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 2005  agosto 02 Martedì calendario

La folle avventura di Rubirosa tra donne, champagne e Ferrari. La Repubblica 02/08/2005. Londra. Hartchards di Piccadilly è la libreria più antica e aristocratica di Londra, per alcuni resta anche la migliore, la più raffinata: si respira una corposa atmosfera d’ altri tempi, così come altri tempi rievoca alla memoria la copertina di un libro uscito ieri, "The last playboy", succosa biografia di Porfirio Rubirosa, celebre dongiovanni degli anni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, protetto dell’ infame dittatore Trujillo di cui sposò, nel 1932, la non bellissima figlia Flor de Oro, la prima delle sue cinque celebri mogli

La folle avventura di Rubirosa tra donne, champagne e Ferrari. La Repubblica 02/08/2005. Londra. Hartchards di Piccadilly è la libreria più antica e aristocratica di Londra, per alcuni resta anche la migliore, la più raffinata: si respira una corposa atmosfera d’ altri tempi, così come altri tempi rievoca alla memoria la copertina di un libro uscito ieri, "The last playboy", succosa biografia di Porfirio Rubirosa, celebre dongiovanni degli anni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, protetto dell’ infame dittatore Trujillo di cui sposò, nel 1932, la non bellissima figlia Flor de Oro, la prima delle sue cinque celebri mogli. Quarant’ anni fa, all’ alba del 6 luglio 1965, dopo l’ ennesima nottata di follie e di bevute, si schiantò con la sua Ferrari contro un albero del Bois de Boulogne, a Parigi. Dalle cronache "rosa" alla leggenda, il passo fu breve. Il suo funerale, quattro giorni dopo, fu il diorama di un mondo in estinzione, quello che Fellini impietosamente aveva già seppellito nella Dolce vita. Com’ è retrò quel titolo in rilievo tanto anni Cinquanta, lettere bianche di traverso, sembrano quelli di "Intrigo internazionale", il film di Hitchcock. La foto è un’ istantanea di Porfirio mentre conversa, si suppone, amabilmente, con una bella e ricca ammiratrice. Doveva essere un’ immagine in bianco e nero, è stata ritoccata con colori sfumati, come si faceva una volta, per dargli ancor di più quel senso di nostalgia, di ricordo lontano. Oggi i nostri figli direbbero, sbirciando quella foto, che Porfirio sembra un calciatore sudamericano che ha smesso di tirar calci al pallone e si gode i quattrini guadagnati col football. Altro che high society. Ma ieri, anzi, l’ altroieri, quell’ uomo elegante e sempre affabile, cortese e di compagnia irresistibile, nato nel 1909 a Santo Domingo, era considerato soprattutto uno straordinario seduttore, protagonista di feste e festini. Frequentava l’ alta società e il suo smoking sfiorò le spalle più importanti della sua epoca: re e principi, grandi oligarchi del denaro e maestri del doppiogioco, avventurieri attori ed artisti, presidenti e dittatori, compreso Hitler che lo invitò nel suo palco allo stadio dei Giochi Olimpici di Berlino. Proprio questa sua eccezionale trasversalità epocale è il filo conduttore del libro di Levy. Porfirio racchiudeva in sé un sacco di personalità che lo mettevano in vetrina e lo idealizzavano. Due primeggiavano su tutte: campione dello sport (polo, corse in auto) e atleta infaticabile dell’ amore. Virtù che gli fecero attraversare impunemente vicende oscure in cui rimase coinvolto: per vivere nel lusso anche durante la guerra, vendeva documenti falsi agli ebrei; rischiò di restare ucciso in un agguato che la Resistenza francese tese alla macchina in cui lui viaggiava, assieme a dei militari tedeschi. La guerra lo aveva sorpreso a Parigi. Nel frattempo, aveva sposato Danielle Darrieux, a quei tempi l’ attrice francese più famosa ed affascinante: il che consolidò non poco la sua fama di rubacuori, anzi di Rubicoeur. Le macerie fisiche e morali del conflitto gli scivolarono lievi, accanto. Riprese indefessamente a raccogliere i frutti copiosi delle sue seduzioni. Sul set di un film che la moglie stava girando in Marocco, conobbe una giornalista molto carina ma soprattutto infinitamente ricca: Doris Duke, la figlia del re del tabacco made in Usa. Doris gli regalò addirittura un B25 trasformato in aereo da crociera: Porfirio imparò subito a pilotarlo. Venne il turno di una seconda ultramiliardaria, Barbara Hutton, l’ erede dell’ impero Woolworth. Persino l’ Fbi aprì un dossier su questo Rubirosa cacciatore di doti. La sposò. E divorziò. Un affare di Stato. E per Porfirio: un milione di dollari cash, una tenuta, cinque cavalli per la squadra di polo. Spesso, era la fama stessa che lo precedeva l’ essenza della seduzione. Le donne facevano la fila. Lui le collezionava famose, belle e possibilmente ricche. Loro collezionavano lui: si diceva possedesse doti erotiche insuperabili. A Parigi, i macinini del pepe venivano chiamati Rubirosa, specie quelli lunghi e di grosse dimensioni. Nei cabaret furoreggiò una canzone: "Rubirosa tiene una cosa/que yo no sé que serà/que serà que serà/lo que tiene Rubirosa". Un giorno, ad una festa, disse ad un conoscente: «Vedi, qui tutti sono straricchi: io non c’ entro nulla con loro. Coi soldi si sono comprati quelle donne. Ma le loro donne, invece, mi danno i soldi». Cinico ma non baro. Sposò due delle donne più ricche del pianeta, ed amò tutte quelle più belle, con una furia da collezionista. Caddero tra le sue braccia Ava Gardner, Rita Hayworth, Veronica Lake, Dolores Del Rio, Zsa Zsa Gabor, Jayne Mansfield (fu lui a dire: quando si fa la doccia non si bagna i piedi), Marilyn Monroe. E ancora: Christina Onassis, l’ ex imperatrice Soraya, persino Evita, insomma puntava al meglio. Ci riuscì. Leonardo Coen