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 2005  agosto 22 Lunedì calendario

VARGAS

VARGAS Enrique Manizales (Colombia) 1940. Regista teatrale • «[...] chiama ”habitantes” gli attori della sua compagnia e dice che tutti i suoi spettacoli nascono da giochi infantili. Dice anche che è la paura del buio a portarlo a lavorare sulla luce e sulle ombre, e che la sua è una lotta ”contro l’imperialismo degli occhi”. Dice: ”Gli attori non sono lì per mostrarsi. L’ideale è che scompaiano”. Per questo il colombiano Vargas, classe 1940, non usa il palcoscenico. Non è del tutto vero, una volta l’ha usato: negli anni 80 a Bogotà, per uno spettacolo di teatro tradizionale da rappresentare soltanto nei bordelli della ”zona de tolerancia”. Ritornava in Colombia dopo quasi dieci anni trascorsi negli Stati Uniti (dove ha studiato antropologia teatrale e ha diretto il Café La Mama di New York ed il Gut Theater di Harlem). Dopo New York, Vargas torna alle origini e per quindici anni si dedica a una ricerca su ”giochi, rituali e miti dell’Amazzonia colombiana”. Ottiene una cattedra all’Università Nazionale di Colombia: drammaturgia dell’immagine sensoriale. I sensi tutti, non solo la vista: ecco il teatro totale di Vargas che segue alcune regole fisse: modellare lo spazio, scolpire il buio, dare peso ai silenzi. Non per niente la sua compagnia di «’habitantes” o di ”investigadores” si chiama Teatro de los Sentidos (Teatro dei Sensi) [...] ”All’inizio facevo spettacoli in terra di nessuno: nei musei, nelle gallerie d’arte. Adesso gli spazi si adeguano al mio teatro. [...] Gli ”habitantes’ del Teatro de los Sentidos partecipano direttamente alla creazione. Ognuno ha un compito tecnico, anche se non mi piace l’idea di una separazione tra il tecnico e l’artistico. Quando inizio a creare uno spettacolo loro si dividono un gruppi e ogni gruppo scrive una drammaturgia per odore, colore, luce e così via. Nessuno di loro ha mai pensato di avere un ego più forte di un altro, sulle locandine non ci sono nomi scritti più grandi di altri. I miei attori non possiedono il teatro. Lo abitano, lo scoprono, lo svelano”» (Laura Putti, ”la Repubblica” 22/8/2005).