Varie, 11 agosto 2005
GRAVAGNUOLO
GRAVAGNUOLO Bruno Cava de’ Tirreni (Salerno) 1 settembre 1949. Giornalista. Dell’Unità • «Massimo Boffa, Giuliano Ferrara, Duccio Trombadori, un gruppo di intellettuali, di amici, tutti comunisti, tutti legati al Pci, che prima o poi hanno lasciato il partito dei lavoratori, delusi, seguendo, chi più chi meno, una deriva di destra. Fra loro c’è anche Bruno Gravagnuolo. Lui no, lui è rimasto nel grande alveo della tradizione comunista. [...] inviato dell’’Unità”. E ricorda quando lo prendevano in giro, dicevano che era un’’anima bella”, troppo ingenuo, troppo poco realista, troppo poco filosovietico. Ricorda: ”Giocavamo insieme a Risiko fino a notte fonda. Il più bravo era Giuliano, vinceva sempre. Con quelle sue manone spostava abilmente i suoi carrarmatini dal Kazakistan all’Afghanistan e in Kamciakta. Io polemizzavo con loro sul muro di Berlino. Vivevo con angoscia quel problema e loro ridevano come matti. Dicevano che ero di destra, che ero un idealista che si attardava sulle scempiaggini. Oggi con la stessa arroganza intellettuale mi accusano di essere comunista [...] Vengo da una famiglia di orientamento conservatore. Mio padre era un giovane fascista deluso. Votò monarchico e fu vicino anche al partito qualunquista di Giannini, ma se ne ritrasse perché inquinato dai fascisti [...] Io mi appassionavo ai temi della nazione, della patria. Attorno ai 13-15 anni simpatizzavo per la Giovane Italia. [...] Da piccolo andavo dalle suore. Ma ero troppo irrequieto. C’era una certa suor Damiana che dava schiaffi e picchiava. Mi mandarono via e fu la mia liberazione. Nella scuola pubblica, la Contardo Ferrini, entrai in contatto con un’altra classe sociale, gli abitanti delle grandi case popolari. Sembravamo i ragazzi della via Pal. Rubavamo le pere a villa Ghigi inseguiti dal contadino col bastone [...] La prima fiammata politica fu quando arrivai al Liceo Tasso [...] incontrai Paolo Mieli, Paolo Franchi, Lucio Castellano, Valerio e Walter Veltroni [...] Certamente il clima del Tasso mi aiutò. Quelli di sinistra erano colti, con loro era piacevole discutere. [...] Mi iscrissi alla Fgci nel 1967 [...] Ero un po’ scisso. Cercavo di tirare il Pci nel movimento ma il movimento non ci desiderava tanto. Ho fatto Valle Giulia ma non ho tirato pietre. Una sola volta ho preso qualche manganellata, a una manifestazione contro i colonnelli greci [...] Sono stato comunista almeno fino al 1976-77. [...] Non potrei mai dire, come ha fatto Fassino, che mi sono iscritto al Pci contro il comunismo. Io ritenevo che il Pci fosse molto diverso da quello sovietico. Però eravamo una scintilla di quell’incendio lì. [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 50/2001).