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 2005  agosto 14 Domenica calendario

Faccia Fausto

• 1966. Capo del commando dei Serenissimi che la notte tra l’8 e il 9 maggio ’97 assaltò il campanile di San Marco a Venezia • «’Alla fine è andata bene...” . E lo dice senza spavalderia. ”Perché sapevamo che la nostra missione avrebbe avuto due sole possibilità di uscita: ricevere una pallottola in testa da un cecchino o farci qualche anno di galera”. [...] Era lui l’uomo che imbracciava il fucile carico (’E ringrazio Dio di non aver sparato, anche se c’è stato un momento in cui lo stavo per fare: in aria, solo in aria, ma chissà cosa sarebbe successo”). [...] ”Pentito? E come potrei?”. C’è un lampo d’orgoglio nello sguardo di quest’uomo dalla voce mite [...] ”Sono fiero all’idea che quella notte siamo riusciti a sottrarre un pezzo di territorio alla sovranità dello Stato italiano. E non un pezzo qualsiasi, ma il simbolo di Venezia: è come se grazie a noi fosse risorta, anche se solo per otto ore, la Repubblica di San Marco, la gloria dei Dogi [...] Abbiamo dimostrato che esistono ancora dei veneti che non si rassegnano ad essere svuotati di tutto: identità religiosa, storica, territoriale... Lo spirito che ci ha portati sul campanile è lo stesso che animava gli indiani d’America: attaccamento alla nostra terra e un senso di frustrazione per l’omogeneizzazione che avanza [...] Non potendo darci dei terroristi, ci hanno scaricato addosso l’arma del ridicolo, cercando di farci passare per i soliti veneti ubriaconi e un po’ deficienti... [...] L’errore principale è stato quello di sequestrare il traghetto. Ma non avevamo i soldi per costruire una barca, ci eravamo mangiati tutto. E poi, una volta saliti sul campanile, speravamo di resistere di più... [...] Appena partiti dal Padovano, abbiamo rischiato di finire con il camion, sul quale avevamo caricato il blindato da 150 quintali, in un canale. Poi ricordo che mentre ci dirigevamo verso Venezia c’erano momenti in cui speravo che il camion si rompesse: quasi cercassi un alibi per tornare a casa”» (Francesco Alberti, ”Corriere della Sera” 4/11/2002).