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 2005  agosto 01 Lunedì calendario

YANG LIAN Berna (Svizzera) 22 febbraio 1955. Poeta • «[...] dice che ”esilio significa toccare il limite e superarlo”

YANG LIAN Berna (Svizzera) 22 febbraio 1955. Poeta • «[...] dice che ”esilio significa toccare il limite e superarlo”. Non rimanere in equilibrio tra due mondi, ma varcare il confine. Significa ”scrutare tutto ciò che è dato di vedere” per lui che si considera ”uno che è contro qualsiasi inferno quando sembra non esistere più un paradiso”, un poeta internazionale ”che porta con sé una gran quantità di tesori locali da mostrare e dividere con gli amici”. In esilio Yang Lian lo è dai giorni del massacro di Tienanmen. L’ultimo verso di una sua poesia scritta per l’occasione, 1989, e molto dura, ”anche più dura delle normali ”opere politiche’”, diceva: ”Senza dubbio questo è un anno assolutamente normale”. La poesia parlava di quell’anno ”come esito o prolungamento di una situazione che non era mai cambiata”. Da quel momento l’esilio è diventato la condizione permanente della sua esistenza e della sua scrittura. Yang Lian [...] può essere considerato il più grande poeta cinese contemporaneo con una candidatura al Premio Nobel assegnato poi ad un altro grande esule, Gao Xingjian [...] ”Tienanmen ha spinto la realtà politica fino alla superficie dei miei scritti, come persona e come poeta. Piangere non sempre significa dimenticare. Temo però che per Tienanmen lo sia stato. Vedendo la gente piangere, il mio unico pensiero fu: ma si ricordano delle morti avvenute prima di questo giorno? Se non è così, chi può garantire che queste lacrime non saranno asciugate? Piangere e poi dimenticare, dimenticare ma poi piangere ancora: in quale circolo senza speranza siamo precipitati! [...] Come poeta in esilio, ho cominciato a pormi delle domande su concetti nei confronti dei quali non avevo mai nutrito dubbi quando ero in Cina. Ad esempio: come posso riscoprire la lingua nelle mie poesie e far sì che non diventino un ”gioco di identità’ o un ”gioco esotico’ a poco prezzo? In effetti, queste domande hanno dato vita a un viaggio interiore, per cui scrivere poesie diviene prototipo di esilio. ”Questa è la riva da dove mi guardo prendere il largo’, l’ultimo verso di Dove il mare resta calmo. Un poeta può capire il concetto di ”nessun luogo’, e rimanere al suo interno, solo quando trascende il limite dell’’ovunque’ [...] La Cina fa parte del mio personale mappamondo. Per dirla con altre parole, non sento la mancanza della Cina, caso mai solo della poesia. Ma finché potrò continuare a creare poesie in cinese, la Cina sarà parte di me [...] ”Menglong’ è un cappello messo sulle nostre teste dalla critica ufficiale agli inizi degli anni Ottanta, quando le orecchie dei cinesi erano ancora piene del linguaggio propagandistico comunista. Per noi fu una triste esperienza scoprire che la gente capiva parole come ”materialismo storico’ o ”dittatura democratica del popolo’, mentre ignorava il significato di parole come ”acqua’, ”luna’, ”terra’, ”vita’ e ”morte’! Io e altri poeti ”menglong’ facemmo la stessa cosa prima ancora di conoscerci, vale a dire cancellare dalle nostre poesie quei vuoti paroloni politici. La passione nell’esprimere i nostri sentimenti più profondi divenne l’energia per riprendere, purificare e riscoprire il linguaggio [...] Mi piacerebbe essere un poeta di fuoco se la poesia fosse un pezzo d’oro che potesse essere estratto e purificato col fuoco! Il mio nome, Lian, in cinese significa ”odorato’. Da migliaia di anni, i poeti classici usano questa immagine di odore, profumo, per descrivere il processo di scrittura della poesia, quelle belle e possenti parole che devono essere estratte con la potenza del fuoco. Che nome meraviglioso quello che ha deciso il destino di tutta la mia vita!”» (Renato Minore, ”Il Messaggero” 31/7/2005).