Tommy Cappellini, Il Giornale 4/8/2005, 4 agosto 2005
ALDA E GIORGIO
Alda Merini: «Quando lo violentai, lui rimase senza parole... per mesi e mesi, finché si decise a prendere in mano la penna. Fui io che feci di Manganelli un grande scrittore».
Giorgio Manganelli: «L’amore è un eccellente combustibile per alimentare il malessere che può condurre alla letteratura. importante, estremamente importante, che l’amore vada male. L’amore è la più importante matrice di menzogna, e la menzogna la più importante matrice di mondi».
Alda Merini: «...ero così tremenda che mi soprannominò la bakunina e il nostro amore andò avanti a suon di schiaffoni» (questo a 16 anni, lei era una poetessa già apprezzata da Giacinto Spagnoletti, lui aveva venticinque anni ed era sposato con un figlio, ndr).
Alda Merini: «Coloro che credono che facessimo l’amore sul tavolino di un bar letterario sbagliano, in realtà meditavamo la morte dei nostri genitori».
Franco Fornari: «Il manicomio è come la rena del mare: se entra nelle valve di un’ostrica genera perle» (è lo psichiatra da cui Manganelli portò la Merini, tentando di evitare l’internamento in manicomio, ndr.).
Maria Corti: «Ogni sabato pomeriggio lei e Manganelli salivano le lunghe scale senza ascensore del mio pied-à-terre in via Sardegna e io li guardavo dalla tromba della scala: solo Dio poteva sapere che cosa sarebbe stato di loro. Manganelli più di ogni altro la aiutava a raggiungere coscienza di sé, a giocarsi bene il destino della scrittura al di là delle ombre di Turro» (introduzione a Vuoto d’amore della Merini).
Alda Merini: «Quei personaggi, dai medici ai malati, sono passati al vaglio delle mie ossa e ho capito, stranamente ho capito, che c’è una tale coesione tra il bene e il male, che c’è una tale voglia naturale di sopprimere il fratello che già nei manicomi c’è la premessa per la guerra» (da Reato di vita).
Giorgio Manganelli: «Nello spazio che gli uomini chiamano ”malato” nulla accade che non sia apparizione, che non porti seco una dimensione di bagliore, e non venga avvolto in una gigantesca, mostruosa vestizione d’ombra» (prefazione a Reato di vita).
Tommy Cappellini: «Alla fine del 1953 qualcosa si ruppe irreparabilmente tra la Merini e Manganelli. Questi non riusciva, stando alle parole scritte da Alda, a ottenere un divorzio consensuale dalla moglie. Fuggì allora su una Lambretta alla volta di Roma. Ma si trattò di fuga? Il racconto della figlia di Manganelli, Lietta, è più verosimile: suo padre e sua madre vivevano a Milano in una casa di dieci stanze, perfetta per chi non poteva soffrirsi. Un giorno Giorgio arriva a casa, trova delle valigie pronte e dice alla consorte: ”Oh che bello, viene a trovarci tua madre?”. ”No, sei tu che te ne vai”».
Giorgio Manganelli: «Preso da un’incompatibilità affettiva con il grigiore di Milano, mi sono autodeportato a Roma».
Giorgio Manganelli: «Entrambi furono rozzi, sleali, poveri, scontenti, fedeli (sic). Non ebbero pazienza l’uno per l’altra. Si disprezzarono. Non si odiarono, perché la loro povera anima non era capace di odio; erano sterili, cauti, allegri. Amavano bere, raccontavano storielle oscene, erano severi con gli innocenti, codardi coi colpevoli. Il loro letto non fu il fidato rifugio delle confidenze serali, ma un luogo di amare riflessioni... Non fecero mai lo stesso sogno nella medesima notte; non dissero mai le medesime parole nello stesso respiro... Del resto, queste sono cose che accadono di rado. Durante tutta la loro vita, essi vennero preparando questo sarcofago nuziale» (descrizione in terza persona dell’amore con Alda, in La notte).
Alda Merini: «Molta gente mi ha domandato di te/come se fosse possibile/domandare a un morto/che cos’era in vita» (da La Vita felice. La palude di Manganelli o il monarca del re).
Giorgio Manganelli: «L’amore è stata una parte importante della mia vita, seconda soltanto allo studio delle lingue».
Alda Merini: «Il tuo amore mi ha lasciata povera/ma non volevo nient’altro. Io e te siamo stati monaci malandrini/nel salace convento della scrittura» (La Vita, cit.)
Giorgio Manganelli: «L’innamorato è uno degli esseri più esiziali che esistano. una figura che va benissimo se si tiene conto che appartiene a questo Parco Lambro della demenza...».
Alda Merini: «Ma non eri tu ad avermi, era la psicanalisi./E in fondo, Giorgio,/ho sempre patito/quel che ti ho fatto patire» (La Vita, cit.).
Giorgio Manganelli: «Lo sai dunque che questa è la descrizione del nostro amore, che io non sia mai dove sei tu, e tu non sia mai dove sono io?».