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 2005  luglio 31 Domenica calendario

Fazio ha difeso troppo le banche, La Stampa, 31 luglio 2005 PI regole meno pettegolezzi. Sostiene Sergio Siglienti: «Questo polverone su episodi ridicoli - la telefonata a mezzanotte del governatore Fazio all’amico Fiorani, Fiorani che entra di «nascosto» a palazzo Koch, la moglie del governatore - serve solo a distrarre dai problemi reali

Fazio ha difeso troppo le banche, La Stampa, 31 luglio 2005 PI regole meno pettegolezzi. Sostiene Sergio Siglienti: «Questo polverone su episodi ridicoli - la telefonata a mezzanotte del governatore Fazio all’amico Fiorani, Fiorani che entra di «nascosto» a palazzo Koch, la moglie del governatore - serve solo a distrarre dai problemi reali. Il vero nodo da affrontare sono le regole che, ha ragione Salvatore Bragantini, vanno stabilite in anticipo. Soprattutto non dimentichiamoci che ci vogliono regole a tutela del piccolo rispamiatore e non del risparmio, cioè delle banche, com’era nella visione di Fazio». Ex presidente della Banca Commerciale, Siglienti, per età e caratura personale (fu tutore severo della grande tradizione e dell’indipendenza della Comit anche dalla Mediobanca di Enrico Cuccia; in Bnl, era uno dei tre vicepresidenti, a rappresentanza dell’Ina, allora nel patto di sindacato) è personaggio tanto distaccato quanto credibile per discutere del «caso Fazio» e del deficit etico della nostra classe dirigente. Professore, solo pettegolezzi? A parte la questione di stile, vedi cellulari&parenti, il governatore, come i giudici, non dovrebbe apparire oltre che essere imparziale? Le sembrano normali rapporti così «familiari» tra controllori e controllati? «Sarà la magistratura a giudicare se vi sono responsabilità. Per quello che finora ho letto - sono in vacanza a Stintino - mi pare circoli molta fuffa. Fiorani andava a palazzo Koch senza farsi registrare? Anch’io l’ho fatto; se si è conosciuti si può entrare in auto, le tendine abbassate, dall’ingresso del governatore. Quanto alla telefonata mi sembra che Fazio abbia parlato con Fiorani quando il mercato già sapeva che Bankitalia avrebbe approvato tutte e due le Opa. Una leggera imprudenza...» Perché lei, notoriamente assai rigoroso, è oggi tanto prudente nel giudicare il comportamento del governatore? «Non sono mai stato un difensore di Fazio ma non si può chiedere le sue dimissioni per piccolezze. In questo momento Fazio non deve dimettersi, sarebbe come dar ragione a chi lo accusa di connivenze». E la credibilità di Bankitalia, l’immagine del nostro Paese? Ha letto Eugenio Scalfari? I bei tempi di Menichella, Baffi, Carli... «Ho letto, ho letto. Scalfari ogni settimana rifà con nostalgia quella storia! Erano grandi personaggi ma decidevano tutto loro. Certo, decidevano bene, hanno protetto Bankitalia da qualsiasi interferenza politica. Un mondo passato. Anche Fazio ha grossi meriti. Quando era all’ufficio studi è stato uno dei primi in Europa a fare il modello econometrico monetario. Tengo poi a sottolineare che con l’Europa, e con la nascita della Bce, ha dovuto affrontare problemi sconosciuti ai suoi predecessori». Bruno Tabacci dice che Fazio è «a capo di un sistema di potere bancocentrico». Condivide? «La sua prima preoccupazione è sempre stata la stabilità del sistema bancario. Anche nei casi Cirio e Parmalat, forse per terrore di una crisi del sistema bancario simile a quella degli Anni 30, ha privilegiato la protezione delle banche rispetto a quella dei risparmiatori. Ricorda la sua famosa audizione in commissione al Senato, quando Giorgio La Malfa gli sbraitava contro? Ho riletto quel suo intervento: sul piano formale era ineccepibile. Non basta. Occorrono regole speciali, non dettate dalla Banca d’Italia, per il piccolo risparmiatore. Abbiamo le banche più care d’Europa. Basta vedere gli estratti conto per accorgersi che le commissioni bancarie sono aumentate del 10% ogni anno negli ultimi 5 anni. Insomma, in un Paese in cui vanno male le esportazioni, vanno male gli investimenti, vanno male i consumi e le imprese sono indebitate fino al collo, le banche fanno i migliori bilanci degli ultimi anni. Non è possibile, bisogna intervenire. Anche se non è facile». Francesco Giavazzi e altri economisti da tempo sostengono che il ministro del Tesoro dovrebbe attribuire per decreto l’antitrust bancario all’Autorità per la concorrenza. Hanno ragione? «In parte. Credo che fusioni e acquisizioni debbano rimanere di competenza di Bankitalia. Non sono materie che possono passare ad altra autorità; a meno che non si voglia imitare Tremonti quando pareva che volesse toglierle anche gli immobili! Penso a un decreto limitato, in senso stretto, alla concorrenza, cioè l’informazione che viene data ai privati, ai piccoli risparmatori, il fatto che non ci siano cartelli impliciti o espliciti. In questo campo non occorre una competenza tecnica in materia bancaria. Ripeto: basta vedere gli estratti conto delle nostre banche e confrontarli con quelli delle banche inglesi a spese zero». Fazio è governatore da 12 anni. E’ buona regola concentrare tanto potere in una sola persona che ha un mandato a vita? «In Bankitalia bisogna rivedere tantissime cose, a cominciare dall’azionariato. Ora che le banche non sono più pubbliche non può avere nel suo azionariato banche private che, a loro volta, sono controllate da industrie. Lo sbaglio è stato mettere insieme i problemi di Bankitalia con la legge sulla protezione dei risparmiatori. Si è bloccato tutto. Quanti anni sono passati dai casi Cirio e Parmalat?». Parecchi e, sembra, invano. Scoppia lo scandalo poi, tutto torna come prima. Quanto alle regole, nel caso Ambroveneta, è stato giusto chiedere a studi legali delle perizie dopo che due alti funzionari della vigilanza avevano firmato un parere negativo alla Popolare di Lodi? «Fazio era stato rimproverato di far sapere i suoi orientamenti con un semplice aggrottar di ciglia; in questo caso, forse per proteggersi, ha voluto avere dei pareri, una documentazione a favore. Ma c’è ben altro. Osservo che il governatore ha cambiato, o meglio ha dovuto cambiare, linea. Non c’è coerenza tra quanto sostenne nel 1998 - ossia che, tra varie Opa, aveva il diritto di scegliere ciò che, secondo lui, giovava più al sistema Paese - e le sue ultime posizioni, molto simili a quelle del ministro Siniscalco, sull’Opa di mercato. Solo che se voleva dimostrarlo con la Bnl gli è andata male. Credo che l’operazione Unipol (la trovo ben fatta sul piano tecnico-finanziario; bravissimo Consorte, è quello che avrei voluto fare io se mi avessero lasciato...) lo disturbi moltissimo. Che paradosso! Fazio avrebbe potuto salvare l’immagine di Bankitalia lasciando che Bnl fosse ceduta alla Bilbao. Invece ha difeso, poi anche su questo ha fatto retromarcia, l’italianità delle banche. Morale: sarà criticato per una soluzione italiana che non ha voluto». Errori e molti nemici. Se non è ancora tempo di dimissioni a palazzo Koch è però già iniziato il tempo del toto-successori. Sbaglio? «Tutti i governatori nominati a vita si sono dimessi prima dei 70 anni quando hanno potuto designare un successore. Il problema adesso è questo: in questa situazione il successore rischia di essere frutto di un compromesso politico. Quali sarebbero le contropartite? Cautela! Il più competente, in materia finanziaria, tra i politici è Domenico Siniscalco. E però, a proposito di regole, è giusto creare un simile precedente, un ministro del Tesoro che diventa governatore? No, è ora che i politici si mettano a correre. Facciano il decreto, facciano la legge a tutela dei risparmiatori e una nuova legge su tutta la struttura della Banca d’Italia». Solo candidati interni per il dopo-Fazio? «Assolutamente no. Ci sono persone di assoluta indipendenza e grande competenza». Allude a Tomaso Padoa Schioppa, a Mario Monti? «Non faccio nomi; è stata lei a nominarli». Chiara Beria di Argentine