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 2005  agosto 09 Martedì calendario

MILOSEVIC Marko Belgrado (Serbia) 3 luglio 1974. Figlio di Slobodan • «[...] non ha né la statura del politico né l’intenzione di impugnare il vessillo paterno, dagli affari di Stato era rimasto fuori anche quando in Serbia il padre poteva tutto [

MILOSEVIC Marko Belgrado (Serbia) 3 luglio 1974. Figlio di Slobodan • «[...] non ha né la statura del politico né l’intenzione di impugnare il vessillo paterno, dagli affari di Stato era rimasto fuori anche quando in Serbia il padre poteva tutto [...] era venuto alla luce con un occhio semichiuso, poi il difetto era scomparso ma crescendo il ragazzino aveva rivelato un’indole introversa, un carattere fragile. La madre, che lo difende al di là di qualsiasi evidenza, una volta lo ha descritto così: ”introspettivo, romantico, molto sensibile e in certi momenti pronto a reagire con furia a offese ritenute ingiust”». I ragazzi di Novi Beograd (dove negli anni Settanta i Milosevic abitavano al 187 della Jura Gagarina) chiamavano Marko Milosevic ”il Marko di Vuka”, dal nome di una gagliarda balia di origine contadina che lo accompagnava continuamente. In quegli anni Slobodan aveva iniziato la carriera di presidente della ”Beobanka” e girava il mondo, Mira era lanciata nella carriera universitaria, al ragazzino restava Vuka cui si era affezionato in maniera ancora una volta morbosa. Una volta tornando dalle vacenze estive col ragazzino febbricitante i Milosevic restarono in casa un’intera giornata con le tapparelle chiuse, per evitare che Vuka si accorgesse del loro ritorno e li investisse di male parole per la scarsa attenzione riservata al piccolo. Quando, anni dopo, la famiglia si trasferì a Crveni Krst, più verso il centro, per non sottrarre al giovane Marko l’amata Vuka ogni mattina il neopresidente Milosevic accompagnava il figlio a Novi Beograd, lo affidava alla donna e tornava a prenderlo verso sera. All’età di quindici anni il fragile Marko comunicò alla famiglia che intendeva abbandonare la scuola e ancora una volta i genitori gli diedero ascolto nonostante la profezia della sorella Marja (’Se lo accontentate anche questa volta, gli rovinerete la vita”). Da quel momento (siamo nell’89) la storia di Marko comincia ad essere sempre più schiacciata dal potere paterno e sfiora sempre più di frequente la cronaca nera. A Pozarevac il giovanotto scopre la passione per il ”rallyes”, comincia a correre su una vecchia ”Jugo” e nonostante molti rovinosi incidenti presto una scuderia di Belgrado gli attribuisce straordinarie doti di pilota. Con altrettanta rapidità il mondo dei night della capitale gli affibbia il ruolo di ”uomo immagine”, i clan criminali lo corteggiano e gli forniscono ragazze. Soltanto gli uomini d’affari si tengono alla larga, su quel versante il ragazzo non ha alcuna abilità. Per un breve periodo Marko scopre anche simpatie fasciste, uno dei suoi passatempi diventa l’organizzare feste in casa di un diplomatico italiano che in una stanzetta nascosta aveva allestito una sorta di museo con busto di Mussolini, gagliardetti e altro ciarpame. Dinanzi a un uditorio sguaiato il figlio del comunista che guidava la Jugoslavia amava scattare nel saluto romano. A quegli anni appartengono diverse gite in Italia con contorno di banditelli, ragazze vistose e ”Ferrari” guidate a forte velocità, partecipazione a improbabili gare automobilistiche all’estero e incursioni banditesche durante i ritorni in patria. Nel’98 spalleggiato da tre ceffi Marko si presenta armato di pistola nella sede del settimanale ”Njn”, chiede del giornalista che ha fortemente criticato Mira Markovic in un articolo e gli dice: ”Se scrivi ancora cose del genere ti ammazzo”. Nel frattempo a Pozarevac ha rilevato il bar di un emigrato trasformandolo in discoteca: la chiama ”Madona” (in lingua serba la doppia consonante non esiste) e progetta un parco divertimenti che dovrebbe chiamarsi ”Bambi”, si fidanza con una ragazza di provincia con la quale mette al mondo Marko junior. Saranno l’inizio dei bombardamenti Nato e il vacillare della politica paterna a spingere il giovane Milosevic verso una vita meno smodata. Quando il conflitto esplode cerca di arruolarsi come volontario in Kosovo poi trascorre mesi cambiando casa ogni notte, per evitare di essere raggiunto da bombe particolarmente ”intelligenti”. Il 5 ottobre del 2000, quando esplode la rivolta contro il regime è il primo dei Milosevic a fuggire dal Paese, la madre lo imiterà due anni più tardi per sfuggire all’ondata di arresti seguita all’assassinio di Zoran Djindijc» (Giuseppe Zaccaria, ”La Stampa” 9/8/2005).