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 2005  agosto 17 Mercoledì calendario

Gomelski Alexander

• Leningrado (Russia) 18 gennaio 1928, Mosca (Russia) 16 agosto 2005. Allenatore di basket di Ska Leningrado (’48- 52), Ask Riga (53- 66), Cska Mosca (66-88), Tenerife ( 88-89) e Limoges (90-91). Ha vinto 4 coppe Campioni e 15 titoli nazionali. Nel ’95 è stato votato nella Hall of Fame. C. t. dell’Urss dal ’58 al 60, dal 62 al 70 e dal 76 all’88. Ha vinto due ori, un argento e due bronzi ai Mondiali, un oro, un argento e due bronzi alle Olimpiadi, 8 ori agli Europei. «[...] straordinario e camaleontico personaggio, passato dall’inflessibilità dei giorni sovietici al nuovo corso russo [...] sarà sempre legato all’immagine dell’Armata Rossa e dell’Urss, due potenze di un basket che non verrà mai cancellato dalla storia. [...] confidò: ”Il sistema comunista è stato terribile. Non lo amo e forse non l’amavo nemmeno prima: peraltro, non avevamo scelta. Tuttavia, il comunismo ha fatto bene allo sport”. In nome della lealtà al sistema, Gomelski diede il meglio di sé e vinse Mondiali, Europei (8 tra il 1959 e il 1981), Coppe dei Campioni, fino al trionfo olimpico del 1988 sugli Usa di Robinson, il punto più alto della carriera e la rivincita sui detrattori. Già, perché se la ”Volpe bianca” (per la capigliatura canuta) ha griffato, a suon di successi, astuzie e sguardi gelidi, gli anni della cortina di ferro, le sconfitte non furono meno fragorose. Quella olimpica del 1980, eliminato dalla finale ”a casa mia” proprio ad opera dell’Italia, è la più grave: ebbe i suoi guai e ruppe con Serghei Belov, il fuoriclasse che lo oscurava. Ma i grandi rinascono e il generale tornò il Gomelski vincente del periodo d’oro. Era partito da un’Urss che quasi impediva ai giocatori di parlare (ma non di viaggiare con il caviale da vendere), approdò negli Usa sponsorizzando i suoi campioni, quando il mondo era ormai cambiato [...]» (Flavio Vanetti, ”Corriere della Sera” 17/8/2005). «[...] Il momento più bello nella storia della pallacanestro sovietica era stato per lui anche il giorno più triste. Aleksandr Gomelsky a Monaco ’72 non c’era. Lo aveva lasciato a casa - così almeno narra la leggenda - il Kgb, preoccupato che un ebreo dalla lingua tagliente quale era il patriarca del basket russo, decidesse di tradire la causa e chiedere asilo politico a Israele. Così gli tolsero il visto e alla guida della nazionale rimase Vladimir Kondrashin (che lo aveva sostituito 4 anni prima), che vinse l’oro nella più famosa sfida nella storia del basket olimpico, con il contestatissimo canestro allo scadere di Alexander Belov che sconfisse gli Stati Uniti. Si prese la rivincita nell’88, quando sconfisse a Seul gli Usa di David Robinson e coach John Thompson. [...] Unacarriera iniziata nel 1945, quando i sovietici occupavano Varsavia e, qualche giorno più tardi, liberavano Auschwitz. Aveva solo 17 anni, ma un grande amore per lo sport che lo avrebbe reso famoso e nel quale si era distinto al liceo numero 79 di Leningrado. Tre anni più tardi debuttò sulla panchina del Ska Leningrado, prima di spostarsi a Riga. Nel ’66 coronò il suo sogno, approdando al Cska, l’Armata Rossa. ”A quei tempi non esistevano clinic, la tv era appena nata, c’erano pochissimi libri su cui studiare, eravamo tutti autodidatti. Ma avevamo tanta passione e voglia di imparare. La nascita della coppa Campioni fu un passo fondamentale perché ci permise di viaggiare all’estero e fare esperienza”. Una volta ritiratosi dall’attività, Gomelsky restò comunque vicino allo sport che adorava, pubblicando10 libri di tecnica e diventando commentatore per la tv russa. La carriera da dirigente lo portò alla presidenza della federazione russa nel ’92, e poi a quella del Cska nel ’97. L’Uleb aveva deciso di onorarlo intitolandogli il premio che va al miglior allenatore dell’Eurolega. [...]» (m. o., ”La Gazzetta dello Sport” 17/8/2005).