TuttoScienze La Stampa 03/08/2005, Sigfrido Leschiutta, 3 agosto 2005
Lucciole cosmiche usate come cronometro. Tutto Scienze La Stampa 03/08/2005. Che cosa facevano nelle notti di metà agosto del 1840 decine di astronomi ed astrofili sdraiati a gruppi di 5-6 su Madonie, Peloritani, Nebrodi, Aspromonte, Sila, insomma su tutti rilievi tra Palermo e Lecce? Perché in ogni gruppetto quattro erano sdraiati in un prato pianeggiante e uno in piedi davanti un orologio astronomico con pendolo? E perché quelli sdraiati avevano le teste vicine e i piedi che puntavano ai quattro punti cardinali? Per rispondere dobbiamo fare un passo, anzi più passi indietro, su distanze, longitudini, stelle filanti e assenza di telegrafo
Lucciole cosmiche usate come cronometro. Tutto Scienze La Stampa 03/08/2005. Che cosa facevano nelle notti di metà agosto del 1840 decine di astronomi ed astrofili sdraiati a gruppi di 5-6 su Madonie, Peloritani, Nebrodi, Aspromonte, Sila, insomma su tutti rilievi tra Palermo e Lecce? Perché in ogni gruppetto quattro erano sdraiati in un prato pianeggiante e uno in piedi davanti un orologio astronomico con pendolo? E perché quelli sdraiati avevano le teste vicine e i piedi che puntavano ai quattro punti cardinali? Per rispondere dobbiamo fare un passo, anzi più passi indietro, su distanze, longitudini, stelle filanti e assenza di telegrafo. Risolto con il cronometro da marina il problema di stabilire la longitudine in mare che aveva impegnato ricercatori e tecnologi per alcuni secoli, restavano almeno altri due problemi, uno pratico e l’altro scientifico, tra loro collegati: calcolare le distanze tra due posti e indagare se la Terra fosse un solido di rotazione o avesse la forma di un limone, o di una arancia schiacciata ai poli o di una mela cotogna gibbuta. Il telegrafo avrebbe permesso di leggere, praticamente nello stesso istante, due orologi regolati sull’ora locale dei due luoghi remoti e posti sullo stesso parallelo. La differenza delle letture avrebbe dato direttamente la differenza di longitudine, dato che la Terra gira ad una velocità costante di 76 microradianti al secondo: a 4 minuti corrisponde un grado di longitudine. Ma il telegrafo non era ancora stato inventato. E allora come istante di riferimento per la lettura degli orologi fu scelta l’estinzione di una stella cadente. L’idea era stata proposta nella seconda metà del Settecento, ma mai attuata sistematicamente sino a quando un astronomo napoletano, Antonio Nobile, non la usò su larga scala tra il 1830 e il 1850, per "collegare" astronomicamente da Ovest ad Est il Regno delle due Sicilie, appunto da Palermo nella Sicilia ulteriore, a Lecce, come allora si diceva, nella Sicilia citeriore. Lo stesso metodo fu usato per determinare le differenze di longitudine tra Palermo, Napoli e Roma. Come segnale di tempo per la lettura degli orologi (regolati sulla ora siderale locale), si optò per l’estinzione delle stelle filanti perché è meglio definibile dell’accensione. I quattro osservatori sdraiati erano posti in modo da coprire tutto il cielo e avevano qualche nozione di astronomia perché dopo aver cacciato un urlo alla estinzione dovevano comunicare a chi teneva il registro delle osservazioni la direzione apparente di provenienza della meteora, indicando una costellazione. Chi osservava l’orologio, annotava l’ora dell’evento e la direzione. Tutti i dati di una notte venivano inviati a Napoli, dove Nobile scartava le meteore che non fossero state viste state viste da almeno due stazioni contigue; le meteore bruciano a quote sui 100 chilometri e quindi è probabile che una stessa meteora possa essere vista da due luoghi diversi tra loro piuttosto lontani. Trascurare il tempo di propagazione del segnale luminoso, dell’ordine, al più, del milllisecondo, è legittimo; a questo intervallo di tempo, largamente inferiore alla soglie della sensibilità umana, corrisponde per la luce o un’onda radioelettrica, una distanza di 300 chilometri. La risoluzione temporale delle reazioni fisiologiche umane, vista e udito, è dalle parti del decimo di secondo. Esistono, è vero, dei cronometristi che si piccano di apprezzare in maniera ripetitiva il centesimo di secondo, ma chi scrive ed è vecchio del mestiere, non ne ha mai conosciuto uno. E’ mancato invece da qualche anno Ernesto Angelotti, un apprezzato tecnico del ”Galileo Ferraris” che aveva una soglia ripetibile di 40 ms nell’apprezzare le frazioni del secondo... Si può quindi tranquillamente ammettere che l’estinzione in cielo di una delle stelle filanti osservate dal Nobile possa essere ritenuta "contemporanea" per tutti gli osservatori, in quanto i tempi di propagazione del messaggio luminoso, dell’ordine al più di un paio di millisecondi (pari alla distanza di 600 chilometri) sono trascurabili rispetto ai ritardi imposti dalla fisiologia umana. Restano le incertezze nell’emissione dell’urlo e nella lettura dei due orologi, che possono essere stimate in +/-100 ms per ogni stazione. Dato che la grandezza che ci interessa è una differenza, un buona regola metrologica vuole che l’incertezza assoluta del risultato sia la somma delle due incertezze assolute e quindi è corretto fissare in +/- 200 millesimi di secondo l’incertezza di ogni misurazione. Alla latitudine di 39°N, intermedia tra quelle di Palermo e di Lecce, la lunghezza di un arco di parallelo di un grado è di circa 85 chilometri, che il Sole copre in 4 minuti, cioè 240 secondi. Tra Palermo e Lecce ci sono circa 4° 50’ e quindi il Sole passa per Lecce circa 1220 secondo dopo essere passato per il meridiano di Palermo. La lunghezza di questo arco, cioè la differenza di longitudine tra le due stazioni poté così essere misurata, usando le stelle filanti, con una risoluzione dell’ordine di 0,2/1220; in altri termini Nobili e colleghi riuscirono a determinare la distanza tra i due meridiani con un errore minore di 30 metri. Per chi volesse trovare i dettagli di queste misure, c’è, a proposito dei primi risultati, una lettera di Nobili ad Arago del 18 febbraio 1840: "Sur la détermination des différences de longitude par l’observation des étoiles filantes", che comparve nei "Comptes rendus hebdomadaires des Séances de l’Académie des Sciences”, primo trimestre 1841, a pag. 426. Ancora qualche numero. Tra Napoli e Roma nelle notti tra il 23 e il 31 agosto 1840, furono osservate trentuno stelle filanti, con una differenza media di tempo siderale di 7 minuti, cinque secondi e 87 centesimi; questo valore differisce di 14 centesimi di secondo dal valore oggi assunto. Spesso l’ingegno umano supera le difficoltà frapposte da natura, o dalla assenza di adatti strumenti. In questo caso fu astutamente adottato il metodo detto della "vista comune", nel quale, ammessa o verificata o calcolata la contemporaneità di un evento qualsiasi, si ottengono risultati non consentiti dalla tecnologia del momento, osservando semplicemente, ma contemporaneamente, l’ora di arrivo di un segnale. Non è necessario che il segnale comune usato per leggere gli orologi, sia un segnale campione o che venga emesso ad un determinato istante; può essere un segnale qualsiasi, purché sia fisicamente lo stesso e identificabile senza ambiguità. Il metodo della "vista comune" è usato con successo ancora oggi per la costruzione della Scala di Tempo Atomica, effettuata a Parigi dal Bureau Internationale Poids et Mésures, lo stesso che conserva il kilogrammo campione. Come bagliore della stella filante si usa un qualsiasi segnale proveniente dallo spazio , ma che sia chiaramente identificabile e del quale non importa l’ora di emissione. Per comodità poi si usa un segnale campione, perché facilmente identificabile, ma la sua qualità non influisce sulla qualità della misura. Sigfrido Leschiutta