Mario Pappagallo, Corriere della Sera, 29/07/2005, 29 luglio 2005
Bloccando un gene si vivrà 25 anni in più, Corriere della Sera, 29/07/2005 Il dottor Faust vendette l’anima al diavolo per un’eterna giovinezza mai ottenuta
Bloccando un gene si vivrà 25 anni in più, Corriere della Sera, 29/07/2005 Il dottor Faust vendette l’anima al diavolo per un’eterna giovinezza mai ottenuta. Non sapeva ancora che il segreto è in un piccolo tratto di Dna, un gene. Non quello dell’immortalità, ma di una vecchiaia in salute giovanile. Particolare importante: bloccando questo gene la vita media si allungherebbe di un 30 per cento. Tradotto: se la media attuale è 78-80 anni, potrebbe toccare i 100-105 anni. E tutto ciò senza dover scendere a patti con il diavolo. Il gene è il P66shc. La scoperta, tutta italiana, è avvenuta in due tempi: nel 1999 (storica la pubblicazione su Nature) l’identificazione di questo frammento di Dna anti-aging; nel 2005 (la pubblicazione su Cell, la più importante rivista scientifica al mondo di biologia cellulare) ecco il suo meccanismo d’azione. Lo studio è stato finanziato dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc). "Sei anni fa dimostrammo che gli anni di vita dei mammiferi sono geneticamente determinati, incidenti a parte: nell’animale, inibendo l’attività del gene P66, la durata di vita aumenta del 30 per cento – spiega Pier Giuseppe Pelicci, direttore del Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto europeo di oncologia e coordinatore del gruppo Ieo-Ifom autore della ricerca ”. Oggi sappiamo come questo avviene. Siamo quindi, dal punto di vista scientifico, nella posizione di trovare una o più molecole in grado di bloccare l’attività di P66 per ottenere non solo una durata maggiore della vita, ma soprattutto una durata maggiore della vita sana, senza le malattie connesse all’invecchiamento cellulare, come l’aterosclerosi, il Parkinson, l’Alzheimer e il cancro". Soddisfatto il professor Umberto Veronesi, direttore scientifico dello Ieo: "Tutte le ricerche che indagano l’invecchiamento sono importanti, proprio per riuscire a raggiungere un allungamento della vita in buona salute. La scienza non si interessa dell’immortalità, ma delle malattie degenerative legate all’invecchiamento. Noi dobbiamo studiare come preservare la migliore qualità di vita possibile". Ma come funziona questo P66? Marco Giorgio, primo firmatario del lavoro su Cell, cerca una spiegazione comprensibile ai profani: "Da tempo sappiamo che all’interno della cellula i mitocondri (le "centrali elettriche" cellulari, ndr) producono l’energia necessaria alle funzioni vitali, ma il costo biologico di questa attività sono i radicali liberi (rifiuti) e acqua ossigenata (H2O2). In una vita media, di circa 75 anni, un uomo produce circa due litri di acqua ossigenata. L’H2O2 è molto pericolosa per la cellula stessa, perché tende, a causa delle reazioni termodinamiche che innesca, a indurre mutazioni dannose nelle proteine e nel Dna che costituisce i geni. Da qui invecchiamento e morte. Studiando a fondo P66 abbiamo scoperto che il mitocondrio non produce H2O2 per caso, ma volontariamente. La proteina prodotta dal gene P66 lavora nel mitocondrio, dove sottrae elettroni per legarli a molecole di ossigeno e produrre proprio H2O2". Ma allora P66 è un gene "cattivo"? "Non esistono in natura geni "cattivi" – replica Enrica Migliaccio, coautrice delle ricerche ”. Anzi, P66 serve a regolare i cicli fondamentali delle cellule nell’uomo e in tutti i vertebrati: dalla morte (apoptosi) alla nascita di nuove cellule. E’, in pratica, il gene regolatore del rinnovamento dei tessuti. Il prezzo biologico che paghiamo per questo ricambio vitale è proprio l’invecchiamento". Quindi perché si deve andare a bloccare P66? "La scoperta del meccanismo d’azione di P66 ha implicazioni filosofiche – conclude Pelicci ”. Dal punto di vista evolutivo, è chiaro che l’invecchiamento non ha alcun interesse. La natura lo considera un evento poco rilevante ai fini della conservazione della specie. Ha però implicazioni pratiche. Poiché noi oggi non viviamo in condizioni naturali, possiamo biologicamente fare a meno di P66 e combattere l’invecchiamento. E’ solo questione di risorse poter trovare inibitori di questo affascinante gene per perseguire una "più lunga" qualità di vita". I tempi? "Pochi anni con i fondi adeguati. Conosciamo la reazione chimica e già esistono dei potenziali inibitori: vanno provati". Mario Pappagallo