Il Sole 24 Ore 04/08/2005, pag.13 Aldo Bernacchi, 4 agosto 2005
I Falck. Due secoli di storia scritti con l’acciaio. Il Sole 24 Ore 04/08/2005. «Non sarete dei semplici eredi ma dei rifondatori: ogni generazione rifonda l’azienda sulla base di quanto le è stato trasmesso, ma rinnovandola per adeguarla al proprio tempo»
I Falck. Due secoli di storia scritti con l’acciaio. Il Sole 24 Ore 04/08/2005. «Non sarete dei semplici eredi ma dei rifondatori: ogni generazione rifonda l’azienda sulla base di quanto le è stato trasmesso, ma rinnovandola per adeguarla al proprio tempo». Nella lettera di Alberto Falck ai figli, scritta nel 1999, una sorta di testamento morale dell’imprenditore morto il 3 novembre 2003 al volante della sua auto a un passo dalla Scala, sta l’imprinting di un’azienda centenaria e di una dinastia industriale bisecolare che oggi, dopo «una drammatica e radicale ristrutturazione» - di cui lo stesso Falck come presidente è stato protagonista - «ha mutato natura e struttura: basti pensare al fatto che eravamo arrivati a essere 16mila persone trent’anni fa e oggi siamo circa in 900». Il passato è l’acciaio. Il presente e il futuro sono le energie da fonti rinnovabili, per gestire le quali è stata costituita l’Actelios ed è nata la Falck Renewables. «Il filo rosso che lega il tutto - dice Federico Falck, fratello di Alberto, oggi presidente del gruppo - è uno spirito imprenditoriale che non è mai venuto meno e che si tramanda da più di 200 anni». Quello dei Falck è un gruppo familiare arrivato alla soglia della sesta generazione, entrato di diritto nel club degli "Hénokiens",quello che raggruppa le imprese bicentenarie, essendo il fondatore, Georges Henry Falck nato nel 1802, quando sull’Europa imperava Napoleone. Matrimoni siderurgici. L’incontro con i Rubini.Alsaziano, Georges Henry era figlio di un maresciallo, Jean Didier, che curava gli approvvigionamenti nell’esercito napoleonico. Ingegnere meccanico, con specializzazione siderurgica, poco più che trentenne partì da Mulhouse per scendere a Dongo sul lago di Como per una consulenza tecnica presso la ditta "Gaetano Rubini e figlio". Ebbe successo, tanto da diventare socio d’opera di Giuseppe Rubini, azionista di riferimento nella nuova società "Rubini, Falck, Scalini e Comp.". Questo sodalizio durò fino al 1850. Poi Falck se ne andò a lavorare con Giuseppe Badoni, lecchese, titolare della ferriera omonima con impianti a Castello, Mandello e Bellano. Prendendo in affitto dalla Badoni l’edificio "Seminario", Falck di fatto ne fece il primo impianto produttivo della famiglia. Poi nel 1862 passò il testimone al figlio Enrico e al nipote Giorgio Enrico, il Falck che insedierà a Sesto San Giovanni il quartier generale del gruppo. Di quel passato, intrecciato per decenni con le vicende del Paese, di quella Sesto operaia, restano, cattedrali vuote, le vecchie acciaierie. Il gruppo, ancora oggi, continua ad avere nell’ex Stalingrado d’Italia la sua sede, nella via che dal giugno scorso il Comune ha dedicato ad Alberto Falck. Dov’erano gli altiforni, in quel milione e mezzo di metri quadri che era l’area Falck, oggi di proprietà della Risanamento di Luigi Zunino, Renzo Piano conta di fare parchi, servizi, università, trasformando Sesto in una città del sapere, che ha già saputo ridare lavoro e futuro a gran parte dei suoi abitanti. La bisnonna imprenditrice. Storia di uomini e di idee, quella dei Falck: e a dare il senso della continuità ci sono anche quei nomi spesso identici che si ripetono di nonno in nipote. «Lavorare in azienda per i maschi della famiglia - ricorda Federico Falck - era una cosa normale, una scelta quasi obbligata. Ma nella nostra storia un ruolo importante l’ebbe anche una donna: Irene Rubini, la bisnonna, che fu la moglie di Henry, il figlio di Georges Henry Falck». Morto anzitempo il marito nel 1878, Irene, con tre figli ancora piccoli, si occupò direttamente della gestione del Laminatoio di Malavedo. In un’epoca certo non favorevole all’emancipazione femminile, scendeva a Lecco, nei giorni di mercato, per negoziare personalmente la sua quota di vergella con i "chiodaiuoli" di Cantù. E i chiodi, nel ricordo del figlio Giorgio Enrico, furono il simbolo della ricchezza della madre e della sua povertà, diseredata come fu dal padre Giuseppe contrario al matrimonio con un Falck. Giorgio Enrico aveva 39 anni, quando nel 1905 andò a visionare i campi e le marcite che si estendevano appena a nord di Milano, prima che la pianura diventi Brianza. Da una cascina si alzava un filo di fumo: nel giro di pochi anni quel comignolo si sarebbe trasformato in tante ciminiere per produrre ferro e acciaio. Giorgio Enrico rispetto al padre e al nonno aveva in mente un’innovazione: portare la siderurgia, che fino allora prosperava nelle valli alpine, in pianura, alle porte di una grande città, visto che l’elettricità ormai si trasportava e in più c’erano grandi spazi, strade e ferrovia. Decolla Sesto. La Società anonima acciaierie e ferriere lombarde - che dal 1931 si sarebbe più semplicemente chiamata Afl Falck - nasceva il 26 gennaio 1906, unendo le due Ferriere di Dongo e Vobarno: l’atto formale venne firmato in Piazza Scala, dove c’era la sede storica della Comit, la banca che assistette il decollo della nuova impresa. A Sesto entrava in funzione il primo stabilimento, l’Unione. Poi arriveranno gli impianti di laminazione del Vittoria, i forni Concordia. Sesto all’improvviso sembrò una città cresciuta attorno alle acciaierie. Presto sarebbe diventata il sesto polo industriale italiano con gli operai che in numero supereranno gli stessi abitanti. Fin dal 1912 esistevano cinque macellerie, tre drogherie, sei panifici e cinque caffè-ristoranti. I loro orari di apertura erano adeguati ai turni dell’acciaieria: i negozi di alimentari aprivano alle quattro di mattino, per consentire alle famiglie di fare provviste prima del lavoro. Nel 1905 iniziò la costruzione del Villaggio Falck a Sesto San Giovanni, «con ampi viali e piazzali, che comprenderà - si legge nel progetto dell’epoca - un edificio scolastico, palestra, chiesa, bagni e docce, lavatoi, e spacci di generi alimentari... per mille locali abitabili». Dighe ed energia. Il momento nel quale nasce la nuova impresa dei Falck è complessivamente buono. La conversione della rendita condotta da Luigi Luzzatti nel 1905 ha liberato risorse per gli impieghi produttivi e, soprattutto, ha contribuito alla stabilizzazione dei tassi di interesse per prestiti a lungo periodo attorno al 3,5%; la nazionalizzazione delle ferrovie ha favorito l’immissione di nuove risorse sul mercato dei capitali attraverso le annualità che lo Stato si impegna a versare agli ex azionisti privati. La Grande Guerra crea le condizioni per ulteriori espansioni e le prime acquisizioni. Nel frattempo all’acciaio si accompagna la diversificazione nell’energia. La prima diga è del 1917, in Valtellina. Nel 1955 il gruppo disporrà di 15 centrali idroelettriche, divenendo uno dei maggiori autoproduttori di energia. «Noi abbiamo sempre cercato di accompagnare lo sviluppo del Paese» spiega Federico Falck. E un Falck è stato spesso, nelle varie epoche e generazioni, un protagonista di eventi di portata nazionale. Enrico Giorgio, quale membro del Consiglio generale, con altri industriali come Alberto Pirelli e il senatore Borletti partecipò al decolllo della prima Fiera campionaria di Milano, che aprì i battenti il 12 aprile 1920. Nel ’34 fu nominato senatore del Regno. Suo figlio Enrico, il padre di Alberto e Federico Falck, secondo presidente del gruppo dal 1945 al ’48, aderì al movimento cattolico neoguelfo di Piero Malvestiti. Nel settembre ’42, con Edoardo Clerici e Vittorio Giro, Falck e Malvestiti incontrarono Alcide De Gasperi a Selva di Valsugana, con l’obiettivo di rilanciare il movimento; ma De Gasperi parlò di Democrazia cristiana. Alla fine del mese lo stesso De Gasperi organizzò una riunione a Milano, proprio in casa Falck, in via Tamburini 1, dando vita alla nuova Dc. Sciopero antifascista.«Mio padre - ricorda il figlio Federico - fu uno dei pochi maschi in famiglia che evitò all’inizio di lavorare in azienda. Laureato in agraria, voleva stare nel campo in cui aveva studiato, ma poi cambiò idea. Erano anni difficili alla Falck. Addirittura i fascisti fecero di tutto per provare che noi eravamo ebrei, con l’obiettivo di portarci via l’azienda. Non ci riuscirono. Né spaventarono mio padre, che continuò a finanziare la Resistenza. Fu proprio in Falck, a Sesto, che venne deciso, il 24 marzo 1943, il primo sciopero popolare nell’industria milanese». Il fratello di Enrico, Giovanni Falck, presidente dal 1948 al 1971, fu uno degli industriali più attivi nel riorganizzare le associazioni territoriali, in particolare l’Assolombarda, di cui fu il primo presidente del dopoguerra. Nel ’63 portò la Falck in Borsa. Il ’71, quando al vertice arrivò l’altro fratello, Bruno, fu l’anno in cui la Falck raggiunse il tetto produttivo di 1.250.000 tonnellate, pari all’8% dell’intera produzione nazionale di acciaio. Fu il grande acuto, ma anche l’ultimo. Con la presidenza di Bruno Falck - appassionato raccoglitore di orologi, la cui ricca collezione è oggi esposta al Museo Poldi Pezzoli - comincia la crisi siderurgica, in un contesto sociale sconvolto dal terrorismo. Le Brigate rosse in Falck uccisero nell’80 Manfredo Mazzanti, il direttore dello stabilimento Unione. L’addio. La crisi investirà in pieno la generazione dei cugini, quella di Alberto Falck, presidente dall’82, e di Giorgio Enrico Falck, figlio di Giovanni, amministratore delegato. «Non eravamo né troppo grandi né troppo piccoli: così abbiamo subito la concorrenza di giganti tipo l’Ilva e di aziende più fessibili come quelle dei bresciani» spiega Federico Falck. Alla fine degli anni 80 la Falck ha ancora 12 impianti e 7.450 dipendenti, per un fatturato di 1.600 miliardi. Ma i conti vanno sempre più in rosso. Alberto Falck si affida a Mediobanca e decide l’addio all’acciaio. Una riconversione che costa lacerazioni profonde nel gruppo con il cugino Giorgio (scomparso nel 2004), che rompe i ponti. Sono ormai passati dieci anni da quando l’ultima ciminiera ha cessato di emettere fumo nell’area Falck di Sesto. Rimpianti? «Difficile - risponde Federico Falck - che un uomo non ne abbia. L’importante è credere nell’innovazione e nei valori che hanno sempre ispirato l’azione della famiglia. E la Fondazione Falck, creata nel 2000, ne è e sarà la prima depositaria e promotrice». Aldo Bernacchi