Varie, 23 agosto 2005
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Moog Robert
• New York (Stati Uniti) 23 maggio 1934, Asheville (Stati Uniti) 22 agosto 2005 • «[...] l’inventore del primo sintetizzatore messo in commercio [...] Molta della musica che oggi ascoltiamo ha un forte debito di riconoscenza con questo straordinario innovatore che nel 1964 mise in circolazione il suo primo strumento, il Moog, monofonico e estremamente ingombrante, ma in grado di produrre suoni in maniera completamente nuova. Suoni che cambiarono rapidamente la faccia della musica popolare, segnando dischi come Abbey Road dei Beatles, Who’s Next degli Who, Beggar’s banquet dei Rolling Stones, Pet Sounds dei Beach Boys, o che stimolarono il lavoro di gruppi come Kraftwerk e Tangerine Dream, musicisti come Stevie Wonder e Herbie Hancock, formazioni come i Pink Floyd o gli italiani Pfm e Orme. E che aprirono la strada alla rivoluzione elettronica della musica, che ha portato fino alla completa digitalizzazione dei suoni dei nostri giorni. Bob Moog, il primo grande erede delle intuizioni del futurista Luigi Russolo, era nato a New York nel 1934 e si era rapidamente interessato alle interazioni della tecnologia con la musica. Laureato in ingegneria elettronica alla Columbia University, nel 1954 aveva realizzato una sua versione del Theremin, un singolare strumento elettronico (quello che, per intenderci, si ascolta in Good Vibrations dei Beach Boys) che si suona senza toccarlo. Dopo aver preso un dottorato alla Cornell University, dieci anni dopo aveva proposto il suo primo sintetizzatore musicale. Il disco realizzato interamente con il nuovo strumento che fece conoscere il sintetizzatore di Moog fu Switched-on Bach inciso da Walter Carlos, una interpretazione elettronica della musica classica che scalò le classifiche di tutto il mondo, nel 1968. Moltissimi artisti chiesero di poter lavorare con la nuova macchina sonora, primo fra tutti Keith Emerson, all’epoca star mondiale con Emerson, Lake & Palmer. Nonostante la macchina fosse grande, fragile e costosa attirò l’attenzione di moltissimi musicisti, da Pete Townshend degli Who a George Harrison dei Beatles, da Ray Manzarek dei Doors a Richard Wright dei Pink Floyd. Mick Jagger dei Rolling Stones ne comprò uno dei più complessi e costosi nel 1967 ma lo strumento fu usato solo come sfondo per una ripresa cinematografica e poi fu rivenduto ai tedeschi Tangerine Dream che, al fianco di molte altre band, fecero un uso dello strumento molto originale, aprendo la strada allo ”space rock” degli anni Settanta. Fino alla fine del decennio il sintetizzatore di Moog (in una versione più piccola ed economica, il MiniMoog), fu protagonista della musica pop, prima con il rock progressivo e poi anche con la musica leggera (in Italia una star dell’uso del Moog fu Dario Baldan-Bembo, Il Guardiano del Faro, mentre un brano di grandissimo successo nell’estate del 1972 fu Pop Corn), della black music (Stevie Wonder realizzò con il Moog dischi come Innervisions e Talking Book, mentre Herbie Hancock lo utilizzò con i suoi Headhunters per gettare le basi del jazz-rock) e trovò grande spazio nel cinema (la colonna sonora di Arancia Meccanica è forse l’esempio più noto). Dalla metà degli anni Settanta il Moog vide la concorrenza di una nuova generazione di strumenti elettronici, che portavano più avanti la ricerca, consentendo lo sviluppo di suoni diversi e l’emulazione di altri strumenti musicali, finendo pian piano nel dimenticatoio. Moog andò in bancarotta, la società fu costretta a chiudere e lui perse i diritti sul suo marchio. Con il nuovo millennio molti musicisti e soprattutto i deejay negli ultimi anni hanno riscoperto il vecchio strumento analogico di Moog facendolo tornare di moda, soprattutto personaggi come Fat Boy Slim o band recentissime come i Kaiser Chiefs. E lui stesso era riuscito, dopo una lunga battaglia legale, nel 2001, a riconquistare il proprio marchio, lanciando nuovi prodotti con la Moog Music (www.moogmusic.com). Il sintetizzatore di Robert Moog, insomma, aprì la strada ad una vera e propria rivoluzione sonora, diede l’avvio alla stagione della musica elettronica, che non fu soltanto quella legata all’avanguardia. Una intera generazione di ragazzi, negli anni Ottanta, seguendo le indicazioni di Moog, sostituì le chitarre prima con le tastiere elettroniche a basso costo e poi, oggi, con i computer, che hanno al loro interno i ”sintetizzatori virtuali”, che consentono di suonare un’intera orchestra da soli» (Ernesto Assante, ”la Repubblica” 23/8/2005). «[...] ho dovuto fronteggiare dei momenti difficili, soprattutto dopo l’avvio della produzione su larga scala e la necessità di aumentare la produzione dei primi synth. Non riuscimmo ad ottenere tutto quello che ci aspettavamo e di conseguenza, il denaro investito terminò in fretta mettendoci seriamente in crisi [...] L’idea mi è venuta gradualmente anche se ho iniziato a progettare i primi moduli nel 1964. Ma soltanto nel 1967 usammo per la prima volta il termine ’sintetizzatore’, vendendo dei sistemi completi, pronti all’uso [...] Ogni musicista con cui ho lavorato è riuscito a scoprire qualcosa di nuovo nei nostri strumenti. E sono grato a tutti loro per averlo fatto. Ma se devo fare dei nomi non posso non ricordarne almeno tre: sono particolarmente riconoscente a Wendy Carlos - Switched-on Bach del 1968 portò al grande pubblico il Moog - Keith Emerson e Rick Wakeman, che hanno dato moltissimo alla musica e sono ricordati anche per aver suonato con i nostri strumenti [...] non penso ai suoni come un contrasto tra ”sintetici” e ”reali”, perché tutti i suoni sono reali. E non mi preoccuperò mai dello stato della tecnologia, ma unicamente del grado di soddisfazione dell’ascoltatore. La tecnologia, dicevamo, è in continua espansione. Ma una volta che uno strumento è completamente sviluppato non perde assolutamente la sua unicità a favore di un’altra macchina. Per questo credo che tutti gli strumenti, compresi quelli acustici primitivi e semplici, sono ancora preziosi» (Lucio Cillis, ”la Repubblica” 23/8/2005).