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 2005  agosto 08 Lunedì calendario

PAVLOVIC Marija.

PAVLOVIC Marija. Nata a Bijakovici (Bosnia Erzegovina) il primo aprile 1965. Veggente. Di Medjugorje (dal 24 giugno 1981). «[...] insieme con cinque amici, sul Crnica, una collina di Medjugorje, vide per la prima volta la Madonna. Da allora la ”Gospa”, come la chiama lei in croato, le si ripresenta tutti i giorni: alle sei meno un quarto del pomeriggio, ora solare, ovunque Marija si trovi. E il 25 di ogni mese le rivela un messaggio pubblico: da divulgare, tramite il parroco di Medjugorje, a tutto il mondo [...] vive in Italia, a Monza [...] Ha sposato un italiano e ha tre figli [...] ha dovuto sopportare tante prove. Decine di visite psichiatriche, l’ostilità della polizia comunista, e perfino quella del suo vescovo. Ma chi la incontra ha l’impressione di una donna felice. Colpisce, soprattutto, la sua ”normalità”: migliaia di persone la cercano pensando che abbia il potere di guarire, o di vedere il futuro. Lei accoglie tutti, ma rifugge da una religione magica, miracolistica, ed è decisa quando spiega: ”Non ho alcun potere soprannaturale, a chi mi chiede aiuto dico: posso pregare per te, ma la mia preghiera vale come la tua, la Madonna ascolta tutti [...] Noi veggenti ogni tanto scherziamo quando a Medjugorje arrivano i giornalisti e ci chiedono: ma non è che siete malati di mente: quando voi avrete dei documenti che vi dichiarano sani di mente come ce li abbiamo noi, tornate qui e discutiamo [...] L’allucinazione è un fenomeno individuale, non collettivo. E noi siamo in sei. [...] Per tanti anni ho pensato che sarei diventata suora. Avevo cominciato a frequentare un convento, il desiderio di entrarvi era fortissimo. Ma la madre superiora mi ha detto: Marija, se tu vuoi venire, sei la benvenuta; ma se il vescovo decide che non devi più parlare di Medjugorje devi obbedire. A quel punto ho cominciato a pensare che forse la mia vocazione era quella di testimoniare ciò che ho visto e sentito, e che avrei potuto cercare la via della santità anche fuori dal convento [...]”» (Michele Brambilla, ”Sette” n. 47/2001).