Varie, 4 agosto 2005
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Viren Lasse
• Myrskyla (Finlandia) 22 luglio 1949. Mezzofondista. «[...] Faccia bianca, scavata, sorriso timido. Braccia alzate, le scarpette in mano. Giochi di Montreal, 1976. [...] correva e vinceva. Senza stancarsi. Lasse Viren, poliziotto, quattro titoli olimpici nei 5 e 10 mila metri. Il primo a ripetere un’accoppiata consecutiva mai riuscita a nessuno (aveva già vinto nel 1972) • Il primo oro su pista della Finlandia in 36 anni. Un mito, nell’atletica. Per questo a Viren hanno dedicato due statue. Dal 1999 è anche membro del parlamento, per il partito conservatore. [...] Nel ”72 ai Giochi di Monaco. Era il mio debutto, avevo 23 anni, venivo da un paesino, Myrskyla, mio padre faceva l’autotrasportatore. Caddi a metà gara, nei diecimila, ero in quinta posizione, fu il tunisino Gammoudi a farmi inciampare. Però mi rialzai, non pensai nemmeno per un attimo che la mia avventura era finita lì. Mi dissi: alzati e vai. Fui anche fortunato, quel giro fu lentissimo e recuperai. Ero secondo, dopo 230 metri. Ero anche molto in forma, corsi benissimo gli ultimi ottocento metri e migliorai il record mondiale di Ron Clarke che durava da sette anni” [...] si è sempre detto che [...] si aiutava con l´autoemotrasfusione. ”Balle. Io avevo un allenatore, con lui pianificavo la stagione. Il mio training prevedeva doppia razione di fatica ogni giorno. Per questo vincevo quando serviva. Mi allenavo nella foresta, d’estate. E per strada d’inverno. Non so se vi rendete conto com’è la stagione fredda in Finlandia. Correre nei boschi ti aiuta a capire dove mettere il piede, ti dà concentrazione e elasticità, non ho mai avuto un incidente. E soprattutto ti rendi conto di una cosa: sei solo. Qualsiasi cosa capiti, dovrai arrangiarti”. [...] si arrangiò con le scarpette a Montreal [...] ”Ancora questa storia? [...] vero. Sul podio agitai le scarpette, le mostrai a tutti. Un gesto spontaneo, non preparato. Modello Tiger, marca Asics, giapponese. Nessuno me lo aveva ordinato. Quelle scarpette con i chiodi erano strette, facevano male. Le agitai, come liberazione. Poi subii un interrogatorio. Perché lo avevo fatto? Chi mi aveva pagato? Con chi mi ero messo d’accordo? Tanto per far capire i tempi, una santa inquisizione, volevano squalificarmi. A quei signori risposi facendo vedere le mie vesciche. E comunque avevo vinto. Oggi gli atleti ti propinano certe pubblicità, anzi te le sbattono sul muso, se le stampano addosso, è gente che magari neanche arriva al traguardo [...]» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica’ 4/8/2005).