Il Sole 24 Ore 02/08/2005, pag.6 Roberto Bongiorni, 2 agosto 2005
Il boom demografico chiede petrodollari. Il Sole 24 Ore 02/08/2005. La morte di un monarca saudita è sempre motivo di apprensione per chi, come i Paesi occidentali, deve pensare al futuro dei propri approvvigionamenti petroliferi
Il boom demografico chiede petrodollari. Il Sole 24 Ore 02/08/2005. La morte di un monarca saudita è sempre motivo di apprensione per chi, come i Paesi occidentali, deve pensare al futuro dei propri approvvigionamenti petroliferi. Governare il Regno saudita significa gestire un territorio che, con 261,9 miliardi di barili di riserve accertate - il 25% di quelle mondiali - viene definito, non a torto, la banca mondiale del greggio. Sullo scacchiere geopolitico del petrolio in realtà cambia poco o nulla. Abdullah era il principe ereditario, ma di fatto ha guidato la politica petrolifera del regno wahabita da quando re Fahd ebbe un ictus, nel 1995. In questo momento a nessuno conviene cambiare le regole del gioco. Non ai sauditi, né agli americani, da sempre tra i maggiori clienti. «Non credo che cambierà nulla - ha confermato da Londra l’iracheno Muhammad Ali Zainy, analista del Centre for global energy studies esperto in Medio Oriente - I sauditi cercheranno di soddisfare le richieste del mercato. Stanno producendo su volumi molto alti, attorno a 9,5 milioni di barili al giorno (mbg) e continueranno a farlo, se necessario». Ipotesi confermata dagli stessi sauditi. Il principe Turki al Faisal, ambasciatore del Regno in Gran Bretagna, ha assicurato che la politica petrolifera del suo Paese non cambierà. L’Arabia dunque non vuole e non può permettersi di ridurre drasticamente i suoi livelli produttivi. Tenendo aperti i rubinetti quasi al massimo, come sta facendo da alcuni mesi, prende due piccioni con una fava. Accontenta le richieste americane, cercando di rinvigorire una rapporto che dopo l’11 settembre 2001 si era raffreddato. E soprattutto gonfia il suo budget oltre le più rosee aspettative. Senza il greggio l’Arabia non esisterebbe. L’oro nero fornisce il 90-95% in valore del suo export, l’80% delle entrate di bilancio e il 45% del Pil. La sua crescita economica, +6,1% nel 2004 (massimo degli ultimi 20 anni) e +6,2% nel 2005, passa quasi esclusivamente per i rincari del barile. I sauditi hanno ben compreso che nel 2005 le tradizionali regole di mercato sono venute meno e possono quindi produrre quasi a briglia sciolta senza provocare indesiderati tracolli dei prezzi. «Sui mercati - continua Zainy - c’è un surplus dell’offerta di 2 mbg. La tensione è dovuta alla scarsa capacità delle raffinerie alla crescita della domanda di prodotti raffinati». Per il 2005, le stime del dipartimento americano dell’Energia, indicano che le esportazioni petrolifere frutteranno al Regno 150,1 miliardi di dollari, il 30% in più del 2004. E il 278% in più del 1998, annus horribilis in cui il prezzo del greggio saudita crollò sotto 12 $ al barile. Pur dichiarando in pubblico di voler riportare i prezzi a valori accettabili, Abdullah è ritenuto l’artefice del cambio di rotta saudita: stabilire una fascia di riferimento dei prezzi, ancora non ufficiale, attorno a 50 $. Per bocca del suo ministro dell’Energia, ali al-Naimi, Riad ha più volte ripetuto che l’economia mondiale può sostenere simili livelli senza danni. Nei prossimi mesi sapremo se i sauditi alzeranno ulteriormente il tiro. Eppure, nonostante l’insperato fiume di petrodollari, il Paese si trova più povero rispetto a 20 anni fa. In termini reali i ricavi dell’export petrolifero sono crollati dai 22mila $ per abitante del 1980 ai 4.500 $ del 2004. La popolazione è quasi triplicata a 25,6 milioni di persone, di cui il 60% sotto i 20 anni. Con un incremento demografico tra i più alti al mondo (2,4% l’anno) i consumi energetici crescono anno dopo anno. «Cercheranno di stabilizzare i prezzi attorno a 50 $ o poco sopra - conclude Zainy - Non troppo di più altrimenti sul lungo termine la domanda scenderebbe. Sui rapporti con gli stati Uniti, invece, non sarei preoccupato. Abdullah è alleato della Casa Bianca». Roberto Bongiorni