22 agosto 2005
Tags : Margaret. Doody
Doody Margaret
• Nata in Canada nel 1939 (o giù di lì). Scrittrice. «[...] insegna letteratura comparata alla Notre Dame University, nell’Indiana [...] Forse neanche [...] immaginava tanto successo, per il suo filosofo detective. La scintilla - racconta [...] - si accese per caso, mentre di giorno studiava la Retorica e di sera leggeva romanzi gialli: ”Mi sono accorta che Aristotele aveva tutte le qualità di un bravo investigatore. Ad Atene era un forestiero, aveva una buona dose di scetticismo, conosceva i motivi che spingono all’azione, non si faceva illusione sugli esseri umani”. Pubblicate da Sellerio [...] tre storie gialle con l’investigatore barbuto (Aristotele detective, Aristotele e il giavellotto fatale, Aristotele e la giustizia poetica) hanno venduto 130.000 copie. Sette i titoli previsti [...] quarto romanzo della serie . Aristotele e il mistero della vita [...] L’Aristotele detective di Margaret Doody è storicamente corretto ma non pedante, sapiente ma non noioso, ironico e attento ai dettagli. Tutto il contrario di Talete, prototipo del pensatore con la testa per aria. [...] ”Platone no, non potrebbe proprio fare l’investigatore. Lui è piuttosto uno scrittore di gialli: il suo detective si chiama Socrate. Platone non era uno che amava sporcarsi le mani. Preferiva le idee astratte, mentre Aroistotele ha interesse anche per gli animali, per il corpo. Non lo spaventano il sangue e le ferite, non lo disgusta la concretezza dell’esistenza. Figlio di un medico, era un uomo pratico, curioso, pieno di energie”. [...] Bocciato invece, all’esame da detective, Immanuel Kant: ”Stava sempre in casa, faceva lo stesso percorso tutti i i giorni. L’unica cosa che davvero gli interessava era uscire dal mondo, salire su quel che io chiamo ’l’ascensore trascendentale’. Per di più, a differenza di Platone, Kant nei suoi testi non dedica neanche una riga a quel che non gli piace”. Scartato per eccesso di disinteresse verso l’umanità anche Friedrich Nietzsche: ”Qualche qualità l’avrebbe, per esempio, sa cos’è il risentimento. Ma era troppo preso da se stesso per occuparsi degli altri”. Margaret Doody promuove invece John Locke: ”Ha studiato il modo in cui funziona la mente. Al centro della sua filosofia ci sono le nostre sensazioni, l’esperienza che abbiamo del mondo. Da questo punto di vista è molto moderno”. [...] Cartesio, che era piuttosto fifone nei confronti dell’autorità, che morì di levatacce e di freddo alla corte di Cristina di Svezia (dove era stato arruolato come insegnante) per investigare avrebbe avuto bisogno di un valido braccio destro. [...] la classica coppia [...] Regola che Margaret Doody non trasgredisce, affiancando ad Aristotele il giovane allievo Stefanos: ”Avevo in mente Sherlock Holmes e Watson, ma anche Samuel Johnson e il suo biografo Boswell. Sono convinta infatti che Conan Doyle li abbia presi per modello. In ogni giallo, serve qualcuno che faccia da tramite tra l’investigatore e il lettore. Oltre al grand’uomo, c’è bisogno di un uomo medio: chi legge non deve sentirsi escluso”. Tra i giallisti preferiti da Margaret Doody, il Rex Stout inventore di Nero Wolfe, Dorothy Sayers e soprattutto Agatha Christie: ”Penso che non sia apprezzata quanto merita. Del resto, nel giallo le donne hanno una posizione marginale. In filosofia, poi, non esistono proprio. Anche Aristotele le disprezzava, perlomeno in teoria. Ma se andiamo a guardare nella sua vita, le cose vanno diversamente: tra i filosofi greci è il più eterosessuale, e ha una sensualità che agli altri manca [...] Mi piace moltissimo Raymond Chandler, straordinario quando racconta la California. E ammiro l’enorme talento di Dashiell Hammett. [...]”. L’ottimismo è la morte del detective, come dimostra il caso Hegel. Dice Margaret Doody: ”Tesi, antitesi, sintesi. Hegel era convinto che le cose andassero sempre verso il meglio. Se A uccide B, vuol dire che era nel disegno dell’universo. Dal conflitto tra due forze, nasce qualcosa di superiore. Se uno la pensa così. il mestiere dell’investigatore non è per lui. Pollice verso anche per Karl Marx: ”Aveva un’unica risposta per tutte le domande. Era convinto che un solo, grande crimine fosse stato commesso, ai danni del proletariato. Non riesco a immaginarlo mentre raccoglie mozziconi o esamina tazze di tè”. I filosofi del Novecento la interessano poco: ”La maggior parte, sono dei commentatori”. Fa eccezione Ludwig Wittgenstein. Le sue passeggiate con gli amici, discutendo di filosofia, ricordano quelle di mosnieur Dupin nelle strade parigine. Il suo interesse per il linguaggio di tutti i giorni, che prima di lui nessuno studiava, è un ribaltamento di prospettiva degno della Lettera rubata. [...] Altro soggetto da romanzo, il cattivo ragazzo Thomas Hobbes, uno che i lati violenti della vita li conosceva bene. Alla scrittirce interessa soprattutto il periodo in cui il filosofo lavorò come precettore iin casa Cavendish. [...]» (Mariarosa Mancuso, ”Sette” n. 9/2002).