Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  ottobre 01 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 1 OTTOBRE 2005

«Se l’immagina Alan Greenspan, il presidente della Federal Reserve, intercettato dall’Fbi mentre un banchiere dell’Arkansas gli dice: ”Alan, look, I would give you a kiss right now, on the forehead if I could...”». [1]
Che succederebbe? [1]
«Mettiamo che quel banchiere avesse ribattezzato la sua ”Ozark Popular Bank” in ”Popular Bank of the United States”. Immaginiamo che Andrea Mitchell, giornalista televisiva e moglie di Greenspan, venisse registrata mentre il banchiere di provincia la chiama ”Sweetie” (’Tesoro”) e le chiede di fissare un appuntamento telefonico ”sicuro” con il marito. La Mitchell si prenderebbe subito una pink slip, cioè una lettera di licenziamento, mentre Greenspan finirebbe in carcere, o alla neurodeliri». [1]
Invece da noi... [2]
«La scalata della Banca Popolare Italiana ad Antonveneta pareva un legal thriller alla Grisham, adesso ha virato sui toni della commedia all’italiana. Con il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, che il 12 luglio sveglia a mezzanotte il banchiere amico Gianpiero Fiorani per comunicargli in anteprima il via libera all’Offerta pubblica d’acquisto sui titoli dell’istituto padovano da mesi sotto assedio. E il patron della Popolare italiana, commosso ed emozionato di fronte a cotanto annuncio, che colma di effusioni il suo autorevole interlocutore». [2]
Ne fa una questione di stile? [3]
«Alle questioni di stile si aggiungono quelle di sostanza. Risulta infatti che il governatore fosse ben informato del fatto che la Bpi, Stefano Ricucci e gli altri soci della cordata che fa capo a Fiorani stessero agendo in concerto, violando così la legge sulle opa. La Consob ha puntualmente informato la Banca d’Italia. Come mai allora il governatore ha dato comunque il via libera ai suoi amici? I difensori di Fazio sostengono che il via libera all’amico Fiorani era di carattere tecnico e non politico; ma poi scopriamo che gli stessi tecnici della Banca d’Italia avevano dato parere negativo all’opa». [3]
In Bankitalia avevano dubbi sull’operazione? [4]
«Due funzionari della vigilanza firmarono un parere negativo. Per certo, i vertici di un organo di controllo possono, eccezionalmente, disattendere le conclusioni degli uffici responsabili dell’istruttoria. Le motivazioni di una decisione siffatta dovranno allora recare gli argomenti addotti dagli uffici e le ragioni, valutate autonomamente dai vertici, che inducono ad esprimere parere contrario alle risultanze istruttorie. Nel caso in questione, invece, un istituto certamente ben dotato di dipendenti numerosi e competenti, e governato da persone di comprovata perizia in materia bancaria, sollecita a vari studi legali l’espressione di un parere che conforti la reiezione del parere degli uffici. In termini delle regole non scritte si tratta di un caso senza precedenti; o, se ve ne sono, con precedenti non commendevoli. [4] Per risolvere la situazione, Fazio si è rivolto a tre giuristi insigni come Paolo Ferro Luzi, Agostino Gambino e Fabio Merusi, che alla fine gli hanno dato ragione. Ma secondo le indiscrezioni di questi giorni, almeno uno dei tre consulenti esterni era propenso a dar ragione alla vigilanza nel suo ”parere pro veritate”». [2]
Adesso c’è un inchiesta della magistratura. [2]
«Per violare la legge sull’Opa si è fatto ricorso a un paio di patti di sindacato occulti, acquisti tramite derivati costruiti ad hoc, vendite simulate di attività, acquisti per interposta persona, finanziamenti agli amici, spesso in cambio di generosi profitti su titoli Antonveneta. Molti di questi profitti sembrano dovuti unicamente alla conoscenza della futura scalata di Bpi. [5]
L’inchiesta riguarda il presunto aggiotaggio e insider trading coinvolgendo il numero uno della banca di Lodi insieme a una trentina di manager, finanzieri e altri affaristi sodali, tra cui Danilo Coppola, Chicco Gnutti e Stefano Ricucci. [2] quella che chiamano ”la Rete”». [6]
Cioè? [6]
«Altro che braccio di ferro tra fautori dell’italianità del sistema bancario e fan dello shock concorrenziale, qui c’è un gruppo legato da un disegno comune che non si limita alla contesa per il controllo di Banca Nazionale del Lavoro e Antonveneta ma riguarda anche la scalata alla Rcs e i ripetuti acquisti di azioni Mediobanca». [6]
Insomma, che vogliono fare questi della ”rete”? [6]
«Pensano di poter ridare al sistema un centro motore, di creare un nuovo snodo da cui far passare le operazioni che contano. Di costruire in epoca post-cucciana qualcosa che replichi la centralità della vecchia Mediobanca. Cuccia, però, riuscì a tenere in piedi il capitalismo delle grandi famiglie, tentò di creare una solida sovrastruttura finanziaria che potesse permettere agli industriali italiani di concentrare i loro sforzi nell’economia reale, di battersi sui mercati. Questi segnano invece il massimo divorzio tra finanza ed economia reale». [6]
Le nostre banche dovrebbero rimanere in mani italiane? [7]
«Il proposito di metterle al riparo da una spregiudicata colonizzazione straniera ha tutto sommato una sua logica. Discutibile se si pensa alle cosiddette regole del mercato, ma anche la meno traumatica in attesa della fine del ciclo recessivo. Pensi alla Francia, che difende ad oltranza la Danone e il colosso elettrico Edf. Piaccia o meno, la questione dell’’interesse nazionale”, quale primario elemento di valutazione di ogni accordo transfrontaliero, s’è prepotentemente imposta. Però...». [7]
Però? [8]
«Gli argomenti di Fazio a difesa di un sistema protetto non sarebbero pretestuosi se la Banca d’Italia potesse da sola irrogare pulizia e concorrenzialità nel sistema bancario e finanziario italiano. Così non è stato, né dal punto di vista delle imprese, né da quello dei risparmiatori. Questo è il Paese di Parmalat, dello scudo fiscale, dell’evasione di massa, dell’economia in nero e degli imprenditori d’assalto che non sanno spiegare come hanno fatto i soldi e che dichiarano redditi da fame. La credibilità di chi vigila sul sistema bancario, in un tale Paese, è un bene pubblico prezioso. [8] Il rischio è che la business community ci faccia pagare lo scandalo con un rialzo dei tassi sul nostro debito pubblico. [9] Ogni giorno dobbiamo convincere i mercati dell’affidabilità dei nostri titoli, in una situazione nella quale il saldo primario si avvicina allo zero, e il rapporto debito/pil è tornato a salire e veleggia sul 108%». [10]
C’è di che preoccuparsi. [1]
«Nella finanza globalizzata, non c’è accusa peggiore, per una nazione industrializzata, che quello di essere infetta da un morbo asiatico noto come cronies capitalism, cioè un capitalismo che può essere dinamico, aggressivo, conquistatore di mercati, ma rimane nelle mani di famiglie e clan in grado di applicare le regole come vogliono loro. Se l’Italia, almeno nel settore bancario, dà l’impressione che le autorità indipendenti, assieme a buona parte del sistema politico, sono disposte a taroccare le regole per favorire gli amici, si ritroverà con il resto del mondo pronto a dirottare i propri investimenti sul Burkina Faso». [1]
Si dice che Fazio sia preda di un delirio di onnipotenza. [11]
«L’ha detto anche Cossiga: a suo giudizio il governatore, privato delle sue prerogative dalla nascita dell’euro, ”cerca di acquisire potere politico in forme fanciullesche”. [11] Per salvare la nostra democrazia economica, non si è buttato in politica, come pensavano entrambi i poli sperando di accreditarselo, ma ha scelto il ruolo del Ghino di Tacco del credito in Italia. S’è arroccato in una supplenza pervasiva della politica, rinunciando al ruolo di arbitro imparziale, proponendoci agli occhi dell’Europa e del mondo come il paese dell’irritualità, delle regole capitalistiche piegate al potere personale, alle convenienze del momento. [12] Il fazismo non ha ricette. Appare, piuttosto, come la difesa intransigente del potere di un uomo». [6]
E se Fazio pensasse veramente a fare gli interessi dell’Italia? [7]
«Bisogna chiedersi: s’è soppesato che lo sconquasso derivatone poteva risultare un prezzo eccessivo per l’immagine del Paese, rispetto al valore effettivo di queste banche? Soprattutto: perché ingaggiare come paladini del tricolore una schiera di avventurosi finanzieri, spesso già chiamati a rispondere di reati specifici? [7] E c’è anche un altro problema: è possibile che, organizzando la ”resistenza” italiana alle due Opa straniere, Fazio abbia innescato un meccanismo che ci regalerà una guerra bancaria colossale e infinita». [13]
Addirittura? [13]
«In piazza Affari si dice che i giochi non sono affatto finiti con il passaggio della Bnl all’Unipol e quello, eventuale, di Antonveneta alla Popolare Italiana. Saremmo solo all’inizio di una più vasta guerra bancaria, con quali effetti sulla stabilità del sistema e sul sostegno all’economia è facile immaginare. Capitalia potrebbe dare la scalata alla Banca Popolare di Fiorani, e per gli olandesi di Abn Amro, che ne sono tra i principali azionisti, potrebbe essere questo un altro modo di mettere le mani su Antonveneta. Caltagirone potrebbe usare i soldi incassatti dall’affare Bnl/Unipol per sferrare un attacco al Monte dei Paschi, oppure potrebbe addirittura cercare di prendere in mano Capitalia e quindi, perché no, scalare la Popolare. A quel punto Fazio dovrebbe scegliere tra i protetti Caltagirone e Fiorani». [13]
Nonostante tutto questo, Fazio resterà al suo posto? [14]
«La durata vitalizia del governatore rappresenta un’anomalia assoluta, senza pari né confronti. Il governatore della Banca centrale europea rimane in carica 8 anni. I membri delle altre autorità indipendenti disseminate in lungo e in largo nel nostro ordinamento durano da 3 a 7 anni. La nomina a vita è garanzia d’indipendenza verso la politica, verso i suoi molteplici appetiti, fu questa la giustificazione addotta a suo tempo da Giolitti per rendere eterna la Banca d’Italia e il suo governatore. Ma in Italia non esiste il rigido sistema di checks and balances che regola ogni rapporto fra i poteri dello Stato nei Paesi anglosassoni. Non esiste il medesimo rispetto delle competenze fra i vari attori costituzionali in campo. Sicché l’indipendenza senza contrappesi rischia di trasformarsi in separatezza, di convertire il sovrano in un antisovrano» [14]
Non è possibile una revoca? [15]
«Stando all’articolo 19 dello Statuto della Banca, approvato per legge dal Parlamento, può farlo lo stesso organo che lo nomina, il Consiglio superiore, anche se poi serve l’approvazione del Presidente della Repubblica e del governo. [15] Gustavo Minervini, giurista e avvocato esperto di cose bancarie, spiega però che la revoca è un fatto remoto. Se non altro perchè il Consiglio superiore, cui spetta deciderla, è un organismo interno che in pratica risponde allo stesso governatore. [16] Ma volendo si può fare: non si tratta di inventare alcunché di nuovo, semplicemente di adeguare lo statuto della Banca d’Italia a quello della Banca Centrale Europea: mandato a termine del Governatore - con una norma transitoria che preveda le dimissioni del Governatore in carica qualora abbia superato il nuovo termine stabilito dalla legge - e soprattutto un direttorio che, sul modello del Comitato Esecutivo della BCE, assuma le sue decisioni su base collegiale. In questa prospettiva è necessario anche intervenire sulle competenze attribuendo quelle di Antitrust sulle banche all’Autorità per la concorrenza». [17]
Il governo che farà? [18]
«Per ora ha preso tempo. [18] C’è la paura che rimuovendo Fazio farebbero un favore all’opposizione. La Malfa dice che chiederne le dimissioni sarebbe da pazzi: è l’unico alleato che hanno in questo momento, pochi giorni fa ha detto che nella nostra economia ci sono segnali di ripresa. E se poi si ritrovano per governatore un amico del centrosinistra come, tanto per fare un nome, Padoa Schioppa? Insomma, secondo La Malfa far fuori Fazio e lasciare Bankitalia in mano alla sinistra è un’operazione che possono fare solo i cretini o i venduti. [19] Per molti, poi, questa vicenda pone il presidente del consiglio davanti a un bivio: Cesare Geronzi o Antonio Fazio. Il presidente di Capitalia viene indicato come architrave del fronte che si oppone ai nuovi ”raider”. Ma per il momento il premier non vuole optare. Di sicuro non vuole entrare in rotta di collisione con Capitalia che sta assumendo un peso crescente in Mediobanca. Se fosse possibile, ha confessato ai suoi interlocutori, Berlusconi cercherebbe una mediazione tra i due. Una mediazione utile soprattutto in vista di quel che accadrà il prossimo anno, quando e se il centrodestra perderà le elezioni. Il premier non vuole ostacoli nell’’amicizia” con Geronzi. Soprattutto se nel futuro di Mediaset ci fosse Telecom o Generali». [20]
E l’opposizione? [21]
«Rutelli è stato molto duro. [21] Prodi si è dichiarato ”né con Fazio né contro”, ma non gli ha risparmiato qualche frecciata. [22] La Quercia invece, dopo il via libera dell’Opa Unipol su Bnl, è un po’ in imbarazzo. [23] La scalata alla Banca Nazionale del Lavoro l’hanno compiuta le cooperative ”rosse”, ma anche nel centrosinistra sono in molti quelli che sottolineano la parallela mancanza di imparzialità da parte di Antonio Fazio. Insomma, sono due scalate uguali, in cui compaiono gli stessi protagonisti. [24] Finora la linea su Bankitalia l’ha dettata Massimo D’Alema, il quale ha spinto il suo partito a difendere Fazio in diverse occasioni, inclusa quella che riguardò l’affare Parmalat. [25] Ma i Ds, Fassino in primis, si rendono conto che la situazione potrebbe precipitare e che restare arroccati sulla difesa a spada tratta di Fazio, non conviene. Del resto, si dice, dopo aver concluso l’operazione Bnl non hanno più bisogno di lui». [26]