23 agosto 2005
Tags : Tali. Fahima
Fahima Tali
• Nata a Dimona (Israele) l’8 febbraio 1976. Politico. « una figura molto inusuale nel paesaggio politico israeliano. [...] nata a Dimona, una città povera del sud, in una famiglia di origine marocchina, molto povera. Non ha mai studiato ed è stata anche una militante del Likud, il partito di destra. Per caso, ha visto un film su Jenin. un film molto bello che si intitola I bambini di Arna. Racconta la storia di una donna israeliana meravigliosa che, durante la prima Intifada, venne tra i palestinesi per garantire l’educazione dei bambini più piccoli, nelle scuole materne e nelle scuole elementari, per aiutarli a scrivere e a disegnare. In questo film, si vedono i bambini di Arna nel 1988-89. Sono bambini piccoli di otto, nove, dieci anni, uguali ai bambini che si incontrano in Israele, Palestina, Europa, Africa, e tra loro, un gruppetto di cinque parlano del loro avvenire, di ciò che vorrebbero essere in futuro. Uno racconta di voler diventare attore, un altro medico. Quegli stessi bambini sono mostrati dieci anni dopo. Li si vede durante la seconda Intifada, tutti morti. [...] è un documentario, non una fiction cinematografica. Tutti loro sono morti in combattimento o negli attentati, tranne uno che si chiama Zakaria A. Z che oggi è tra le persone più ricercate dai militari israeliani. Questo film testimonia la volontà di vivere e l’umanità che c’è nei bambini, negli adolescenti, poi negli adulti. Una straordinaria forza di vivere che finisce nella morte. [...] Tali Fahima, che aveva guardato il film in televisione, ha poi potuto vedere con i suoi occhi quello che è il campo di Jenin. Tra quello che vede tutti i giorni e quello che ha visto nel film c’è come una frattura, perché ciò che si ascolta per strada o alla televisione o si legge sui giornali di quanto avviene nel campo è il racconto di un nido di terroristi, una popolazione di terroristi, tutti quelli di Jenin sarebbero terroristi, dal vecchio di 86 anni fino al neonato o al bambino piccolissimo. Tutti, in quel luogo, sarebbero terroristi e tutti hanno un’unica motivazione nella vita: uccidere gli ebrei. Invece quel film dimostra il contrario: si vedono giovani che vogliono vivere, che non nutrono odio, giovani che non desiderano altro di poter essere medici, attori, poter essere come tutti i bambini che pensano a quello che faranno da grandi, poter essere bambini che hanno dei sogni. Tali Fahima è andata a Jenin. una cosa rarissima tra i giovani israeliani, siano essi di destra o di sinistra. Lei è andata a Jenin ed è diventata amica dei giovani di Jenin e degli amici e dei compagni di Zakaria A. Z. Quando è tornata in Israele ha raccontato che ciò che si diceva era tutta una bugia, che Jenin è una città piena di vita e di volontà di vivere, che è falso che ci sono solo kamikaze che non pensano altro che alla morte. Ha cominciato a raccogliere dei soldi per la gente di Jenin e ha tentato di convincere i giovani ad andarvi per conoscere la situazione in modo diretto. I Servizi di sicurezza di Israele hanno deciso di usare Tali Fahima. Hanno pensato che una ragazza che non ha studiato, che vive in una famiglia povera, che non è l’intellettuale invasata di Tel Aviv, si potesse raggirare a piacimento e, attraverso di lei, avrebbero potuto trovare Zakaria A. Z. Per molte settimane è stata trattenuta in arresto e interrogata e minacciata perché lavorasse per i servizi segreti. Lei ha sempre risposto: ”Andate a quel paese!”. Sebbene abbiano continuato a minacciarla e a interrogarla, lei ha continuato a dire: ”Quelli sono miei amici e io non li tradisco. Visto che voi dite che io sono una terrorista e lavoro con dei terroristi, portatemi in tribunale. Non avete nessuna prova, perché non ho fatto niente di male. L’unica cosa illegale che ho fatto è stato andare a Jenin”. In effetti, non avevano nessuna prova contro di lei. Cosa fare se non si hanno prove ma si vuole ugualmente punire qualcuno? In Israele esiste una procedura che viene detta ”detenzione amministrativa”. [...] ordini d’arresto di sei mesi, rinnovabili di sei mesi in sei mesi indefinitivamente senza che vi sia mai nessun intervento da parte della Giustizia. Tali Fahima è stata colpita da una detenzione amministrativa, cui ha fatto seguito, in Israele, una campagna di opinione per dire che quello era troppo, che si stava passando il limite. I servizi di sicurezza israeliani hanno voluto comunque questa detenzione amministrativa e hanno voluto anche aprire un processo inquisitorio. [...] Hanno deciso di accusare Tali Fahima del reato più grave che esiste nel codice penale israeliano: sostegno al nemico nel tempo di guerra. Il reato è talmente grave che, durante la prima udienza del processo che si svolge a Tel Aviv, il giudice ha chiesto al Procuratore se avesse intenzione di richiedere la pena di morte. [...] adesso non chiedono più la pena di morte, chiedono l’ergastolo. Ma perché? Cosa c’è in Tali Fahima che li rende folli? Il fatto che abbia rotto due muri, mentre, oggi, si devono costruire muri dappertutto. Prima di tutto, ha rotto il muro di classe: non capiscono che ruolo possa avere questa marocchina, che non ha nemmeno avuto una buona educazione, negli ambienti d’élite di Tel Aviv. Fare politica, andare nel campo di Jenin è un lavoro per chi studia, per chi è nella classe elitaria, non per una marocchina. Ma soprattutto, Tali Fahima ha rotto quel muro che deve dividere ebrei e arabi, israeliani e palestinesi. Quando una ragazza, una giovane donna di Dimona, dice agli agenti dei servizi segreti, alla polizia che va ad arrestarla, al procuratore che la interroga, al giudice che la sta giudicando, che i suoi veri amici sono quelli del campo di Jenin, che si chiamano Mustafà, Hama, Hassan, nasce un problema grave, che va punito gravemente, perché, ora, viviamo in un mondo dove ognuno deve stare al suo posto a livello sociale, etnico, nazionale, confessionale. [...]» (Michel Warschawski, ”il manifesto” 21/8/2005).