. Una casa con il portamento di una villa, indipendente e con 8 stanze abbondanti, 4 al primo piano, 4 al secondo, intorno un breve giardinetto e dietro un orto. «Una casa che oggi vale non meno di un vecchio miliardino di lire», spiega chi ha acquistato, allora, direttamente dal Comune e poi ha costruito. Via Ugolini è una delle ultime strade da Sabato del Villaggio. Si conoscono tutti, tutti sanno di tutti. In fondo alla via, la campagna aperta da un grande campo di 10 ettari e oltre i boschi dei Campiani. Oltre, nasce Cellatica. Basta saltare una strada, ritrovi la stessa quiete e lo stesso mondo di replicate simpatie umane. Due strade parallele sotto, incrociamo Giuseppe Colosio, il Provveditore: «Li vedevo ogni tanto, sempre insieme». L’anonimato, da queste parti, non è attecchito. La sicurezza è buona. Qualche piccolo furto di zingari o tossici. Le micro migrazioni dal centro alla periferia, dall’esterno non hanno rotto l’idea di paese. Anche per questo, la storiaccia pesa una tonnellata, sfregia l’antica umanità resistita in questi villaggi. Qualcuno ha paura. «Fin quando non si trovano, non sono tranquilla». Del resto, soltanto due giorni fa, la notte, si sono visti carabinieri salire sui tetti e penetrare 10 volte nel garage in una ricerca forsennata di tracce degli scomparsi. E si è andati e venuti altrettante volte dalla Procura alle caserne del centro cittadino, al laghetto denominato Fontanù, che è poco più di uno stagno, vuoto di tutto, una volta prosciugato da una turbina operosa per 10 ore di fila. Ieri l’abbiamo chiamato, lugubramente, il lago della Duchessa, evocando il lago in cui si disse fosse stato gettato il corpo di Moro a tre quarti del suo sequestro. Un clamoroso depistaggio. Non c’era nulla. Come non c’era nulla, lo leggerete chiaramente nella pagina a fianco, dietro i Campiani, al laghetto Fontanù. Dove possono essere, insomma? Ogni amico fa il suo conto e non fa il conto minimo di puntare il dito dove magari vorrebbe puntarlo. Nessun vuol credere che qualcuno abbia potuto far del male a Luisa e ad Aldo Donegani, pensionati inoffensivi e benvoluti. I vicini preferiscono usare ogni parola pur di spingere lontana l’idea di una morte cruenta: disgrazia, tragedia, fatalità, destino. Tradotte in dialetto: ’na disgrassia. Non basta ad alleggerire l’angoscia che è calata come una cappa su via Ugolini. E non basta, a sera, che molti siano tornati dal laghetto-stagno con la notizia che lì non ci sono, che lì non c’è neppure un pesce morto. Il giallo, per un po’ di ore, punta sull’Aprica. Magari, dicono alcuni, sono finiti lassù, in una baita di proprietà del Guglielmo. Un vicino dice: «L’aveva comprata un po’ di tempo fa, dopo aver venduto una casa sul Garda. Lui ci andava. Loro, mai». Tonino Zana