tSt de La Stampa, 27/07/2005, 27 luglio 2005
L’aereo contorsionista piega le ali, tSt de La Stampa, 27/07/2005 CHE coppia di genialoidi, i fratelli Wright
L’aereo contorsionista piega le ali, tSt de La Stampa, 27/07/2005 CHE coppia di genialoidi, i fratelli Wright. Se oggi fossero invitati nei laboratori dell’agenzia Darpa, esclamerebbero subito: «Ci avete copiato! L’idea era nostra e più di un secolo fa». A essere pignoli era già stata di Leonardo, ma la sostanza non cambia: il futuro tecnologico dell’aviazione e il passato pionieristico di tele e legnetti e, al massimo, di un fragile motore a scoppio tornano ad assomigliarsi, come se il tempo avesse cortocircuitato. Nel XXI secolo gli aerei della nuova generazione stanno imparando a piegare e modificare le ali in volo, ispirandosi ai faticosi movimenti con leve e tiranti del «Flyer» di Orville e Wilbur e agli alianti immaginati nella campagna toscana mezzo millennio fa, osservando le evoluzioni di rondini e falchi. Ciò che mancava a Leonardo e ai Wright erano i polimeri, che invece sono l’orgoglio dell’ingegnere americano Terry Weisshaar: il suo obiettivo è riuscire a modificare la superficie delle ali fino al 150%, non solo aumentandole e restringendole, ma imponendo metamorfosi continue che aumenteranno le prestazioni in quota, garantiranno una straordinaria maneggevolezza e abbasseranno consumi ed emissioni. Sarà uno spettacolo - assicura - appiccicare il naso al finestrino e contemplare l’effetto «morphing» dell’aereo, elegante e smaterializzato come un essere vivente dei cieli. I polimeri «Smp» («Shape memory polymers»), infatti, possiedono l’elasticità di una pelle e la sensibilità e la variabilità di uno strato di piume. Alla Darpa - l’agenzia di ricerca del dipartimento alla Difesa di Washington - stanno provando a ricoprire le ali di una leggera struttura chimica intelligente che sa trasformarsi e tornare alla forma originaria, sigillando le parti mobili e meccaniche e risolvendo così un problema rimasto finora insoluto: come evitare gli improvvisi freni aerodinamici provocati dalle variazioni in volo? Con l’altra soluzione testata, quella delle superfici mobili che scivolano le une sulle altre, tipo origami, è inevitabile. E’ la fine per alettoni, freni e timoni, pezzi di hardware dell’epoca delle viti e dei bulloni. L’ala intelligente, soft, non ne ha bisogno. Fa da sola. Mentre la Darpa ci lavora con Lockheed Martin, Raytheon e NextGen Aeronautics, un altro trio eccellente - Boeing, Nasa e Us Air Force - studia una versione simile, battezzata «aerolastica attiva», che, deformandosi completamente, garantisce - dicono i tecnici - risparmi del carissimo cherosene pari al 20%. Tornando ad appiccicare il naso al finestrino, il passeggero curioso scoprirà che il superaereo un po’ leonardesco e un po’ wrightiano è, proprio come i falchi e le aquile, una creatura non solo intrigante ma anche silenziosa. I motori sono nascosti sopra le ali, anziché sistemati sotto, in gabbie di alluminio e schiume sintetiche che annichiliscono i decibel e controllano le vibrazioni. Il modello di partenza - spiegano i ricercatori del progetto Usa-Gran Bretagna, al Mit di Boston e all’Università di Cambridge - è stato quello degli «stealth», i caccia invisibili, al quale è stata impressa un’evoluzione radicale: il brusio (anziché il frastuono, in crociera e durante decolli e atterraggi) si combina con le tecnologie verdi. I motori saranno a celle di idrogeno oppure razzi «scramjet» (in grado di risucchiare direttamente l’aria senza portarsi un carico di ossigeno) oppure, ancora, «pulse detonation» (capaci di generare onde supersoniche per comprimere e accendere il carburante). Si toccheranno velocità pari a cinque volte quella del suono e procurerà un brivido al viaggiatore curioso scoprire da un’hostess premurosa che la porta sigillata nasconde una claustrofobica cabina automatizzata priva di piloti: ciò che i fratelli Wright e Leonardo da Vinci non avrebbero mai potuto immaginare è che un aereo o un aliante voli da solo in totale sicurezza grazie ai sistemi «Taws» («Terrain avoidance warning systems») e ai sensori laser che intercettano a distanza le turbolenze. Si dovrà aspettare almeno 20-30 anni, ma, se per allora i passeggeri saranno cresciuti esponenzialmente a 3 miliardi, già a metà del XXI secolo potrebbe essersi verificato il paradosso previsto da Burt Rutan, l’anticonvenzionale progettista del jet suborbitale «SpaceShipOne»: «Viaggiare sarà diventato irrilevante, perché con i progressi della realtà virtuale si visiterà qualsiasi luogo e si incontrerà chiunque senza spostarsi. E’ incredibile pensare che dovremo questa rivoluzione alle sollecitazioni di un altro immenso business: il porno in Rete!». Gabriele Beccaria