Mario Sensini, Corriere della Sera, 29/07/2005, 29 luglio 2005
I saggi di Palazzo Koch? Versano una cauzione in Bot da 25 euro, Corriere della Sera, 29/07/2005 Qualcuno ricorda ancora il vecchio Giobatta Parodi arrivare in Via Nazionale alla guida della sua Fiat 500 blu con il radiotelefono
I saggi di Palazzo Koch? Versano una cauzione in Bot da 25 euro, Corriere della Sera, 29/07/2005 Qualcuno ricorda ancora il vecchio Giobatta Parodi arrivare in Via Nazionale alla guida della sua Fiat 500 blu con il radiotelefono. Negli anni ’70 era uno degli uomini più ricchi d’Italia, proprietario dell’Acquedotto De Ferrari Galliera. E sedeva nel Consiglio Superiore della Banca d’Italia, l’organismo cui lo statuto della banca centrale affida l’amministrazione generale, dalle promozioni agli stipendi. E soprattutto un potere unico, quello di nominare e revocare il governatore e i membri del Direttorio. Con Parodi, allora, nel Consiglio c’erano imprenditori del calibro di Giulio Ponzellini, titolare della Castelli mobili, o Rosolino Orlando, a suo tempo conosciuto come il «re del rame». Tutti eletti, come gli attuali membri del Consiglio, dall’Assemblea dei Partecipanti nelle quattordici sedi della Banca (in realtà tredici, perché Livorno e Firenze nominano un solo consigliere). Eletti, si diceva, con una procedura un po’ particolare. Avotare nelle assemblee locali, infatti, sono sempre gli stessi «Partecipanti» che votano a Roma il 31 maggio all’assemblea della Banca d’Italia: un tempo le casse di risparmio, oggi le grandi banche che ne hanno raccolto l’eredità (Banca Intesa da sola ha il 29% della Banca d’Italia). E questo ogni cinque anni, tanto dura il mandato al Consiglio Superiore che è rinnovabile. O prima, perché una regola non scritta ma rispettata impone le dimissioni al Consigliere una volta raggiunti gli ottant’anni. Il tutto senza grandi patemi d’animo, poiché le nomine sono sempre cadute sui Reggenti della sede medesima. Ovvero i titolari amministrativi (e da statuto responsabili «dell’apertura e della chiusura delle sagrestie»), com’erano Parodi a Genova, Orlando a Firenze e Ponzellini a Bologna. Come sono oggi Paolo Emilio Ferreri, Consigliere decano, reggente a Torino, Cesare Mirabelli a Roma, Giordano Zucchi a Milano e così via. Reggenti, per giunta, eletti tra i membri del Consiglio di reggenza della sede, che a sua volta viene nominato dal Consiglio Superiore della Banca d’Italia su proposta del governatore. Le regole non sono cambiate. E ancora oggi, come nel 1936, lo statuto della Banca d’Italia, impone ai membri del Consiglio Superiore incombenze e doveri precisi. Primo tra tutti la riservatezza. Poi l’incompatibilità con gli incarichi politici (Giovanni Castellani lasciò nel ’98 dopo essere stato eletto deputato) e societari. Non si può esser dipendenti o amministratori di banche o società di intermediazione finanziaria, né dirigenti o impiegati pubblici. Né, in alcun caso, essere in «conflitto di interesse» con la Banca. Ultima incombenza che riguarda i Consiglieri, il deposito cauzionale. Titoli di Stato «a garanzia della carica» ricoperta. Vincolati in un deposito e inalienabili per tutta la durata del mandato. L’importo? Fino a tre anni fa 50 mila lire. Oggi, se nulla è cambiato, poco meno di 25 euro. Mario Sensini