Note: [1] Winging it, ཿThe Economist july 16th-22nd 2005; [2] ཿLa Stampa 27/7/2005; [3] Jeffrey Kluger, ཿTime 8/8/2005; [4] Claudia Di Giorgio, ཿla Repubblica 10/7/2005; [5] Massimo Gaggi, ཿCorriere della Sera 8/5/2005; [6] Maurizio Molinari, ཿLa Sta, 8 agosto 2005
APERTURA FOGLIO 8 AGOSTO 2005
«Un vaso Ming volante. Così l’’Economist” ha definito lo Shuttle. Suggerendo di rottamarlo il più presto possibile». [1]
E quando succederà? [2]
«Secondo i piani della Nasa la flotta, tre navicelle in tutto, dovrebbe andare in pensione nel 2010. Il loro posto sarà preso dal Crew Exploration Vehicle, la cui progettazione è stata commissionata a Lockheed Martin e Northrop Grumman-Boeing con due contratti da 28 milioni di dollari l’uno. Il problema è che se va bene saranno pronti nel 2014, il che appiederebbe gli americani per quattro anni costringendoli a chiedere un passaggio ai russi». [2]
A cosa serve lo Shuttle? [3]
«Ad esempio per salvare il telescopio spaziale Hubble. Lanciato nel ’90 ha dato grandi risultati inviando immagini di galassie distanti, stelle appena nate e spettacolari collisioni nel nostro sistema solare. L’ultima che ha ripreso è stata quella della sonda Deep Impact che il 4 luglio si è schiantata contro la cometa Tempel 1. Hubble ha bisogno di nuove batterie e giroscopi per continuare a funzionare altrimenti finirà di operare nel 2008. Questo è uno dei motivi per cui serve lo Shuttle». [2]
E la missione di questi giorni? [3]
«La principale ragione per cui nonostante i ripetuti problemi ed incidenti la Nasa non abbandona lo Shuttle è che è indispensabile per completare la Stazione spaziale: molti dei componenti sono stati disegnati per essere lanciati con la navetta Discovery, e gli americani si sono impegnati con i loro partner internazionali per la consegna. [1] L’ultima missione doveva trasportare alla Stazione spaziale 13 tonnellate e mezzo di rifornimenti caricandone 12 di immondizia. Il tutto per un costo di mezzo miliardo di dollari». [3]
Mi sembra tanto. [3]
«Non solo a lei: consideri che lo Shuttle assorbe il 40 per cento delle risorse Nasa. [3] Il punto è che Bush non vuole scontentare i suoi partner internazionali, il cui supporto tecnico e finanziario gli è indispensabile per le prossime missioni». [1]
Sarebbero? [2]
«Luna e Marte sono gli obiettivi prioritari stabiliti da Bush nella ”Vision for Space Exploration” annunciata lo scorso 14 gennaio. Secondo l’ente spaziale americano gli astronauti potranno rimettere piede sulla Luna entro il 2015. L’obiettivo è quello di creare una base permanente da usare come punto di partenza per altre missioni. Nel 2008 la Nasa lancerà la sonda LOLA, Lunar Orbiter Laser Altimeter, che farà la mappatura laser del satellite». [2]
Per quando è previsto lo sbarco su Marte? [2]
«Dopo il 2020. [2] I progetti sono ancora nebulosi. La distanza minima dalla Terra è di 56 milioni di chilometri: con le tecnologie attuali, una missione umana su Marte non può durare meno di due anni e mezzo, uno per andare e tornare e almeno 18 mesi in attesa che il pianeta torni nella posizione più vicina a noi. C’è quindi chi è convinto che il viaggio sia impossibile finché non sarà sviluppato un nuovo metodo di propulsione; chi progetta astronavi da montare pezzo per pezzo sulla Stazione spaziale; chi pensa, ed è la maggioranza, che si debba procedere per tappe: prima la base lunare e poi da lì verso Marte. Nell’attesa, si spediscono sonde e robot, si studia e si disegna. Sperando che i responsabili delle scelte politiche, oltre alle parole, ci mettano i soldi». [4]
Ma che ci vanno a fare su Marte? [2]
«Questa missione eccita gli animi più del ritorno sulla Luna. E costruisce consenso per il bilancio Nasa, parliamo di 34 miliardi di dollari. Tenga a mente un’altra cosa: la Nasa dà lavoro a un sacco di gente, molta della quale in Florida. E la Florida è uno Stato decisivo per le elezioni presidenziali... [3] Comunque, l’invio delle sonde Spirit e Opportunity è stato un successo, ha rilanciato l’interesse e sarà seguito da altre missioni in agosto, nel 2007 e nel 2009». [2]
Dobbiamo aspettarci altri fallimenti? [4]
« vero. La Nasa infila un insuccesso dopo l’altro. O meglio, alla buona riuscita delle missioni delle sonde spaziali automatiche come Voyager e Cassini, fa riscontro una gestione assai problematica dei voli con uomini a bordo. E sa qual è il paradosso?». [5]
Dica. [5]
«La Nasa superinformatizzata di oggi fa fatica a gestire missioni meno complesse di quelle condotte negli anni 60 e 70, quando i computer vivevano la loro preistoria». [5]
Possibile? [5]
«Pensi che ci si comincia a chiedere se proprio la tendenza ad affidarsi sempre più a procedure informatiche automatizzate non stia togliendo agli specialisti la capacità di capire le anomalie e di affrontarle con inventiva. [5] E i fatti di questi giorni confermano questa teoria. Avrà sentito che la riparazione necessaria per consentire al ”Discovery” di poter tornare sulla Terra senza correre rischi per la sicurezza è stata fatta con pinze e seghetto, ma forse non sa che le pinze facevano parte della dotazione dell’equipaggio, mentre il seghetto era stato portato a bordo dall’astronauta Stephen Robinson, convinto che avrebbe potuto essergli utile». [6]
C’è qualcuno che sta approfittando della crisi Nasa? [4]
«Sì, sulla scena dell’esplorazione spaziale si stanno affacciando nuovi e agguerriti protagonisti. Tanto che mentre da un lato il futuro dell’astronautica sembra più incerto che mai, dall’altro forse non è mai stato così ricco di opportunità». [4]
E quali sarebbero? [4]
«In America chi ha molti soldi e spirito d’avventura già prenota biglietti da 200 mila dollari per volare, tra 5 o 10 anni, nello spazio. La costruzione di astronavi private è divenuto il costosissimo hobby di imprenditori miliardari della Silicon Valley come Jeff Bezos e Paul Allen. [5] Tra i pionieri dello ”spazio ai privati” ci sono quelli che hanno lanciato SpaceShipOne, la prima astronave privata a effettuare un volo suborbitale, con i finanziamenti dei miliardari intraprendenti della new economy. La loro idea è che la fettina di spazio che va dalla Terra fin su alla Stazione spaziale internazionale sia ormai matura per un uso commerciale: per testare e sviluppare innovazioni tecnologiche, effettuare trasporti iperveloci e, naturalmente, per il turismo. Secondo alcune proiezioni, in quella fettina di spazio c’è un mercato di vari miliardi di dollari. Se si svilupperà, entro vent’anni i tre quarti dei lanci saranno di ”taxi spaziali” che andranno su e giù con uomini e merci». [4]
E le agenzie pubbliche? [4]
«A loro toccheranno esplorazione e conquista. Anzitutto, quella della Luna. Dove, stavolta, si va per restare, costruire un avamposto robotizzato e poi una colonia abitata: un’infrastruttura spaziale fatta di ambienti gonfiabili in superficie e tunnel sotterranei, che serva come laboratorio per imparare a stare lontani dalla Terra, sviluppando le tecnologie per vivere in ambienti extraterrestri e sfruttare le risorse locali. E dove si va tutti insieme, perché i grandi progetti costano, e quanto più numerosi sono i soggetti che pagano meglio è». [4]
Stavolta, quindi, la Nasa non tornerà sulla Luna da sola? [4]
«La Cina, che nel 2003 ha mandato nello spazio il primo takionauta, ci sta facendo un pensierino. [4] A ottobre dovrebbe partire Shenzou VI, la nuova missione che prevede tra l’altro l’arruolamento di 30 donne astronaute, pilota e scienziate. Scopo finale, portare di nuovo uno o più cinesi nello spazio, dopo il trionfo della missione di Yang Liwei. Ma la Cina guarda avanti e ha già pensato a Shenzou VII, che avrà il compito di circumnavigare la Luna per aprire la strada ad un eventuale ritorno dell’Uomo sul satellite terrestre. [7] Poi c’è l’India, che ha fissato per il 2007 il lancio del suo primo satellite in orbita lunare: a bordo ci saranno strumenti scientifici dell’Esa, l’agenzia spaziale europea, che una missione intorno alla Luna ce l’ha adesso: si chiama Smart-1, e ha sperimentato con successo un nuovo sistema di propulsione elettrico-solare. Ma il progetto che può scombinare le carte nel breve periodo è un altro». [4]
Quale? [4]
«Quello di Roscosmos, l’agenzia spaziale della Russia post-comunista, a cui i disastri finanziari e politici non hanno impedito di conservare ottime capacità tecnologiche e una grande vitalità innovativa. Rkk Energia - l’industria che costruisce la Soyuz - ha ideato Kliper, un velivolo riutilizzabile, lungo una decina di metri, in grado di portare due piloti e quattro passeggeri, magari paganti. I russi, i cui rapporti con la Nasa sono diventati alquanto gelidi, vorrebbero realizzarlo e gestirlo con l’Esa, che lo sta valutando seriamente, ma ne hanno discusso anche col Giappone. Dotato di due piccole ali, Kliper parte in cima a un razzo ma può atterrare su una pista qualunque; è molto più economico degli Shuttle, e benché sia destinato anzitutto a far da navetta con la Stazione spaziale, può essere modificato per continuare fino alla Luna. [4] Alla Nasa però stanno già pensando alla contromossa». [5]
Sarebbe? [5]
«Quando gli Shuttle andranno in pensione potrebbero non essere sostituiti da navette di nuova generazione ma tornando al passato, con astronauti e carichi messi in cima a missili. Stando ai disegni che circolano, dovrebbero somigliare ai ”Saturn”, i vettori delle missioni Apollo. Una soluzione più efficiente, economica e sicura, assicurano gli esperti. [5] Tutto questo finché non costruiranno un ascensore che ci porterà direttamente nello spazio». [8]
Mi prende in giro? [8]
«’Sarà realtà cinquant’anni dopo che tutti avranno smesso di riderne”. L’ha scritto Arthur C. Clarke, celeberrimo scrittore di fantascienza, ne Le fontane del paradiso, un romanzo del 1979. Immaginava un futuro nel quale l’uomo avrebbe raggiunto lo spazio senza bisogno di razzi, ma salendo i piani di una torre alta 100 mila chilometri. Dopo essere stata bollata per anni come pura fantasia, oggi l’idea di costruire un ascensore spaziale viene presa sul serio. Il Nasa Institute for Advanced Concepts (Niac), l’istituto che studia progetti futuribili per conto dell’agenzia spaziale statunitense, ha già stanziato oltre 500 mila dollari per verificarne la fattibilità. Secondo gli addetti ai lavori, passeranno meno di 15 anni prima che l’uomo possa raggiungere lo spazio premendo il pulsante dell’ultimo piano». [9]
E come funzionerebbe? [8]
«Si tratta di prendere un satellite in orbita geostazionaria, cioè che giri intorno alla Terra alla stessa velocità con cui la Terra ruota su se stessa, quindi rimanendo fermo rispetto al nostro pianeta nello stesso punto del cielo, e di ancorarlo al suolo con dei cavi lunghissimi. In pratica, un’immensa funivia». [8]
Non la fa un po’ troppo facile? [8]
«So bene che ci sono molti problemi pratici da superare. Ad esempio: quale materiale si dovrebbe usare per costruire una torre che si sviluppi per almeno 35 mila chilometri senza crollare sotto il proprio peso? Le ricerche sui nanotubi di carbonio sembrano fornire il materiale giusto: sottile come un foglio di carta, cento volte più resistente dell’acciaio ed estremamente leggero. I nanotubi si producono soltanto in laboratorio, in piccole quantità e con costi elevatissimi. Ma considerate le loro straordinarie proprietà, che li rendono la materia chiave per una serie di applicazioni futuribili, aziende e università sono in cerca di metodi per produrne tanti a poco prezzo». [8]
Non mi sembra l’unico problema. [8]
«Risolto quello, bisognerà trovare il modo di spingere in alto per decine di migliaia di chilometri le cabine dell’ascensore, senza appesantirle e minimizzando l’usura del cavo. Levitazione magnetica, propulsione laser, recupero dell’energia durante la fase di discesa... Insomma, una soluzione si può trovare». [8]
E dove lo metterebbero quest’ascensore? [8]
«Bisogna evitare imprevisti, come tempeste o fulmini, che ne possano compromettere la struttura. L’idea è di non costruirlo sulla terraferma, ma su una piattaforma mobile galleggiante sull’oceano, che possa essere spostata all’occorrenza. Una torre che spunta dalle acque dei tropici, con pareti sottili come lamine, e svetta oltre l’atmosfera solcata da cabine velocissime e silenziose». [8]
Mah... [8]
«La capisco, sembra un progetto velleitario, ma Robert Cassanova, direttore dei Niac, assicura che è tecnicamente fattibile. E il professor Bradley Edwards, cui il Niac ha finanziato due studi di fattibilità, aggiunge che l’uomo ha realizzato strutture più grandi e complesse di questa: ”Costruire l’ascensore spaziale - ha detto - sarebbe impegnativo ma non impossibile; e costerebbe meno di altri progetti”». [8]
A proposito: di quanti soldi stiamo parlando? [8]
«Tra i 10 e i 40 miliardi di dollari, una somma paragonabile a quella investita negli anni Settanta per sviluppare lo Shuttle. Con la differenza che ogni volo dello Shuttle costa 500 milioni di dollari, ed espone il materiale trasportato, compreso quello umano, a rischi e scossoni. L’ascensore spaziale, invece, permetterebbe di viaggiare a un prezzo infinitamente più basso e senza vibrazioni. Non dovendo badare al peso e alla delicatezza degli strumenti mandati in orbita, si potrebbero organizzare missioni spaziali sempre più frequenti e complesse. Grazie a una struttura del genere, si potrebbero lanciare uomini e materiali verso qualunque meta attorno alla Terra in maniera più semplice ed economica di quanto avvenga con i mezzi oggi in uso. Si calcola che le attuali missioni Shuttle costino tra i 10 mila e i 40 mila dollari per chilogrammo trasportato. Una volta costruito l’ascensore spaziale, le spese crollerebbero a poche decine di dollari al chilo». [8]
Avranno pensato anche ai turisti. [8]
«Il turismo interplanetario diventerebbe un’opportunità alla portata di quasi tutte le tasche. David Smitherman del Nasa Marshall Space Flight Center di Huntsville, dice che ”l’ascensore spaziale ha le carte in regola per aprire lo spazio ai trasporti di massa, così come le ferrovie e le autostrade hanno fatto sulla Terra”. Ecco spiegato l’interessamento della Nasa. Ma c’è anche chi ha intenzione di lanciarsi nell’impresa senza attendere finanziamenti da parte di governi ed enti pubblici: Michael Laine, un ex collaboratore di Edwards, vuole arrivare per gradi alla costruzione dell’ascensore, sviluppando una dopo l’altra le tecnologie di cui ha bisogno, cominciando coi nanotubi, e commercializzandole per finanziare il resto del progetto. Il fine ultimo è il varo di un regolare servizio di navette tra la Terra e lo spazio. [8] Sul sito della sua compagnia, la LiftPort Group, c’è anche la data prevista per il primo lancio: 12 aprile 2018». [10]