9 agosto 2005
Tags : Renato. Fabietti
Fabietti Renato
• Nato a Milano il 3 settembre 1923, morto a Cetona il 2 agosto 2005. Storico. «[...] Insegnante, storico, combattente per la libertà, e anche poeta [...] Poco più che ragazzo fu partigiano, Fabietti, nella sua terra, tra la sua gente, e poi risalì l’Italia combattendo, a fianco degli Alleati, con l’esercito regolare. Considerò sempre questi anni, gli anni della giovinezza, che ricordava senza retorica, come la stagione cruciale, non necessariamente la più felice, della sua vita. E allo spirito più ancora che alle speranze di quel tempo restò fedele a suo modo (e cioè in modo laico, disincantato, ironico, ma non per questo meno appassionato) per sempre. Basta meno, ormai, per essere considerato alla stregua di un noioso passatista, se non di un insopportabile settario. Se poi, come Fabietti, per decenni si insegna storia e filosofia nelle scuole superiori, e si lascia ampia traccia di sé in generazioni di liceali milanesi, i sospetti si addensano: forse il passatista e il settario è stato anche maestro di odio e di menzogne. E se poi, sempre come Fabietti, si scrive negli anni Settanta per Zanichelli, assieme al collega e amico Augusto Camera, un manuale di storia destinato ad avere, e a lungo, uno straordinario successo, allora altro che sospetti: lì, in quel libro fatto per finire nelle mani di tanti ingenui giovanetti, e plagiarli, sicuramente tutto quell’odio e quelle menzogne si compendiano, tra inammissibili apologie e ancor più inammissibili omissioni, in forma di retorica resistenziale e sinistrese. E bisognerà battersi perché i perfidi autori abbiano la condanna che meritano, e i fratelli e le sorelle minori o, ormai, i figli dei giovanetti ingannati restino immuni da simili lavaggi del cervello. [...] a Fabietti (e a Camera) è capitato, come ricorderà bene chi ha seguito [...] la veemente polemica sui manuali di storia nelle scuole, che dette luogo persino, sinché Gianfranco Fini non provvide in prima persona a strapazzare taluni giovani revisionisti eccessivamente entusiasti, alla promessa di qualche falò di libri di storici, diciamo così, degenerati. [...] c’è qualcosa di sconcio e prima ancora di incredibile nell’idea stessa che uno come Fabietti possa essere stato impunemente raffigurato nelle vesti del cattivo maestro. O anche solo di un bolscevico impenitente, e di un sodale degli infoibatori, lui che comunista non era mai stato, e che aveva giurato giovanissimo a se stesso di non diventarlo mai, camminando da solo tutta la notte per Milano, nel 1948, otto anni prima dell’’indimenticabile ’56”, alla notizia del colpo di Stato di Klement Gottwald a Praga» (Paolo Franchi, ”Corriere della Sera” 9/8/2005).