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 2005  agosto 05 Venerdì calendario

D’Alema: «una favola quella dei due capitalismi». Il Sole 24 Ore 05/08/2005. - Fazio? «La scelta è affidata alla sua sensibilità»

D’Alema: «una favola quella dei due capitalismi». Il Sole 24 Ore 05/08/2005. - Fazio? «La scelta è affidata alla sua sensibilità». Consorte? «Risponde al suo Cda e alle leggi, certo non a me». Gnutti? «socio anche di Olimpia e nessuno ha mai detto niente». Ricucci? «Se il patto Rcs, in cui ci sono tutti i bei nomi del capitalismo buono, trema di fronte a lui, c’è qualcosa che non funziona: vuol dire che l’intero sistema è estremamente fragile». De Benedetti e Berlusconi? «L’idea è buona, ma come commistione politica non si scherza: non si è mai visto che il presidente del Consiglio e il presidente della Confindustria facciano una società insieme». Profumo? «Non ha capito qual è la nostra visione? Glielo dico io: più Stato e più liberalizzazioni». Massimo D’Alema affronta di petto la crisi del capitalismo italiano. Usa nomi e cognomi per mettere in chiaro che resta del suo parere: l’economia italiana ha bisogno anche di protagonisti nuovi. Come è stato in passato Roberto Colaninno con i suoi soci nell’avventura Telecom. E come è oggi Giovanni Consorte che con la sua Unipol si è lanciato alla conquista della Bnl. In questa intervista al Sole-24 Ore il presidente dei Ds sostiene che la vicenda Banca d’Italia avrebbe dovuto essere affrontata dal Governo in modo diverso: «In un paese civile il capo del Governo avrebbe chiamato il capo dell’opposizione, avrebbe concordato con lui i passi da compiere e le scelte...ulteriori. Non si sarebbe aperto un dibattito pubblico. E invece è venuta fuori una specie di arlecchinata». DI ORAZIO CARABINI Presidente D’Alema, il governatore Fazio deve dimettersi? Credo che la vicenda abbia inferto un colpo grave alla credibilità dell’istituzione Banca d’Italia e quindi ha reso difficile la posizione del governatore. La scelta è affidata alla sua sensibilità. Non tocca certo all’opposizione. Comunque, aprire un dibattito pubblico significa arrecare un danno ulteriore all’immagine dell’Italia. Ma il problema rimane, e il Governo per ora non lo ha risolto. In un paese civile il capo del Governo avrebbe chiamato il capo dell’opposizione, avrebbe concordato con lui i passi da compiere e le scelte ulteriori. Non si sarebbe aperto un dibattito pubblico. Io avrei fatto così. E invece è venuta fuori una specie di arlecchinata. Il Governo si sarebbe dovuto muovere con più decisione? Il Governo può togliere la fiducia politica al governatore ma è ragionevole che lo faccia avendo concordato la decisione con l’opposizione. La verità è che il Governo è debole. Non ha la forza per prendere iniziative importanti. E anche in questo caso pesa il conflitto d’interessi, la duplicità di ruoli del presidente del Consiglio. L’Italia è alla vigilia di una nuova Tangentopoli? Non credo che sia un fenomeno della stessa portata. Torna d’attualità la "questione morale"? Parlerei piuttosto di abitudine a rispettare le regole. una patologia preesistente, e non riguarda solo la politica, ma gran parte della classe dirigente. Compresa la magistratura? Compresa una parte della magistratura e dei corpi dello Stato. E poi c’è qualcosa di violentemente impudico in quanto sta succedendo. Intrufolarsi nelle conversazioni private della signora Fazio è roba da tricoteuses, da voyeurs. Insomma tutto questo putiferio si risolverà con l’introduzione del mandato a termine e una revisione delle competenze delle authority? In questi giorni ho letto che finalmente i Ds su questo argomento hanno assunto una posizione più aperta sulla spinta delle prese di posizione di alcuni esponenti dell’ala riformista. Sono autentiche idiozie. Abbiamo sempre sostenuto la necessità di procedere con un provvedimento snello e rapido. Un anno fa io stesso proposi al Governo di fare un decreto. Purché ci fossero tre punti essenziali: il rafforzamento della Consob e dei suoi poteri ispettivi; il trasferimento all’Antitrust della vigilanza sulla concorrenza bancaria per evitare conflitti d’interessi in capo alla Banca d’Italia; la temporaneità del mandato del governatore. Se fosse dipeso da noi, queste regole sarebbero in vigore già da un anno. la maggioranza che ha votato in modo diverso. Si è parlato tanto di italianità delle banche, della Banca d’Italia impegnata a difendere il sistema dall’assalto straniero. Non era piuttosto una questione di gruppi di potere? Non sottovaluterei il problema. Andiamo verso un mercato integrato nel quale l’Italia rischia di essere presente in modo subalterno. Se il cervello dei gruppi bancari sta tutto all’estero, l’Italia rimane un grande bacino di raccolta di risparmi che vengono impiegati altrove. Insomma l’Italia rischia di diventare il Mezzogiorno d’Europa perché si riprodurrebbe su scala europea quello che succedeva da noi: il risparmio raccolto al Sud finanziava, attraverso le banche, l’industria del Nord. Si torna a quei campioni nazionali che le erano tanto cari quando era presidente del Consiglio... Negli altri Paesi la politica è più vicina alle grandi imprese nazionali di quanto comunemente si creda. E noi, quando eravamo al governo, abbiamo sostenuto le imprese italiane. La questione non sono tanto i campioni nazionali quanto il posto dell’Italia al termine dell’integrazione europea. Le cordate che si sono formate per fronteggiare le Opa straniere su Bnl e Antonveneta le sembrano in grado di gestire con successo un progetto industriale valido? Le due cordate sono diverse. Nel caso della Bnl c’è solo Unipol con il sostegno di banche straniere. Beh, i punti di sovrapposizione ci sono: Gianpiero Fiorani, Giovanni Consorte, Chicco Gnutti. E che cos’ha che non va Gnutti? socio anche di Olimpia (la finanziaria che controlla Telecom Italia, ndr) e nessuno ha mai detto niente. In queste critiche c’è un evidente elemento di ipocrisia. La sostanza dell’operazione Unipol-Bnl è chiara. La proprietà della compagnia è trasparente, i conti sono positivi, la gestione è efficiente. Unipol è quotata da vent’anni. cresciuta acquisendo Winthertur e Aurora. Adesso vuole creare un grande gruppo bancario-assicurativo con Bnl. E ha messo sul piatto le risorse necessarie, in modo trasparente. E ha avuto il sostegno della Banca d’Italia e di alcuni politici. Credo che se il Bbva avesse offerto più soldi, anziché azioni, gli immobiliaristi forse avrebbero venduto agli spagnoli. Per inciso, le plusvalenze devono essere tassate di più: non è giusto che la rendita paghi meno imposte del lavoro. Che rapporto esiste tra le cooperative rosse e i Ds? Un rapporto di simpatia, di vicinanza. un mondo che ha le nostre stesse radici. Ma sono indipendenti. E poi un conto sono le cooperative, un altro conto è Unipol che è una società quotata e che non ha alcun vantaggio fiscale. A parte il fatto che se dovessimo escludere dalle Opa chi ha avuto dei benefici fiscali in Italia rimarrebbe ben poco.  vero che Consorte ha un rapporto di ferro con lei? Consorte risponde al suo consiglio di amministrazione e alle leggi. Certamente non a me. Può avere simpatie politiche per il nostro partito. E poi, io sono un leader della sinistra che raccoglie simpatie e ha amicizie anche nel mondo finanziario. Fassino e io siamo amici di tutti: di Della Valle come di Consorte. Ma come politici non dobbiamo favorire nessuno. Neanche ai tempi dell’Opa Telecom l’abbiamo fatto. Io non ho favorito l’Opa di Colaninno: mi sono limitato a non ostacolarlo quando mi veniva chiesto di usare la golden share contro di lui. Eppure è stato attaccato per il suo rapporto con Consorte anche da autorevoli esponenti del centro-sinistra. Già, è in atto una campagna politica e giornalistica che risponde a certi interessi. Legittimi. Quello che non trovo legittimo è che, nella tutela dei propri interessi, si demonizzi chi è portatore di interessi diversi. Ho visto amici del centro-sinistra insorgere contro Unipol, ma lo sappiamo tutti di chi sono, a loro volta, amici, che salotti frequentano. Però i giornali non lo scrivono perché sono di proprietà di chi siede in quei salotti. E alla proprietà di alcuni giornali può far comodo in questo momento dire che D’Alema e Unipol hanno un certo disegno politico. Ma quale? Se fosse vero, come sostengono gli stessi giornali, che Unipol ha fatto il passo più lungo della gamba, il nostro disegno sarebbe quello di far dei danni alle cooperative e a Unipol? Quindi è sbagliato parlare di "due capitalismi" che si confrontano? Non si può fare di ogni erba un fascio. Da una parte un capitalismo buono, produttivo. Dall’altra quello degli speculatori legati al mondo politico. una rappresentazione deviante, falsa. Se il patto Rcs, in cui ci sono tutti i bei nomi del capitalismo buono, trema di fronte a Stefano Ricucci, c’è qualcosa che non funziona. Vuol dire che l’intero sistema è estremamente fragile. E pensa di cavarsela dicendo che Ricucci opera per conto di D’Alema? Andiamo... Basta fare una passeggiata in centro a Milano per vedere che i membri del patto Rcs si sospettano l’uno con l’altro di essere dietro Ricucci. In palio c’è il controllo del principale quotidiano italiano. E va bene. Ma in quale Paese una società è controllata in quel modo? Con un patto che tiene dentro un po’ tutti? La verità è che il sistema è fragile. Raffigurarlo come sano, produttivo, aggredito dall’esterno da speculatori manovrati dal mondo politico è lontano dalla realtà. E si può fare solo perché gran parte dei giornali fanno capo agli stessi gruppi. Purtroppo il dibattito è inquinato perché i giornali possono scrivere male dei politici ma non dei loro proprietari. Quando toccherà a Mediobanca e alle Generali? Non credo che ci sia chi ha i mezzi per attaccare quelle società. A meno che non ci siano spalleggiatori nel fronte interno... Secondo lei, chi deve controllare le banche? Noi abbiamo avviato le privatizzazioni, ma adesso mi rendo conto che c’è un problema. Gli industriali e gli immobiliaristi è bene che non abbiano il controllo delle banche. I fondi pensione non ci sono perché quando provai a introdurli la Confindustria obiettò che si privavano le imprese di una fonte di autofinanziamento, anche se il Tfr sono soldi dei dipendenti. Non restano che le fondazioni: solo loro, pur nell’ambito di una graduale discesa, possono accompagnare le banche nel processo di integrazione europea se non vogliamo che tutto finisca in mano ai gruppi stranieri. una questione rilevante perché nei prossimi anni il sistema finanziario dovrà accompagnare l’economia italiana in un enorme processo di riorganizzazione e di riqualificazione, con forti investimenti. I fondi come quello creato dalla strana coppia Carlo De Benedetti-Silvio Berlusconi possono servire a questo scopo? L’idea di De Benedetti è intelligente: ha dato vita a uno strumento che risponde a un’esigenza vera. Ma non è un po’ strana la compagine azionaria? Beh, come commistione tra affari e politica non si scherza, altro che D’Alema e Consorte! Ma in quale Paese al mondo il presidente del Consiglio e il presidente della Confindustria si mettono a fare una società insieme? So che Montezemolo ha delle esitazioni. Se vuole difendere l’indipendenza della Confindustria, è meglio che rinunci a entrare nella società. Tra i cui soci, osservo, c’è anche la Bim, quella banca che ha tra gli azionisti l’immobiliarista Coppola. Ha paura che il sostegno dei giornali del gruppo De Benedetti al centro-sinistra si affievolisca? No, sono sicuro che De Benedetti, come ha sempre fatto, garantirà l’indipendenza dei suoi giornali. Piuttosto è Berlusconi che pensa al suo futuro. Ha capito che la sua avventura politica è nella fase del declino. Il disastro che lascia alle sue spalle è enorme. E la perdita di credibilità internazionale dell’Italia comincia da lì, molto prima del caso Fazio. Anche sul caso Fazio il centro-sinistra si è diviso: continuano le schermaglie per la leadership all’interno dello schieramento? Sarebbe un errore affrontare i problemi dell’economia italiana in questo modo. Per rilanciarla serve una classe dirigente unita. E invece queste baruffe danno la sensazione di una classe dirigente che è più impegnata a spartirsi i resti che non a ridare slancio all’economia. Ci attende un compito veramente impegnativo e se non siamo uniti rischiamo di non farcela, anche se possiamo mettere in campo una serie di personalità assai migliori di quelle attuali. Alessandro Profumo ha detto che voterà centro-sinistra anche se non ha capito qual è la vostra visione della società e dell’economia. Le primarie risponderanno a questi dubbi? Alle primarie si vota per la leadership. Non si confrontano programmi scritti ma è chiaro che votare per Prodi piuttosto che Mastella o Bertinotti significa scegliere una certa interpretazione del centro-sinistra. Ma io mi assumo la responsabilità di rispondere a Profumo. L’Italia ha bisogno di due cose: più Stato e più liberalizzazioni. Più Stato vuol dire una guida politica più autorevole. La crisi della Banca d’Italia è il segno della crisi politica. Un Governo degno di questo nome avrebbe reagito alla crisi Cirio-Parmalat creando le condizioni per evitare lo sfacelo cui siamo costretti ad assistere. L’Italia ha bisogno di una guida politica forte. Oggi nessun imprenditore dice: lasciate fare a me. Tutti vogliono essere aiutati nella ricerca e nella loro espansione all’estero. Non c’è contrasto tra più Stato e più liberalizzazioni? No. Il centro-destra ci lascia in eredità un ritorno allo statalismo corporativo. Invece noi vogliamo uno Stato più forte che garantisca una società più aperta, in grado di premiare il talento delle persone nel campo delle professioni, della ricerca, dell’università e dell’impresa. Orazio Carabini