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 2005  agosto 11 Giovedì calendario

Io c’ero, Vanity Fair, 11/08/2005 L’attacco al World Trade Center. Paul Neal lavorava nella torre nord del World Trade Center quando fu attaccato l’11 settembre del 2001

Io c’ero, Vanity Fair, 11/08/2005 L’attacco al World Trade Center. Paul Neal lavorava nella torre nord del World Trade Center quando fu attaccato l’11 settembre del 2001. Oggi ha 44 anni, ed è un consulente in transport management a Londra. Ho lavorato per il mio cliente, l’Autorità Portuale di New York e del New Jersey, dal mese di aprile e il nostro quartier generale era al 63° piano. Ero in ufficio da appena 20 minuti quando l’edificio prese ad oscillare di almeno 3 metri, facendo cadere le piastrelle dall’alto. Non mi preoccupai troppo. Scesi le scale fino all’atrio e guardai fuori dalla finestra. Il terreno era coperto dai detriti di metallo, alcuni dei quali ancora incendiati, e punteggiato di brandelli che in realtà erano persone, e a ogni istante qualcun altro cadeva e faceva quell’orribile rumore sordo. I comandanti dei pompieri ci diressero verso un’altra uscita. Mentre mi allontanavo, ci fu un rumore di tuono e la seconda torre cominciò a collassare. Ero a 100 metri di distanza dalla base. Pensai: ” impossibile che qualcuno di noi possa correre abbastanza forte prima che tutto ci arrivi addosso. Moriremo tutti”. Era terribile vedere la polizia in preda al panico tanto quanto noi. Mi buttai giù per le scale di un sottopassaggio e alla fine sbucai vicino al ponte di Brooklyn (sul lato opposto di Manhattan). Fu come emergere in una tempesta di neve. Quindi vidi collassare la torre nord e pesai che tutti i documenti su cui stavo lavorando se n’erano andati. Ero così sconvolto che mi era impossibile avere pensieri razionali. Andai al mio appartamento, che dominava dall’alto la scena, e telefonai a mia madre per dirle che ero salvo. Rimasi a New York finché non terminai il mio progetto, nel 2003. Non volevo abbandonarlo. Restai nello stesso appartamento. A ogni cadavere trovato il suono delle attrezzature si fermava e la bara veniva portata via. Gli amici dissero che ero impazzito. Non riuscivo a concentrarmi nel lavoro. Ma poi dissi a me stesso che questo era un evento che segna il mondo, che sarebbe restato con me per tutta la vita e che dovevo reagire. Funzionò. Certo, mi ha reso più riflessivo: oggi valuto in modo differente le cose.