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 2005  agosto 08 Lunedì calendario

BIZZARRI

BIZZARRI Luca Genova 13 luglio 1971. Attore. Comico. Diventato famoso in coppia con Paolo Kessisoglu • «[...] Genovesi di nascita e di anima, genoani per fede, Luca e Paolo si conoscono da [...] quando passarono insieme le selezioni per la scuola di recitazione dello Stabile di Genova. Da allora hanno condiviso varie esperienze di vario genere, teatro serio, cabaret, televisioni e cinema [...] il momento centrale per Luca e Paolo è quello dei Cavalli Marci, formazione mitica del cabaret genovese nata a metà anni ”90 in un festival di nuovi gruppi organizzato dal Nessun Dorma Café. Per vedere e ascoltare q uella banda di dodici artisti, subito diventata il gruppo di culto dei teatrini off sotto la Lanterna, ogni martedì e venerdì sera c’è ressa davanti al Nessun Dorma di via Porta d’Archi, sull’angolo di via XX settembre. Si fa la coda per assistere a spettacoli di straripante nonsense. Dove, tra filastrocche che cuciono insieme canzoni incongrue (il medley su Viva la mamma è rimasto leggendario) e un viavai di personaggi un po’ così (Pessimismo e fastidio, Eva Trans, Er Vertebbra), va in scena un mix perfetto di vecchio cabaret, comicità demenziale e numeri musicali. Se il risultato sembra una festa dell’improvvisazione e del gratuito, ”nulla era lasciato al caso”, ricordano Luca e Paolo, ”si provava tutto più e più volte, ogni cosa era perfettamente studiata e messa a punto, con uno scrupolo e una pignoleri che ci siamo portati dietro”. Quel gruppo, che prendeva il nome da un gioco di ragazzi (una variante più cattiva della cavallina) e che era stato fondato da Claudio ”Rufus” Nocera e Fabrizio ”Pippo” Lamberti, nell’aprile del ”97 entrò nel Guinnesse dei primati per una ventiquattore ininterrotta di cabaret. Fu lì che la televisione li scoprì, e ad aggiudicarseli fu Italiauno che li impiegò in Ciro, il figlio Target accanto a Gaia De Laurentiis, Luciana Littizzetto e Bertolino. Ma intanto Luca e Paolo si mettono in proprio. Nella seconda edizione di Ciro compaiono solo loro. Nel ”99 sono i protagonisti di E allora Mambo! [...] A conti fatti fu il film italiano di maggior successo di quella stagione. [...]» (Ranieri Polese, ”Sette” n. 47/2001). «[...] ”Non abbiamo un solo registro. Abbiamo fatto i cretini e Amleto con Lavia, e non è che facesse morire dal ridere. Una volta ho fatto una bella discussione con un giornalista proprio su questo fatto delle catalogazioni e dei registri (che si fissano anche per colpa di chi fa il nostro mestiere) spiegandogli che se fai la Iena non vuol dire che diventi e sei una iena. Lui annuiva e si diceva d’accordo, poi il giorno dopo il titolo del suo pezzo era: ”Le Iene eccetera eccetera”. [...] Arrivano telefonate di gente che racconta torti subìti come se fossimo Superman vendicatori o giornalisti d’assalto. Succede perché c’è un calo della vera informazione. Mi fa ridere che guardano le Iene come se fosse un programma di valore culturale enorme, è solo un varietà. [...] Non è che noi siamo proprio d’accordo con la pula. Seguendo degli illeciti ci è capitato più di una volta di trovarci lì con il magistrato accanto e quindi si sono creati dei rapporti. Una cosa che mi piace molto delle Iene, e meno di Striscia, è che da noi c’è molta attenzione, difficilmente facciamo vedere le facce, tendiamo a denunciare l’accaduto e non il protagonista. Ci interessa far sapere di un posto dove i ginecologi rifiutano di fare l’aborto in ospedale ma lo fanno in studio pagando. Che si trattasse di Ischia non l’abbiamo detto noi. C’è poi la storia della battaglia dei ponti di Nassiriya: noi siamo i primi ad avere la cassetta in mano che non ci fanno mandare in onda, l’azienda fa un comunicato, noi non ci siamo opposti. Perché arriva alle Iene? Mica siamo un telegiornale. Ma si vede che gli altri, quelli che dovrebbero, gli scoop non li fanno, non li vogliono fare. Comunque, lo ripeto: quando si tratta di mettere il naso nelle faccende di grandi aziende, nessuno, e neanche noi, lo può fare [...] Io non sono di destra né di sinistra. Faccio l’attore e il comico in televisione. Non credo nella forza di convincimento del comico sulle masse televisive e credo che il mio compito sia anzitutto quello di far ridere, che è già difficile. Se Prodi fa qualcosa che mi fa venire una bella battuta, che fa ridere me per primo, la dico e lo stesso per Berlusconi. Non mi frega di altro. Ed è giusto dire che tante volte i nostri testi vanno in onda senza che nessuno li abbia letti [...] Se poi c’è una parte politica che dice più stronzate non è colpa nostra [...]”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 17/3/2006).